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Una introduzione alla dinamica del punto materiale, descrivendo i principi di Newton e le forze applicate a un punto materiale in movimento. Il documento include discuzioni sul principio d'inerzia, il terzo principio di Newton (principio d'azione e reazione), le forze di attrito, la tensione delle funi e la forza elastica. Vengono inoltre presentate le equazioni di movimento e le soluzioni per alcuni casi specifici.
What you will learn
Typology: Study notes
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Se in cinematica ci siamo occupati di descrivere il moto del punto materiale ora
non ci accontenteremo più. La dinamica tratta infatti le relazioni tra il moto
degli oggetti e le forze che agiscono su di essi. La dinamica è un insieme
organico di leggi che descrive in maniera sistematica tutta una categoria di
fenomeni: e cioè quella che si chiama una teoria. Come ogni teoria, essa è
basata su un certo numero di principi, che rappresentano il punto di partenza
per l’enunciazione di teoremi o leggi. I principi della dinamica classica sono tre:
La forza è una grandezza vettoriale infatti, è un vettore applicato, cioè per
definirla c’è bisogno di quattro quantità: modulo, direzione, verso e punto di
applicazione.
Il principio d’inerzia afferma che in un sistema di riferimento inerziale, un punto
materiale libero che abbia a un certo istante una velocità ⃗v mantiene
indefinitamente il suo stato di moto rettilineo uniforme. Eliminando ogni forza
frenante (attrito), la velocità si manterrebbe spontaneamente costante, senza
bisogno di alcuna forza attiva.
Si conclude quindi che la forza sulla velocità non ha alcun tipo di relazione,
quindi in un sistema di riferimento inerziale, le forze possono avere a che fare
solamente con le variazioni di velocità: ci aspettiamo quindi che esista una
relazione fra il risultante
f delle forze applicate a un punto e l’accelerazione a
∑
F=m∗a
dove m rappresenta la massa inerziale, ovvero una proprietà intrinseca del
corpo che rappresenta l’inerzia del corpo a subire l’accelerazione, maggiore
sarà la massa minore sarà la sua accelerazione.
Il terzo principio è il cosiddetto principio di azione e reazione, ovvero a ogni
forza che esercita un corpo A su un corpo B corrisponde una reazione che
esercita il corpo B sul corpo A, uguale e opposta (DI UGUAL MODULO E
DIREZIONE MA VERSO OPPOSTO”), diretta lungo la congiungente i corpi.
A , B
B , A
F=m∗ ⃗a=
m∗d ⃗v
dt
dm∗ ⃗v
dt
d ⃗p
dt
che rappresenta la quantità di moto.
F dt=d ⃗p → I mpulso(kg.
m
s
∫
t 1
t 2
F dt= ∫
p 1
p 2
d ⃗p=⃗ p 2
− ⃗p 1
In assenza di impulsi
F= 0 ; Δpp= 0 si ha:
⃗ p=costante →CONSERVAZIONE DELLA QUANTITA ' DI MOTO
Due masse M1 e M2, poste a distanza r, si attraggono con una forza, diretta
lungo la congiungente i centri, di intensità :
G
r
2
dove F G
=m∗⃗g=
P=FORZA PESO e
G=costante di gravitazione universale=6,67∗ 10
− 11 N m
2
kg
2
Per contrastare la forza peso nasce la reazione vincolare
n
, che è la forza
esercitata dal vincolo cui è soggetto il corpo. Si dice vincolo una qualunque
limitazione imposta alle configurazioni che può assumere il mio sistema fisico
nello spazio.
n
S
= 0 dove
S
rappresenta l’attrito statico.
Ogni aumento di forza sarà controbilanciato dalla stessa quantità di attrito
S
S
MAX
n
∗μ S
μ S
n
D
=m∗ ⃗a dove
D
n
∗μ D
tan α ≤ μ S
tan α > μ S
Accelerazione
a=g+sin α ( 1 −
μ D
tan α
Velocità
v=a∗t
s=
a∗t
2
Tempo di discesa
t=
2 h
g
μ D
tan α
Velocità finale
fin
√ 2 gh∗
μ D
tan α
Accelerazione del sistema
a=g
Ma sin α−Mb sin β
Ma+ Mb
Tensione della fune
Mb∗Ma
Ma+ Mb
g(sin α +sin β)
Accelerazione del sistema
a=g
Ma sin α−Mb sin β−M a∗μ Da
∗cos α−Mb∗μ Db
∗cos β
Ma+ Mb
Tensione della fune
b
a
a
b
g (sin α+sin β+μ Db
∗cos β −μ Da
∗cos α)
Ha origine dalla deformazione dei corpi.
el
=−k ΔpL
dove ΔpL può rappresentare o l’allungamento o la compressione ma in entrambi
i casi vale la legge di Hooke.
Il segno è dovuto al fatto che la forza elastica è una forza di richiamo, cioè
tende a riportare la molla verso la posizione di equilibrio.
Partiamo da una molla attaccata ad una parete ed una massa collegata alla
molla
Per scoprire cosa succede alla nostra massa applichiamole il secondo principio
della dinamica:
Proiettiamo l’equazione vettoriale lungo gli assi X e Y:
asse y : P=Rn
asse x :
el , x
=m∗a x
La componente della forza elastica lungo x e’ sempre
el , x
visto che si esplica tutta lungo x ed e’ pari a :
el, x
=−k∗x abbiamo applicato la legge di Hooke. Abbiamo allora che :
−k∗x=m∗a x
esprimiamo ora l’accelerazione come derivata seconda dello
spazio:
Abbiamo posto l’asse Y rivolto verso il basso, questo solo per convenienza, un
allungamento della molla corrisponde ad un y positivo. Y = 0 e’ il nostro zero.
La molla è a riposo.
Attacchiamo una massa alla nostra molla, questa si estendera’ per il nuovo
peso, oscillera’ un po’ e alla fine trovera’ un nuovo equilibrio, quello che
abbiamo indicato con
eq
Se ora la tiriamo, ossia la spostiamo da questo nuovo equilibrio, iniziano le
oscillazioni.
Applichiamo il secondo principio della dinamica alla nostra massa che oscilla e
si arriva alla equazione differenziale:
y ( t) = y part
part
m∗g
k
y omo
=C∗cos ( ω ext
t+ϕ)
Resistenze del mezzo- Forze viscose
L’attrito viscoso entra in gioco quando un corpo esteso si muove all’interno di
un fluido. L’esperienza ci dice che se la velocità del corpo non è nulla, sul corpo
stesso agisce una forza che si oppone al suo moto. Tale forza agisce lungo la
direzione della velocità, ha verso opposto e ha un’intensità che dipende da vari
fattori. Inoltre, tale resistenza dipende dalla natura del fluido che il corpo
attraversa. Per esempio se consideriamo il moto in aria, la resistenza
incontrata sarà inferiore a quella di un moto in acqua.
Queste considerazioni si riassumono nella seguente forma fenomenologica per
la forza che agisce sul corpo che si muove con velocità v nel fluido:
v
=−b ⃗v
dove b è detto coefficiente d’attrito viscoso-
Legge di Stokes. Per un corpo sferico di raggio R si ha γ = 6 * π* R, quindi per il moto
di una sferetta di raggio R in un fluido di viscosità η si ha F = −6 * π * R * η * v
Caduta libera (con resistenza del mezzo)
m∗g−b∗v y
=a y
m
g−
b∗v y
m
=a y
a y
(
b
m
)
v y
=g →
d v y
dt
(
b
m
)
v y
=g
Si tratta di una equazione differenziale di I ordine lineare a coefficienti costanti non
omogenea.
v y
( t )=v part
+v omo
v part
mg
b
v omo
=A∗exp
(
−bt
m
)
Quindi si ha che: v y
( t )=
mg
b
(
−bt
m
)
mg
b
prende il nome di VELOCITA’ LIMITE; τ =
m
b
→Tempo caratteristico
OSCILLAZIONI FORZATE
Tuttavia un’oscillazione può essere amplificata da una forza oscillante esterna la cui
frequenza può coincidere o meno con la frequenza naturale del sistema.
Se la frequenza con cui si forza il sistema si avvicina alla sua frequenza naturale
l’ampiezza dell’oscillazione può aumentare notevolmente, soprattutto se l’oscillazione
è piccola. In tal caso si parla di risonanza meccanica.
d
2
x
d t
2
(
b
m
)
dx
dt
k
m
x=
ext
m
Si tratta di una equazione differenziale di II ordine lineare a coefficienti costanti non
omogenea.
La soluzione dell’omogenea è la soluzione dell’equazione quando la poniamo uguale a
zero, quindi quando non c’è F ext
, questa soluzione la conosciamo perche’ e’ una delle
tre soluzioni trovate nel caso delle oscillazioni smorzate in cui non c’era
ext
, ossia e’
uno dei tre casi Δ > 0, Δ < 0, Δ = 0. Andiamo allora a cercare l’integrale particolare.
Questo, ovviamente dipende dal tipo di forza esterne applicata.
1° Caso -> Forza esterna costante
x part
ext
k
2° Caso -> Forza esterna armonica : F ext
max
∗cos(ω ext
t)
x part
max
∗cos (ω ext
t−ϕ )
Il massimo di B si ha quando si annulla il termine (ω
2
0
2
ext )
2
quindi per ω 0 = ω ext e B vale:
Pendolo semplice-oscillazioni libere
Il filo ha massa trascurabile. Tutta la massa e’ in m. L e’ la lunghezza del filo.
La traiettoria descritta dalla massa m e’ una circonferenza, in realta’ non
descrive tutta la circonferenza, ma solo un arco e vedremo che e’ solo un
piccolo arco, comunque si tratta di un moto circolare. Attenzione e’ si un moto
circolare, ma sicuramente non uniforme. La massa e’ in equilibrio quando e’
sulla verticale.
Ora spostiamo la massa m dalla posizione di equilibrio: P e T non si equilibrano più.
In qualsiasi altra posizione diversa da quella di equilibrio T e P non si bilanciano
piu’ e alla massa m risulta applicata una forza risultante che tende a riportarla
nella posizione di equilibrio.
Scriviamo di nuovo il secondo principio:
che questa volta e’ diverso da zero perche’ la massa non rimane
ferma , scomponiamo ora la nostra equazione vettoriale secondo t e n
asse n : T – Pcosθ=m a n
a n
e’ l’accelerazione normale
Il punto 1 e’ il punto di oscillazione massima, e’ il punto dove inverte il suo
moto, lo prendiamo come punto di riferimento. Il punto 2 e’ la posizione che
occupa nell’istante che stiamo considerando, adesso. Il dislivello e’
L cosθ – L cos θ max
Per trovare la velocita’, visto che si tratta di un dislivello usiamo quanto visto
per il piano inclinato:
La tensione T e’ allora data da:
Mettiamoci ora in un sistema non inerziale, ad esempio dentro una giostra,
l’accelerazione che valutiamo e’ quella relativa, a r
. Un osservatore nel sistema
mobile ha una visione diversa da uno in un sistema fisso. Chi sta dentro una
giostra in rotazione ha un punto di vista diverso da chi lo osserva da terra.
Ponendo:
Si ottiene:
Per fare un esempio pratico, se siamo in un treno che all’improvviso frena,
veniamo gettati in avanti e diciamo che su di noi sta’ agendo una forza, allora
aggiungiamo questa forza che e’ la forza apparente. Se il treno invece viaggia
a velocita’ costante, non c’e’ nessuna accelerazione e su di noi non agisce
alcuna forza, possiamo anche non reggerci, il sistema e’ inerziale.
Vediamo cosa succede al pendolo.
Quando il treno frena il pendolo prende ad oscillare per un po’ e alla fine
rimane inclinato di un certo angolo θ (sempre mentre siamo in frenata).
Vogliamo trovare l’angolo θ che il pendolo ha quando si raggiunge l’equilibrio
tra tutte le forze P, T e Fapp. Prendiamo il pendolo e disegniamocelo a parte
con tutte le forze e le componenti lungo n e t.
Scriviamo il secondo principio della dinamica, proiettato lungo gli assi n e t,
all’equilibrio, quindi quando la massa e’ ferma
asse n :T – F app
sinθ – Pcosθ=ma n
asse t : F app
cosθ – Psinθ=m a t
Abbiamo uguagliato a zero le due equazioni perche’ siamo all’equilibrio. Inoltre,
sempre perche’ stiamo considerando la situazione di equilibrio, l’angolo θ lo
chiamiamo θeq di equilibrio.
Tutto quello che c’è tra parentesi tonde lo portiamo a primo membro:
Che sarà uguale a:
Diamo una spiegazione a queste forze:
Questa e’ chiamata forza centrifuga ed ha la direzione e il verso del raggio, e’
diretta verso l’esterno ed ha verso contrario all’accelerazione centripeta.
Questa e’ la forza tangenziale con verso contrario all’accelerazione tangenziale
Questa e’ la forza di Coriolis, contraria all’accelerazione di Coriolis.
Ora non c’è più una sola forza apparente come nei sistemi non inerziali per
traslazione, ma ben tre forze apparenti.