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I personaggi femminili di clorinda, erminia e sofronia nella gerusalemme liberata di torquato tasso, evidenziando le loro caratteristiche, i loro ruoli e le loro relazioni con i personaggi maschili. Si analizza il ruolo di clorinda come guerriera e la sua relazione con tancredi, il rapporto tra erminia e tancredi e la figura di sofronia come donna votata alla castità. Una lettura critica e approfondita dei personaggi femminili del poema, evidenziando le loro complessità e il loro ruolo nella trama.
Typology: Lecture notes
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Clorinda è la virago, la virgo militans della Gerusalemme Liberata. La lettura che De Sanctis fa del Tasso parte dal confronto con Petrarca. Il riflesso di Petrarca è presentissimo nell’opera tassesca, interi versi di Tasso sono modulati su elementi petrarcheschi; uno dei passi più belli della morte di Clorinda richiama la morte di Laura e inoltre Clorinda è una Laura portata fino alle sue estreme conseguenze. La caratteristica di Laura era quella di essere “ sagittaria d’amore ”, le sue frecce di Cupido erano un punto di partenza di una militia amoris che si giocava tutta sull’ambito metaforico. In “ Erano i capei d’oro a Laura sparsi ” dice “ piaga per allentar d'arco non sana” : paragona la ferita d'amore di Petrarca alla ferita provocata dalla freccia che un arco ha scoccato e, inoltre, che, per quanto le corde dello stesso arco possano allentarsi, la ferita non può guarire. E non guarisce per il semplice fatto che l’arco che l’ha provocata non è più teso come un tempo, cioè significa che se anche Laura è meno bella della prima volta e delle volte successive in cui la vive nel pieno della sua gioventù, non per questo lui la amerà di meno. Una dichiarazione più bella di questa non c’è soprattutto dal momento che spesso l’amore è intaccato dallo scorrere del tempo, per cui magari lo sfiorire della donna che si ama, rende la componente sensuale meno appagante. Questa metafora tuttavia presuppone una Laura sagittaria, perché con “ piaga per allentar d'arco non sana ” si fa riferimento ancora una volta alla freccia di Cupido. Clorinda ne la Gerusalemme liberata si lamenta di non voler essere semplicemente una “sagittaria sulle mura”, tanto è vero che insieme ad Argante andrà ad ardere la torre mobile dell’esercito cristiano e in quell’impresa troverà la morte. Ma cos’è Clorinda se non una Laura in cui la metafora è diventata paradossalmente realtà? Le frecce metaforiche di Cupido sono diventate le frecce concrete di una donna guerriera, di una donna che infligge ferite e che può dare la morte. Clorinda non è altro che una Laura paradossalmente trasformata da metafora bellica in realtà bellica. Lo stesso D.S nota che l’immagine di Clorinda è fortemente debitrice dell’immagine di donna consegnata dalla tradizione, cioè quell’immagine che era partita con Beatrice e che poi era proseguita con Laura. Clorinda tuttavia è molto poco Beatrice e molto Laurana. Le altre due donne della Gerusalemme Liberata sono Armida ed Erminia. Erminia è una sorta di doppio contemplativo di Clorinda, tanto è vero che le due donne sono inserite in questo triangolo che ha al centro Tancredi, perché Erminia ama Tancredi, ma Tancredi ama Clorinda, però Erminia e Clorinda sono amiche tra loro e sono due personaggi che non sono mai compresenti nella Gerusalemme Liberata ed Erminia per uscire dalle mura di Gerusalemme indossa l’armatura di Clorinda, la quale non avendo più l’armatura è costretta ad usarne un’altra, Tancredi non la riconosce e la uccide. Erminia finisce tra i bastoni, perché mentre sta andando a curare Tancredi con l’armatura di Clorinda, travestita da lei, i cristiani la scambiano per Clorinda e la uccidono. Clorinda ed Erminia sono due facce della stessa medaglia, sono un doppio della stessa figura. Clorinda però è la virago, la componente attiva; Erminia è la componente contemplativa.
Da 38 a 53 Clorinda è la virago, la virgo militans della Gerusalemme Liberata. La donna appare per la prima volta nel II canto dell’opera. Qui viene presentato l’episodio rappresenta (unico reale intermezzo narrativo del poema avente come protagonisti personaggi secondari e il solo davvero a lieto fine, oltretutto con al centro una vicenda amorosa che termina con le nozze dei due giovani: Tasso lo inserì, pare, nella redazione finale della Liberata e in seguito lo senti forse estraneo alla trama complessiva dell'opera, tanto che lo eliminò dalla Conquistata (insieme a tutti gli altri episodi "idillici" che costituiscono una pausa nel racconto, come quello famosissimo di Erminia tra i pastori)). La protagonista femminile, Sofronia , è una giovane donna che ha votato sé stessa alla castità, pur essendo molto bella sdegna i corteggiatori e conduce un'esistenza modesta, non avvedendosi dell'amore di Olindo che, per parte sua, è timido e non osa manifestarle i suoi sentimenti, in modo simile a Erminia con Tancredi. I due anzi costituiscono la variante "popolare" e meno impegnata dell'amore impossibile della principessa pagana e del Crociato cristiano, che sono divisi da ragioni sociali e dalla fede diversa, mentre Olindo e Sofronia sono entrambi cristiani e anche per questo potranno alla fine convolare a nozze. La fanciulla si presenta come una martire che accetta di sacrificarsi pur di salvare il suo popolo dalla rappresaglia del re saraceno Aladino e si autoaccusa del furto dell'icona della Vergine pur essendo innocente (in realtà l’immagine sacra era stata sottratta dalla chiesa e portata in una moschea ad opera del mago Ismeno che sperava in tal modo di compiere un incanto per ostacolare l’impresa dei crociati (cristiani)), pronta ad affrontare il rogo pur di compiere una nobile impresa; Olindo tenta inutilmente di salvarla attribuendosi la colpa del fatto; i due finiranno sul rogo dove, lui disperato, le rivela tardivamente il suo amore. Anche Sofronia è, in certo qual modo, una "variante" del personaggio di Clorinda che di lì a poco entrerà in scena, essendo anche lei una vergine guerriera che si è votata alla guerra, anche lei amata senza speranza da Tancredi, ma (a differenza della cristiana) destinata alla morte in seguito al duello notturno con lo stesso Tancredi, al termine del quale si convertirà al Cristianesimo. Il passo mostra anche la prima entrata in scena del personaggio di Clorinda (saracena), la vergine guerriera che indossa un'armatura bianca con l'insegna della tigre e che giunge a Gerusalemme per porsi al servizio di re Aladino, smaniosa di combattere contro i Crociati: la donna era già stata citata in I.46-48 come la "donzella" pagana di cui Tancredi si è innamorato, durante la rassegna dei cavalieri cristiani che muovono alla conquista di Gerusalemme. Qui si dice di lei che fin dalla più tenera età ha disprezzato i lavori femminili e si è addestrata alla guerra, dando di sé splendide prove sul campo e acquistando una fama che la fa subito riconoscere dagli abitanti di Gerusalemme, come da Aladino che la accoglie con tutti gli onori e le offre il comando delle truppe che difendono la città (la sua reale storia e le sue origini cristiane verranno narrate più avanti, nel canto XII prima della sortita notturna con Argante). Clorinda dimostra nell'occasione un animo stranamente femminile, poiché si commuove alla storia di Olindo e Sofronia e decide di salvarli credendoli innocenti, per cui convince il re con una breve suasoria difensiva che lo induce a liberare i due, innocenti o colpevoli che siano. Clorinda è solo il primo caso di una serie di guerrieri che vengono a Gerusalemme per combattere i cristiani, visto che dopo di lei giungeranno anche Argante e Solimano, entrambi provenienti dall'Egitto. La storia di Olindo e Sofronia è soprattutto quella di un amore inizialmente non corrisposto che trova tanti altri esempi nel poema (Erminia e Tancredi, Clorinda e Tancredi, Rinaldo e Armida), con
la variante che questi sono personaggi non nobili e che il finale è lieto, visto che i due vanno "dal rogo alle nozze"
Da 13 a 31 Il passo presenta il primo scontro in combattimento fra Tancredi e l'amata Clorinda, che anticipa per molti versi il duello notturno nel quale la donna troverà la morte proprio per mano del cristiano, e questi si trova al vertice di un bizzarro triangolo amoroso, poiché è (inconsapevolmente) oggetto dell'amore impossibile di Erminia, la principessa pagana da lui tenuta come ostaggio dopo la presa di Antiochia: la fanciulla è sugli spalti di Gerusalemme insieme a re Aladino e a lei tocca l'ingrato compito di mostrare al sovrano i principali cavalieri crociati, a imitazione del brano dell' Iliade in cui Elena indicava a Priamo i guerrieri achei (libro III). Dovendo fare il nome di Tancredi, che sta per battersi con Clorinda, soffoca a stento le lacrime e risponde con un discorso ambiguo, manifestando odio anziché amore per il cristiano che ha sterminato il suo popolo e affermando che le piaghe da lui inflitte sono incurabili, alludendo ovviamente a quelle amorose e non a quelle di guerra; esprime il desiderio di averlo suo prigioniero per vendicarsi, ma in realtà è evidente che Erminia vorrebbe stare vicino al suo amato, al quale non ha mai rivelato i propri sentimenti. Il dramma di Erminia è duplice, in quanto ama senza speranza Tancredi e non può rivelare a nessuno la pena segreta di cui soffre, dal momento che questo amore per un nemico è contrario alle leggi del decoro e della religione, essendo lei islamica. Nel prosieguo del brano (ott. 58 ss.) Erminia indicherà ad Aladino i nomi degli altri Crociati, a cominciare dal "pio" Goffredo. Lo scontro fra Tancredi e Clorinda anticipa quello mortale del canto XII, anche se avviene alla luce del sole e non di notte, poiché all'inizio la guerriera non è riconosciuta dal suo avversario finché un colpo fortuito del Crociato le fa volar via l'elmo dalla testa e la rivela come la donna che lui aveva visto tempo prima dissetarsi a una fonte, restandone perdutamente innamorato (il fatto è narrato in I.46-48, nella rassegna dell'esercito cristiano di cui Tancredi fa parte). L'apparizione di Clorinda e dei suoi capelli biondi sparsi al vento paralizza il cavaliere cristiano, che cessa di combattere e tenta senza successo di allontanarsi da lei, venendone tuttavia inseguito e non potendo esimersi dal combattere. Le propone allora di affrontarlo in "singolar tenzone" fuori dalla mischia e, una volta appartati, lui cerca di rivelarle il suo amore, invitandola a strappargli il cuore che ormai le appartiene e offrendosi addirittura di esporre il petto nudo, dicendosi disposto a togliersi la corazza; è incerto se Clorinda capisca chiaramente cosa Tancredi voglia dire, anche perché i due vengono interrotti dall'arrivo di altri soldati e un cristiano colpisce alle spalle la guerriera, facendo infuriare Tancredi che, assurdamente, insegue il suo compagno per punirlo del gesto proditorio. L'atteggiamento di Tancredi è contrario a ogni etica militare e l'uomo si mostra come vinto da amore e incapace di combattere, indicando chiaramente la "follia d'amore" che gli impedirà in più occasioni di compiere il proprio dovere, al punto di inseguire un soldato cristiano che ha "osato" colpire Clorinda ferendola leggermente (il passo è evidente imitazione di Fur ., XIX.14, in cui Zerbino insegue un suo soldato che ha colpito a tradimento Medoro). Il comportamento di Tancredi è opposto a quello che mostrerà in occasione del duello notturno con Clorinda, quando ignorerà di affrontare la donna amata e combatterà con incredibile ferocia, fino a ucciderla.
nemici, quando Clorinda si attarda a scontrarsi con un cristiano che l'ha colpita e rimane chiusa fuori. Mentre la guerriera si accinge a raggiungere un'altra porta approfittando dell'oscurità, è raggiunta da Tancredi che non la riconosce (la donna indossa un'armatura nera, diversa da quella consueta) e inizia un duello furibondo con lei, senza sapere che sta lottando contro la donna che ama. Il duello sarà senza esclusione di colpi e Clorinda avrà la peggio, anche se in punto di morte la guerriera chiederà di essere battezzata dal proprio uccisore e si salverà l'anima. La sortita è preceduta dal colloquio tra Clorinda e l'eunuco Arsete, che l'ha allevata da bambina e che adesso le rivela le sue vere origini cristiane: il servo ha disobbedito alla madre che gliel'aveva afÏdata ordinandogli di farla cristiana, mentre lui l'ha cresciuta nell'Islam e ha assecondato le sue virtù militari (il racconto riprende in parte quello dell'infanzia di Camilla nell' Eneide ); ora Arsete ha fatto un sogno che preconizza la morte della donna e per questo si decide a dirle la verità. La rivelazione getta Clorinda nell'inquietudine, anche se non la distoglie dai suoi propositi, e spiega in parte perché la donna si converta improvvisamente in punto di morte. Il duello tra Tancredi e Clorinda è il cuore dell'episodio ed avviene in maniera fortuita nel buio della notte, senza nessuno che assista alle gesta valorose dei due guerrieri: la situazione è tragica e paradossale poiché Tancredi ignora di lottare contro la donna che ama (Clorinda indossa un'armatura nera diversa dal solito, per nascondersi nell'oscurità) e lo scontro diventa quasi una rappresentazione stravolta dell'atto amoroso, sottolineato da alcuni dettagli (i due sono paragonati a "duo tori gelosi e d’ira ardenti", Tancredi abbraccia tre volte la donna nel combattimento corpo a corpo). Clorinda viene presentata nella sua natura femminile solo alla fine, quando è ormai ferita a morte (la spada affonda "nel bel sen", le mammelle sono strette da una veste "d’or vago trapunta", la donna è definita "trafitta vergine"), mentre il suo atteggiamento cambia radicalmente e, se prima era stato improntato all'ira, ora per ispirazione divina è incline al perdono e alla pace. La trasformazione di Clorinda avviene in una prospettiva religiosa e nella sua conversione finale ha una parte essenziale Tancredi, che la battezza dandole la vita eterna dopo averla uccisa e restando poi steso accanto a lei, moribondo per le ferite ricevute e la pena. Come in altri passi del poema, Tasso dimostra di essere esperto conoscitore delle tecniche dei duelli e della scherma: nell'ott. 55 usa termini tecnici quali "schivar", "parar", "ritirarsi", mentre i colpi sono definiti "finti" (finte), "pieni", "scarsi" (di assaggio); l'autore sottolinea come le spade si colpiscano al centro della lama (con colpi molto potenti) e ciononostante i duellanti non muovono il piede; quando sono troppo vicini per usare le spade ingaggiano un vero e proprio corpo a corpo, colpendosi con le else (i "pomi") delle spade e scordando le leggi della cavalleria Tancredi sopravvivrà al duello ma conserverà l'atroce rimorso di aver ucciso la donna amata, anche se era una guerriera nemica, e ciò gli impedirà di vincere gli incanti della selva di Saron dove si addentrerà per far legna con cui ricostruire la torre di assedio bruciata: inizierà ad abbattere un cipresso, da cui uscirà sangue e una voce che imiterà quella di Clorinda. Il crociato, pur sapendo che Clorinda è salva e che quello è un inganno diabolico, non riuscirà a vincere le sue paure e se ne andrà dalla foresta sconfitto. La distruzione della torre da parte di Clorinda e Argante avrà dunque un peso decisivo nel rallentare le operazioni militari della conquista di Gerusalemme.