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La storia dei restauri della facciata di palazzo madama a torino, con particolare attenzione al periodo 2010-2011. Le diverse fasi di intervento, le tecniche utilizzate e i materiali impiegati, fornendo un quadro completo delle sfide e delle soluzioni adottate per preservare questo importante monumento storico.
Typology: Schemes and Mind Maps
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144 CONSOLIDAMENTO E MANUTENZIONE DELLA FACCIATA DI PALAZZO MADAMA (2010-2011) Palazzo Madama 2012-
l processo di trasformazione di Palazzo Madama da castello medievale a moderna residenza di corte trovò piena realizzazione con l’avancorpo progettato da Filip- po Juvarra su incarico della seconda Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, vedova di Carlo Emanuele II. La facciata e il grandioso scalone si possono consi- derare uno dei capolavori dell’archi- tetto messinese, chiamato da Vitto- rio Amedeo II per trasformare Tori- no nella nuova capitale del regno sabaudo. La costruzione dell’avancorpo ebbe inizio nel 1718 e terminò nel 1721, come risulta anche dalla data “1720” iscritta sull’intonaco dello sguancio di una delle finestre del primo piano
della facciata e come confermato dalle fonti^1. La facciata si articola intorno ad un solo ordine architetto- nico composito gigante di 17 metri di altezza, sollevato su un basamen- to rustico, ed è coronata da un atti- co balaustrato. La balaustra sommi- tale è ornata da pilastrini, da sedici grandi vasi e da quattro statue alle- goriche delle virtù del buon governo
stra maggiore, delle balaustre dei balconi a livello dei finestroni e dello zoccolo di base. Le statue allegori- che (quattro blocchi di marmo sovrapposti ciascuna) e ciò che rimane di originale dei quattordici grandi vasi del fastigio sommitale sono scolpiti in marmo di Brossasco, un marmo a grana grossa, di colore bianco con venature verdi (fig. 2). Così i circa duecento elementi che costituiscono le balaustre del piano nobile, di cui oggi pochi basamenti e ancor meno pilastrini sono originali per le numerose sostituzioni. Lo zoccolo su cui poggia l’intera faccia- ta è costituito invece da gneiss di Vaie (Val di Susa), di tipo granitoide e colore grigio scuro. La pietra di Chianocco è un marmo cristallino a grana fine, di colore chia- ro, di tono caldo con passaggi dall’o- cra a sfumature più rosate, caratteriz- zato da una porosità elevatissima, del tutto anomala per un marmo. Se alte- rato, questo materiale si presenta sbiancato e cariato per dissoluzione differenziale di porzioni maggiormen- te sensibili agli agenti del degrado, che mettono a nudo uno scheletro più resistente (fig. 3). Questa estre- ma delicatezza ha fatto sì che il pro- cesso di degrado della facciata si avviasse inesorabilmente fin dalla sua nascita e che nel corso dei secoli venissero messe in opera numerosis- sime sostituzioni e tassellature di diversi tipi di materiali (bianco di Carrara ordinario, calcare di Botti- cino, gneiss di Malanaggio, marmo verzino di Frabosa, travertino).
Clelia Arnaldi di Balme
Intervento condotto con il sostegno della Regione Piemonte
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I restauri antichi Gli interventi di restauro sono docu- mentati già nel Settecento: nel 1750, per il matrimonio del futuro Vittorio Amedeo III con Maria Antonia Ferdinanda di Spagna, furono ordi- nati l’“imbianchimento del scalone ed atrio” e la stesura di coloriture protettive per i serramenti, mentre nel 1770 si rendeva conto di “£. 3.550 per i ripari fattisi al corni- cione, statue e finimento della fac- ciata del Reale Castello”^3 , che rap- presentarono subito con la parte alta la zona più soggetta a degrado. Gli architetti Giovanni Battista Piacenza e Giovanni Tommaso Pru- notto fecero “di nuovo ricoprire a piombo … dalla parte di Piazza Ca- stello” il cornicione maggiore della facciata^4. Verso la metà dell’Ottocento si rese- ro necessari interventi più radicali. La scarsa resistenza del marmo di Chianocco all’azione delle intempe- rie impose non solo continue manu- tenzioni, ma anche operazioni sem- pre più complesse^5. Negli anni tren- ta sono documentate verniciature a olio e sostituzioni di serramenti dei grandi finestroni, unitamente a restauri della balaustra con il rifaci- mento di parti ammalorate e l’inseri- mento di elementi metallici, poi dipinti a biacca, soprattutto in rela- zione all’angolo nord-ovest della fac- ciata 6. I lavori furono seguiti da Ernesto Melano, architetto di Sua Maestà e Direttore dell’Ufficio d’Arte della Real Casa, incaricato dal 1832 di dirigere tutti gli interventi di restauro dell’edificio^7. Nel 1840 tre statue della balaustra (Giustizia, Liberalità e Pietà) furono sollevate per cambiarne i piedestalli. Tra il 1846 e il 1848, in occasione dell’insediamento del Senato a Palazzo Madama, fu avviata una campagna di indagini affidata alla “Commissione per esaminare lo stato delle Degradazioni sofferte dalla facciata del Reale Castello detto Madama, e per proporre i
mezzi di avvisare rimedio”^8. I proble- mi maggiori si riscontravano sul blocco costituito dal primo pilastro, colonna e trabeazione verso nord dell’avancorpo centrale. Preoccupa- vano l’andatura obliqua del fusto della colonna, formato da vari pezzi “posati con poca cura l’uno sull’al- tro”, il cedimento degli architravi a levante e a ponente, e lo stato della pietra adoperata per la decorazione esterna, che “provenendo dalle cave
di Cianocco, ed approssimando per natura all’arenaria soggetta a scom- porsi ed a sfaldarsi per effetto delle vicende atmosferiche… si legge ovunque il decadimento a dispetto dell’epoca non molto remota, in cui si ergeva la grandiosa facciata del Palazzo”. Il restauro prevedeva il consolidamento degli architravi, un sistema di fasciatura della colonna, la sostituzione delle parti pericolan- ti con nuove in pietra di Rocca-
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dell’esposizione del 1884, indusse D’Andrade a mettere in opera tas- selli e sostituzioni verificando se la cava di Chianocco poteva ancora fornire materiale lapideo^13 e a pro- grammare una manutenzione ordi- naria continua del palazzo, com- prensiva di revisione di coperture, gronde e pluviali a scadenza bienna- le 15. Il suo intervento sulla facciata si concentrò soprattutto sul cornicio- ne immediatamente sottostante la balaustra sommitale, decorato da cinquantacinque mascheroni che svolgevano la funzione di gronda. Gli scoli erano intasati e l’acqua scorre- va sul paramento lapideo lesionan- dolo: D’Andrade riempì di malta i condotti dei mascheroni e creò un sistema diverso di scorrimento delle acque con uno spiovente di copertu- ra costruito di mattoni e foderato di piombo, dotato di gronda; molti mascheroni furono rifatti in pietra di Botticino^15 (figg. 4-7). I pavimenti dei balconi furono sostituiti da lastre di gneiss di Malanaggio, di colore grigio scuro, la stessa pietra che si trova anche nei piedritti della balaustra sommitale^16. Di nuovo ci si pose il problema della tenuta dell’ar- chitrave: nella capriata a destra (lato sud) fu realizzato nel 1901 un arco di scarico con strutture pensili per sostenere l’architrave mediante tiranti infissi direttamente nel bloc- co di pietra di Borgone, sigillati con piombo e antimonio. L’anno seguen- te fu rinforzato anche l’architrave centrale, che era già stato oggetto di un intervento nel 1867 con l’inseri- mento della capriata lignea da parte dell’ingegnere Tonta^17.
Il Novecento I restauri si succedettero per tutto il Novecento a ritmo serrato, sulla fal- sariga dell’orientamento ottocente- sco di ricostruzione nel rispetto del- l’integrità formale dell’architettura e dell’imitazione della forma esisten- te. La linea di fedeltà ricostruttiva indirizzò ancora gli interventi alme-
to dell’edificio videro impiegati anche il marmo bianco di Carrara, il verzino di Frabosa, il calcare di Botticino e il travertino^19. I bombardamenti del 13 luglio 1943 devastarono la copertura dello sca- lone, che fu ricostruita nel 1946 con un solaio in cemento armato^20. I ser- ramenti furono danneggiati^21 e ripri- stinati nell’immediato dopoguerra utilizzando rovere nazionale invece
no della prima metà del secolo: i pezzi reintegrati, le nuove arriccia- ture e le cornici in calce venivano adeguatamente velati per scurire e omogeneizzare le superfici^18 , unifor- mandosi alla patina del tempo, sacri- ficando proprio i valori più eclatanti dell’architettura aperta di Juvarra, e cioè l’attenzione alla luce e alla per- meabilità con l’esterno. Le ripetute sostituzioni di parti del coronamen-
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del noce originale^22. Il restauro della balaustra cominciò solo nel 1950, unitamente alla revisione delle copertine in piombo e al consolida-
Kg di rame e altrettanti di piombo^23. Sostituzioni di elementi deteriorati sono documentate negli anni suc- cessivi, finchè nel 1960-1961 una
mento con graffe di bronzo e collari per statue e vasi della balaustra sommitale. Furono utilizzati pietra di Gassino, pietra di Luserna, 150
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stati ritinteggiati con toni più chiari. Di nuovo si procedette con la pulitu- ra del materiale lapideo e con la revisione generale degli intonaci. Le puliture a più riprese avevano porta- to in evidenza il mosaico di materia- li lapidei eterogenei che conviveva- no nella facciata: per dare omoge- neità fu stesa allora su pietra e into- naci senza distinzione una velatura di tonalità gialla, mentre i serramen- ti, revisionati nelle parti strutturali,
furono riportati ai toni di colore ori- ginali emersi dalle stratigrafie^31. In quell’occasione si procedette anche alla verifica della stabilità degli architravi lapidei in pietra di Borgo- ne che sostengono il rivestimento della facciata e delle loro strutture metalliche di sostegno. Da poco rivista, la facciata juvarria- na non venne inclusa nel progetto di restauro del palazzo avviato nel 1998 e finalizzato alla riapertura del
museo avvenuta nel 2006. L’unica porzione che non era stata affronta- ta erano i cornicioni sottotetto deco- rati con teste di leoni delle facciate nord e sud^32 (fig. 9). Ma a distanza di una decina d’anni, alcuni dei proble- mi conservativi più volte affrontati si ripresentavano con una certa inten- sità. L’esposizione diretta delle su- perfici lapidee e degli intonaci agli agenti atmosferici e inquinanti con- tinuava a provocare negli anni feno- meni di decoesione e annerimento. Una patina scura ricopriva nuova- mente le superfici e problemi di decoesione del marmo di Chianocco si rilevavano su tutta la facciata a tal punto da mettere in pericolo la sicu- rezza dei cittadini che transitavano sulla piazza e del pubblico che acce- deva al palazzo. Nella primavera del 2009 si verificarono gravi episodi di distacco di materiale lapideo dalle lesene della parte destra della fac- ciata, dovuti ai movimenti dilatatori della pietra in seguito al variare della temperatura in un’annata di clima particolarmente rigido e pio- voso. Questa volta il degrado era provocato in particolare dalle infil- trazioni di acqua piovana localizzate soprattutto in corrispondenza del cornicione superiore e dei balconi, dove le coperture in piombo otto- centesche erano deformate e fessu- rate in più punti. Non erano più suf- ficienti gli interventi di consolida- mento locale effettuati con l’ausilio del cestello, occorreva montare un ponteggio.
L’intervento 2010- L’obiettivo dell’intervento del 2010 (8 settembre 2010-8 gennaio 2011), realizzato con il contributo della Regione Piemonte in cofinanziamen- to^33 , considerate le modeste risorse disponibili (250.000 euro), era pulire e consolidare i paramenti murari (pietre e intonaci) con una manu- tenzione conservativa straordinaria che permettesse di rimediare ai danni occorsi soprattutto nelle parti
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alte della facciata a causa delle infil- trazioni d’acqua, indagando sulle loro cause e verificando lo stato di salute di tutta la facciata. I lavori sono stati eseguiti, su progetto e direzione lavori di Diego Giachello, dalla cooperativa De la Ville di Charvensod (Aosta)^34 , con direzione operativa di Alessandra Perugini^35. La prima e fondamentale operazione è stata la sistemazione dei pluviali e delle coperte in piombo collocate sopra la balustra sommitale, a livello del cornicione dei mascheroni e in corrispondenza dei balconi. I fogli di piombo apparivano bucati, piegati e in molti casi non idonei a far defluire correttamente le acque, che quindi agivano negativamente sulla pietra e sugli intonaci (fig. 10). Sopra la balaustra e intorno ai balconi le coperte in piombo sono state siste- mate con interventi localizzati e sigil- late con silicone, mentre nel caso del cornicione dei mascheroni, alla copertina in piombo originale^36 è stata sovramessa una lastra di zinco titanio continua a proteggere la facciata dal- l’acqua piovana^37 (fig. 11). Una volta sistemati i pluviali e la guaina protettiva in piombo dei cor-
nicioni, l’esame ravvicinato delle superfici ha consentito di consolida- re con un’azione localizzata e pun- tuale le parti di pietra e di intonaco a rischio di caduta. Il consolidamen- to è stato effettuato con impregnan- ti e, quando necessario, con l’ag- giunta di perni. Su tutta la facciata è stata effettua- ta una pulitura meccanica a secco con l’uso di pennelli, spazzole,
pistole ad aria compressa e aspira- tori, che ha consentito la rimozione dei depositi di sporco e di smog. Alle zone interessate a vista da attacco biologico, soprattutto situa- te all’altezza della balaustra sommi- tale, è stato applicato biocida. Sono state revisionate le stuccature degli interventi di restauro precedenti (che si è deciso di non rimuovere perchè ancora ben adese, anche se
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rinforzo. Come descritto sopra, l’ar- chitrave lapideo è realizzato dal punto di vista costitutivo in pietra di Borgone in tre blocchi, ed è fodera- to all’esterno da lastre in marmo di Chianocco scolpite a riquadri e festoni, con funzione decorativa (fig. 12). Durante la pulitura alcune stuccature sono saltate lasciando scoperte alla vista una serie di lesio- ni, di cui una maggiore parallela alla facciata in corrispondenza dell’ar- matura metallica, in parte già visibi- li nella documentazione fotografica del 1998. Questo ha indotto a con- durre una serie di indagini struttura- li per verificare la stabilità del blocco e valutare l’opportunità di un conso- lidamento^42. Al di sopra dell’archi- trave si trovano tre camere che ospitano i sistemi di sostegno, ai quali si accede solamente dalla fac- ciata forando le specchiature ad intonaco, come già era stato fatto in occasione del restauro del 1997-
osservare direttamente le superfici interne dell’architrave e il quadro fessurativo. La struttura interna del- l’architrave è realizzata con tre monoliti a sezione rettangolare, di cui uno più esterno con il lato mag- giore in verticale, a contatto con il rivestimento in facciata, gli altri due disposti in orizzontale e provvisti di grappe di sostegno per le lastre lapi- dee del rivestimento decorativo del- l’intradosso. A causa di alcune frat- ture, nel tempo questa struttura complessa è stata oggetto di opera- zioni di consolidamento mediante l’inserzione di tiranti verticali. In particolare, nella campata centrale la pietra di Borgone è sostenuta dal- l’armatura metallica di restauro del 1998 che ha sostituito la capriata lignea ottocentesca non più idonea (fig. 13). Nella campata a sinistra (lato nord) l’armatura pensile, che risale al 1847, è formata da sbarre di ferro ed è allacciata agli archi in muratura, mentre nella capriata a destra (lato sud) è presente un arco
di scarico con strutture pensili che sostengono l’architrave mediante tiranti infissi direttamente nel blocco di pietra di Borgone, sigillati con piombo e antimonio, messi in opera nel 1901-1902 da D’Andrade^44. Sono stati condotti alcuni sondaggi per verificare l’adesione del rivesti- mento lapideo decorativo^45 e sono state mappate tutte le graffe metalli- che con l’utilizzo del georadar^46 ; nel complesso il paramento è risultato ben aderente e anche i blocchi ‘sospetti’ appaiono saldamente anco- rati alla struttura attraverso le staffe metalliche. L’indagine ha permesso di chiarire le modalità costruttive dell’architrave, il cui rivestimento risulta costituito da lastre di spesso- re di 14 cm circa, fissate ai monoliti con uno strato di malta e staffe metalliche a forma di T inserite in fori e piombate (fig. 14). Sotto le lastre è stato rinvenuto anche uno spesso strato di resina naturale, pro- babilmente colofonia, utilizzata durante la costruzione per una prima
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sommaria adesione dei blocchi pre- cedente alla staffatura, insieme all’ausilio di un palancato di legno. Si è proceduto anche con il rilievo gra- fico a laser scanner dei tre ambienti e del paramento lapideo sottosquadro dei tre architravi, con i singoli conci e la loro disposizione, le cuciture metalliche, le lesioni aperte e quelle risarcite. Questo è confluito nel rilie- vo del 1998, aggiornato nel 2008^47. Dopo aver protetto i tiranti della camera superiore con un convertito- re di ruggine, si è deciso di mettere in atto il consolidamento attraverso l’inserimento in quattro punti stra- tegici, nei fori praticati per i sondag- gi, di barre in acciaio inox chiuse da un dado autobloccante e verniciate come gli altri metalli in facciata^48 (fig. 15). I fori sono stati realizzati con trapano a percussione meccani- ca molto leggera: l’ipotesi di utilizza- re la macchina carotatrice è stata abbandonata per l’impossibilità,
agendo in verticale dal basso, di usare acqua per il raffreddamento della testa diamantata. Le aperture realizzate per entrare nei vani sopra l’architrave sono state richiuse con pannelli in legno in modo che in futuro risultino ispezionabili. Un altro caso particolare è rappre- sentato dal vaso collocato sull’ango- lo nord-ovest della balaustra, che nel 2000 fu colpito da un fulmine. Il vaso si spezzò e alcuni pezzi cadde- ro atterrando davanti alla facciata, dove erano in corso i lavori di siste- mazione della pavimentazione. Per ricomporre il vaso le varie parti furono ricollocate con perni e fu uti- lizzata una malta cementizia con uno strato di maltina di finitura, che aveva creato una diffusa craquelu- re 49. La malta cementizia recente del vaso è stata alleggerita togliendo tutte le parti pericolanti, visto che al di sotto, la materia si presentava ben coesa e aderente al materiale
lapideo. Le fessurazioni sono state perciò stuccate con cemento fibro- rinforzato e finitura in malta a legan- te elastomerico senza ricostruire gli elementi decorativi. Così nel caso nel braccio sinistro della statua della Giustizia, che pre- sentava una fessura diagonale a livel- lo del polso, ed era stata in passato rinforzata con una staffa di sostegno di ferro piombata nella spalla e vin- colata con fasce bullonate sull’avam- braccio. I rivetti della fascia del polso erano corrosi a causa della forte ossi- dazione e compromettevano la tenu- ta della struttura. Rimuovendo la polsiera, è emerso che la mano era completamente staccata dal resto del braccio (fig. 16): gli elementi metallici sono stati puliti e trattati, i rivetti sono stati sostituiti da bulloni in acciao inox e la mano è stata ripo- sizionata mediante l’inserimento di un perno in titanio lungo 90 mm e avente diametro 10^50 (fig. 17).
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ta portando la pietra a nudo. Vedi Salerno
(^30) Il progetto fu redatto dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte (architetto Paola Grifoni, visto del- l’architetto Antes Bortolotti) e i lavori, finan- ziati con fondi della Regione Piemonte - Oneri di urbanizzazione Città di Torino, ven- nero appaltati dalla Città di Torino alla ditta Osmoedil di Padova e seguiti dall’architetto Salvatore Simonetti. Cfr. Brero - Stura 2010. (^31) Per quanto riguarda i serramenti, essi in origine erano trattati con olio di noce cotto e biacca. Cfr. S. Simonetti, Relazione illustra- tiva relativa al restauro dei serramenti lignei di Palazzo Madama , 24 marzo 1999, conservata in Archivio Palazzo Madama. (^32) I due cornicioni sono stati restaurati nel 2009 dalla società coop. Koinè. I motivi deco- rativi con le teste di leone del lato nord sono realizzati a stampo in cemento Portland: questo induce a datarli intorno al 1920 (nel 1924 viene rifatta quella zona del tetto). Invece sul lato sud quattro su cinque teste leonine sembrano originali (prima e seconda, quarta e quinta). La stratigrafia ci mostra quattro strati: quello giallo del XX secolo, uno grigio azzurrino forse di epoca juvarria- na, uno strato bianco giallastro (XVII secolo, Cristina di Francia?) e infine uno color mat- tone cinquecentesco. (^33) Il contributo è stato assegnato nell’ambito del Bando regionale per gli interventi a sostegno del recupero, del restauro e dell’al- lestimento dei musei e del patrimonio cultu- rale del Piemonte in vista delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia. (^34) Direzione lavori: Paola Salerno (Soprinten- denza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Torino, Cuneo, Asti, Vercelli, Biella); Enrica Pagella e Clelia Arnaldi di Balme. Responsabile del procedi- mento: Stefano Gulia. Progetto: Diego Giachello con la collaborazione di Officina delle Idee (Igor Abad Gramaglia, Elena Ciani, Marco Gini, Umberto Chiarva, Riccardo Sforza). Progetto della sicurezza: Paola Corvetti. Ponteggi: Mais Ponteggi, Torino. Fotografie: Mariano Dallago. Si ringraziano Giuseppe Dardanello e Maurizio Gomez Serito per la collaborazione e gli utili suggerimenti. (^35) I soci della cooperativa che hanno parteci- pato all’intervento sono Daniela Bortot, Angelo Atzei, Mario Monegato, Erika Spe-
lorzi, con gli operatori Michele Caracciolo, Silvia Ciacera, Simona Filice, Angela Lo Giudice, Iacco Morlotti, Lorenzo Rabitti, Cinzia Scaringella, Mirko Tripodi. (^36) Si distinguono due tipi di fogli di piombo risalenti a due diversi momenti storici: quel- lo più antico, spesso 2 mm, di prima fusione (1846 circa?) e quello più sottile, di 1,5 mm, di seconda fusione. Il primo tipo è modellato con un gocciolatoio, il secondo no. (^37) Intervento di lattoneria a cura de I Bandai, Trofarello (To). Al di sotto della lastra di zinco titanio sono stati inseriti un telo, un pannello di legno compensato fenolico, un secondo telo e una retina di plastica. (^38) Le microstuccature sono state eseguite con malta elastomerica (due parti di marmo di Botticino, una di marmo di Carrara e una di grigio di Verona, con base di resina fluorora- ta) a maggiore elasticità in modo che fossero facilmente riconoscibili e reversibili. Si è cer- cato di distinguerle da quelle degli interventi precedenti, in particolare da quelle effettuate nel 1997 che, per la loro componente di resi- na acrilica, avevano dimostrato una buona tenuta e avevano svolto un’importante fun- zione di superficie di sacrificio. Le stuccature più estese, come la copertina sul cornicione al di sopra dei capitelli delle lesene, sono state eseguite con malta idraulica più mime- tica rispetto alla pietra. (^39) Tranne il cornicione dei mascheroni, con- solidato con paraloid perchè ormai era dicembre e la temperatura impediva l’uso del silicato di etile. (^40) Con barre filettate in acciaio diametro 0. e resina epossidica. (^41) Nel 1997 era stato steso un colore giallo uniforme. Le integrazioni attuali sono state fatte con colori ai silicati di potassio Keim. (^42) Le indagini e il progetto di intervento sono stati condotti di concerto con lo strutturista ing. Mario Ronchetta. (^43) Nel 1998 lo stato di conservazione delle strutture delle due campate laterali venne giudicato buono e quindi si intervenne solo su quello centrale. Cfr. R. Doglione, Risul- tati d’indagini sull’integrità della strut- tura metallica di rinforzo dell’architrave lapideo della parte superiore della faccia- ta di Palazzo Madama , 22 agosto 1998; P. Napoli, G. Pistone, Palazzo Madama. Spe- cifiche tecniche per l’esecuzione di pro- spezioni sulla facciata juvarriana , 15 set-
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