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Una panoramica storica sull'evoluzione della scrittura, dalla pittografia cuneiforme all'alfabeto, analizzando i diversi supporti utilizzati, come tavolette di argilla, papiro e pergamena. Si approfondisce il passaggio dal rotolo al codice, evidenziando le implicazioni per la conservazione e la diffusione dei testi. Anche le diverse tipologie di scrittura latina nel medioevo, con particolare attenzione al particolarismo grafico e all'influenza di centri scrittori come i monasteri.
Typology: Lecture notes
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Alisia Di Falco Rebecca Barbarossa Silvia Di Gioia Oggi affrontiamo il tema: Dal rotolo al codice Prima di questo, faremo un ritorno al passato su alcune informazioni riguardo l’uso della scrittura nell’antichità, per poi vedere e ci soffermarci sulle modalità di letture. Nel passaggio dal rotolo al codice c’è una differenza significativa di cui parleremo in seguito. Oggi faremo dei cenni sulle modalità di preparazione della materia scrittoria “dal papiro alla pergamena”, sulla manifattura del Codex e infine vedremo la diversità dei vari tipi di scrittura nel medioevo (vari tipi di scrittura in Europa). Vedremo come già nel medioevo c’era un epoca definita: particolarismo grafico, sostanzialmente i vari monasteri, centri scrittori, abbazie medievali, avevano il proprio stile particolare; succedeva perchè ognuno di essi era un ambiente chiuso che li portava nella realizzazione della pergamena e degli inchiostri, quindi gli uomini che erano lì dettavano il tipo di scrittura (stile) e i maestri insegnano i tipi di scritture ai loro allievi, portando alla nascita delle prime scuole di scrittura. Oggi cominciamo dall’introduzione della scrittura nella civiltà, classificandolo in tre fasi. Prima fase : si apre nel IV secolo a.C. in cui veniva usata la comunicazione visiva ovvero la pittografia , formata da pittogrammi: ogni figura rappresenta un’oggetto, c’è una corrispondenza tra il disegno e l’oggetto di cui si vuole comunicare il messaggio, l’area in cui sono stati ritrovati questi reperti è la Mesopotamia e i supporti sono delle tavolette di argilla o a volte di cera che venivano impiegate per scrivere; gli strumenti scrittori erano: il calamo (canna tagliata obliquamente in maniera tale da formare una punta), da qui parte un processo che arriverà alla scrittura cuneiforme. Seconda fase : sistemi di comunicazioni basati su ideogrammi, qui siamo nell’ambito di una scrittura discorsiva perché abbiamo una sequenza di pittogrammi. Si tratta di sequenze di pittogrammi molto più piccoli, ed ogni ideogramma rappresenta un fonogramma, quindi ogni oggetto avrà un suono. Secondo Regardi (?) è un sistema di pronunzia, ci sarà un collegamento tra gli ideogrammi ed il linguaggio parlato. Terza fase : la più matura è quella della scrittura cuneiforme in cui le scritture ideografiche tendono a diventare delle scritture sillabiche, la corrispondenza tra forma e grafema diventa quasi univoca, questo principio viene chiamato dai linguisti: il principio della semantica sostitutiva , ovvero l’ideogramma non ricorda più un’oggetto ma un segno acustico, una parola e da qui arriveremo alle scritture alfabetiche in cui questa corrispondenza “grafema – fonema” è già attiva.
“una serie di segni deve poter rappresentare tutti i fonemi utilizzati da quella lingua per comunicare”. Una volta che siamo passati ad un sistema di scritture alfabetiche, già all’inizio del primo millennio avanti cristo abbiamo delle testimonianze di scritture alfabetiche, a quel punto abbiamo la possibilità di immaginare un sistema di produzione dei testi, nel senso che un insieme di parole, di frasi, di discorsi diventano un libro, tanti libri formano le prime biblioteche, quindi l’impiego di libri, collezioni di brani, l’impiego di un sistema di produzione e circolazione libraria, lo abbiamo codificato nei primi secoli avanti cristo. Le prime biblioteche le troviamo in età romana, l’antica Grecia e l’antica Roma sono già delle società, su questo punto di vita, abbastanza avanzate perchè hanno già codificato all’interno della struttura sociale delle istituzioni chiamate per l’appunto: biblioteche. In età classica era un grossa novità, le prime biblioteche dell’ antichità sono state volute proprio dal governo imperiale, erano una sorta di strumento educativo culturale anche di ostentazione di potere, che deriva dalle classi dominanti, in particolare dalla cerchia di ufficiali che erano i più vicini all’impero. Pagine di Luciano Canfora che spiegava come le prime biblioteche romane furono istituite in età imperiale: altro non erano che bottino di guerra che derivavano dalle battaglie con i greci. Nella fase di espansione dell’Impero romano ci ritroviamo ad avere due nuclei di collezione che convivono nella stessa biblioteca:
In tutto questo i rotoli erano formati da una ventina di fogli incollati fra di loro con una pasta di farina e di aceto lungo il lato verticale, per una larghezza, a rotolo aperto, di circa 4 metri, i singoli fogli venivano chiamati plagule o collemata (termini derivanti dal greco). Ma qual è il sistema di lettura\scrittura che viene utilizzato in questi rotoli? Viene utilizzata una tecnica chiamata: a scorrimento (scrivere sul supporto un testo che parte da sinistra verso destra e\o viceversa, il rotolo verrà chiuso e nel momento della lettura deve avvenire una funzione di srotolamento da un lato e arrotolamento dall’altro). Questo sistema di lettura cosa comporta? Comporta che normalmente il lettore è in piedi e svolge questo movimento di chiusura da un lato e apertura dall’altro, questo perché la fibra essendo molto sottile è anche molto delicata è più facilmente soggetta a lacerazioni, ma viene usato questo movimento in modo tale anche di non far piegare il foglio e garantire una buona vista e lettura di quella porzione di testo che si sta recitando\leggendo (lettura destinata alla recitazione e letta ad alta voce e solo con una porzione minimale del testo). Inoltre questo movimento d’arrotolamento e srotolamento comportava la perdita di molto tempo soprattutto nell’atto di ritornare di nuovo indietro nella lettura, anche per questo nasce l’esigenza di inserire nei fogli dei segni che permettevano al lettore di evidenziare il punto preciso dove si è fermato nella lettura e fino a dove deve tornare indietro. Il Sistema Rewind procedeva abbastanza velocemente, però bisognava aspettare che tutto il lato della cassetta fosse rimesso all'inizio; questo per poter ripartire e riascoltare il brano preferito. Questi sono dei sistemi che ovviamente erano quelli che erano, tecnologicamente meno avanzati di quelli che abbiamo adesso, successivamente furono inventati i Codex del Libro , però ci dicono molto sulle modalità di lettura, ma anche su un'altra cosa importante, ossia: su come venivano prodotti i testi, proprio in funzione del fatto che erano SCRITTI SUI ROTOLI. E come vengono prodotti i testi? Con una larghezza e con un'estensione del racconto, che doveva corrispondere tipicamente alla larghezza, di circa 4 metri, del rotolo stesso. Normalmente gli scrittori confezionavano una quantità di testo e arrivavano ad un certo punto, un certo nodo del loro racconto, che si cercava di far coincidere, con la larghezza massima possibile di uno scrittoio. Il Canto dell’Odissea poteva corrispondere alla larghezza di un rotolo; quindi, la partizione di un testo si confonde in qualche maniera alla natura della materia scrittoria, al modo di conservarla e al modo di fruirla. (Domanda collega) I cinesi scrivono dall’alto verso il basso?
Il discorso è lo stesso, perché noi abbiamo un oggetto non troppo grande, poichè poi diventa ancora meno maneggevole e quindi più difficile da usare, ma non deve essere neanche troppo piccolo, perché avere dei rotoli troppo piccoli comporta altri problemi, altre difficoltà, diventando più fragile ed è anche più facilmente deperibile. Per cui questo è l'equilibrio che è stato trovato e in questo caso cambia solo la produzione; quindi, si tratta di una situazione Analoga. Poi ovviamente, io, adesso la situazione del ciclo cinese la conosco meno, però ognuno aveva le tecniche che erano favorite dai materiali che si trovava sul posto; quindi, non è detto che i materiali e le tecniche possano contendere le stesse rispetto a quelle che si impiegavano nell’Antico Egitto e poi in Grecia. Ci saranno sicuramente variazioni importanti. Con i siti web, tipicamente, noi facciamo lo scroll della pagina; quindi, una pagina è una distesa di testo in cui il testo non si può racchiudere nella sola superficie a schermo, che si può leggere agevolmente. Noi scorriamo la pagina per poter vedere il testo circostante. Se prendessimo la pagina del portale e dovessimo vedere gli avvisi, dovremmo prima scorrere il nostro schermo, quindi è lo stesso meccanismo sostanzialmente che è stato trasportato su una forma di testo completamente diverso da un testo digitale. In sostanza la lunghezza dei rotoli si è adattata al testo da contenere, o se volete, il testo da contenere è conforme a quella che era la lunghezza ideale di un rotolo (possiamo pensarlo in tanti modi). La misura iniziale del rotolo poteva modificarsi con dei tagli, normalmente alla dimensione di 4 metri, ma poteva diventare 2 rotoli da 2, o al contrario, si potevano incollare; quindi, inizialmente magari potevamo avere dei rotoli da 2 metri, poi incollarli insieme e formare dei rotoli più grandi da 4. Sempre per motivi di adattamento ai testi che sono contenuti nel papiro, oltre che per risparmio di materiale, a volte abbiamo dei ROTOLI OPISTOGRAFI , cioè vuol dire scrittura su entrambe le facce dei fogli, perché quello che non vi ho detto, ma vi ho dovuto dire fin dall’inizio, è che si scriveva solo un lato, perché ovviamente era una materia fragile, era sottile, e quindi la scrittura in qualche modo era ombreggiata rispetto all’altro lato e comunque non si sarebbe conservata bene, perché il rotolo si avvolgeva da un lato e dall'altra parte esterna, ovviamente, era soggetto alla materia prima. È ovvio che si scriveva da un lato solo del foglio e questo per risparmiare la materia prima, che era rara, preziosa, non facilmente disponibile. Però, magari, testi più importanti, a cui si attribuiva un maggior valore, potevano essere scritti da entrambi i lati. Dal 1° secolo d.C. in poi, siamo quindi in età Imperiale Romana, compare anche la Pergamena come supporto dei rotoli. Noi siamo sempre pronti a immaginare la Pergamena associandola alla forma goccia, ma le prime descrizioni della pergamena
fascicoli, naturalmente sono in Pergamena. Questa è proprio la struttura, minimo comune denominatore del libro medievale. Qui siamo in un'area etiope, addirittura il manoscritto si conserva a Oxford ed è una delle attestazioni più antiche di un libro conservato così come è stato prodotto, perché molto spesso, potete immaginare che sia stata sostituita la coperta, più rifatta la cucitura; però la struttura è quella originaria. Quindi i fascicoli ovviamente dovevano essere ordinati fra di lore e qui abbiamo uno, due, tre, quattro, cinque, sei fascicoli e poi questi fascicoli sono protetti da queste tavolette di legno. A questo punto noi possiamo immaginare, ma lo vediamo dall'iconografia dei manoscritti; in particolare delle miniature dei Manuscritti Medievali, che una biblioteca dei medievali poteva presentarsi in grosso modo così. (Inserire immagine) Cosa notate? (Intervento collega) Sono dei fascicoli incolonnati coperti da questa asse di legno. Questo è un libro? Il libro è un blocco, non è una pila di libri e sono messi di lato. sono appoggiate su queste stanzine (?) orizzontali, molto profonde e proprio perché si appoggia tutto il libro di questa edizione. I libri sono libri di diverso formato. Abbiamo una vera e propria biblioteca come un armadio, no? come viene aperta quest’armadio? Con delle ante, sono delle ante, quasi quasi a scorrimento; quindi, c'è questa struttura che si ripiega da un lato e dall’altro; quindi, si vede proprio addirittura in tridimensionale. Si apre e si chiude. Sopra abbiamo un testo che forse è il più importante di tutti, sembra quasi una piccola cassaforte che sta su questo libro e si chiude a sportello, vedete? qui c'è un suggerimento come se fosse la Bibbia, qui c'è una persona che sta leggendo in piedi. Queste due persone stanno chiudendo l’armadio o lo stanno aprendo. È evidentemente un ambiente di comunità, non è una sola persona che si siede, che insieme di libri, ma questo è già un patrimonio dell’intera comunità. Ci sono 15 libri, è l'inizio di una biblioteca medievale. Gli inventari di biblioteche medievali normalmente sono poche decine di libri, pochissime centinaia di libri, quasi mai arriviamo a superare il mercato. Anche nelle situazioni più ricche, nel medioevo, intendo fino al X, XI, XII, anche XIIl secolo. Altra cosa, è in età umanistica, quando cominceranno ad, appunto, convivere con lo sviluppo delle stampe, allora la capacità di produzione, quindi anche di conservazione, di crescita di una biblioteca si metterà in maniera proporzionata alla capacità pubblica. Per una Biblioteca Monastica questo è già un primo nucleo in una biblioteca comune.
Poi c'erano anche in età moderna dei piccoli armadi, delle piccole stanze, delle piccole celle, che sicuramente rimuovono tutti gli armadi; quindi, ognuno poteva anche avere uno o due libri che tenevano i libri di preghiere, libri che stava studiando. Poi, un'altra cosa che vi faccio vedere è invece, che quasi è un complemento di quello che abbiamo visto prima, è una persona al lavoro con un armadio. Qui cosa notiamo? sta scrivendo seduto, con i piedi poggiati su un piccolo appoggio, qui c'è l’inchiostro nel calamaio. Questa è la parte dove ci sono gli strumenti di scrittura. Altra cosa da notare è che c'è di nuovo un armadio aperto con dei libri dentro. Ogni ripiano ha 2 volumi, quindi in totale dobbiamo avere 10 volumi e in questo caso noi vediamo documentata drasticamente. Siamo tra il VII e il VIII secolo come potete vedere nelle didascalie e vediamo documentata drasticamente l'attività di un copista che sta ricopiando un testo biblico, oppure lo sta glassando, oppure lo sta studiando, ma sembra intento nell’atto di scrivere. Infatti, Il codice che si conserva all’edificio valenziano di Firenze, addirittura viene ricostruito, perché la miniatura è in un passo del libro e viene quindi ricostruito il passo biblico. Evidentemente c'era stata una biblioteca bruciata, in tutti i casi depredata e si ricostruisce ad un certo punto un insieme di testi grazie all’attività dei copisti, e si conserva a Firenze, ma è un manoscritto prodotto in un monastero benedettino in Inghilterra, dove si praticava il Cristianesimo. Eccoci alla fase trucolenta, diciamo, nella preparazione della pergamena. Lo facciamo perché questo dà sempre l'idea di come si presentava la materia scrittoria e come veniva ottenuta, anche se era difficile procurarsela. Per esempio, abbiamo manoscritti che spiegano il significato per fasi. Come nella lavorazione delle pelli di animali come bovini, capre, cammelli, agnelli, ecc., dove la pelle veniva trattata in un bagno di acqua con calce. La calce aiuta a liberare la pelle dai peli e dai grassi, consentendo una pulizia completa. Questo processo viene eseguito con una lama a forma di mezzaluna chiamata “Nobatula”, che rimuove la carne e il grasso lasciando la pelle. È una fase delicata in cui bisogna prestare molta attenzione per evitare danni come fori o lacerazioni che renderebbero la pelle inutilizzabile. •Per la fase numero 3, si procedeva sfregando la pietra su un materiale abrasivo, come una superficie, per levigarla. Questo processo aiuta a preparare la pelle per le fasi successive della lavorazione. •Fase numero 4: Tensione sul telaio, dove c'è una cornice di legno che appoggia su due cavalletti.
E' come si faceva ad ottenere un fascicolo? La differenza tra il foglio piegato qui, che vedete in questo caso, è che per ottenere un “quaderno” bisogna avere due di questi fogli di partenza, ognuno dei quali veniva inserito in mezzo e poi la cucitura veniva applicata a quel fascicolo. Quel fascicolo poi veniva messo in successione con altri fascicoli allo stesso modo. Quando qui si dice “Quaternione”, si intende due fogli interi piegati in 4 per ottenere questo foglio. Ovviamente alla fine, quando il testo finiva prima dell'ultimo fascicolo, non venivano lasciati i fogli bianchi alla fine, ma venivano tagliati e venivano riciclati e utilizzati per altro. Quindi tipicamente quello che stiamo dicendo è che la struttura fascicolare poteva essere per esempio: i primi 5 fascicoli tutti di 8 carte, l'ultimo fascicolo, a secondo dei casi, di 2 o di 4. Un codice per un'opera ha una linea di grandezza e consistenza che potrebbe essere di 150 capi, di dimensione 24x16 centimetri ciascuna. Necessita di una linea di 12 capi, questo per dare un'idea del posto di produzione. Adesso andiamo proprio a vedere come si andava a preparare il testo della scrittura, ossia come sul foglio di partenza veniva inserito il testo. Da questo punto di vista noi siamo evoluti rispetto al passato, poiché noi abbiamo i fogli a righe, quadrettati, già con i buchi ai lati ecc, ma nell'antichità ciò non esisteva. I fogli erano completamente senza nessun tipo di intervento preliminare, quindi era il copista che per prima cosa doveva forare i fogli; forare perché si applicavano dei forellini che permettevano di fissare il foglio sul supporto, per poter poi essere sicuri di poter applicare tutte le operazioni successive senza che il foglio si muovesse. Qui però non lo possiamo vedere, ma se guardassimo nei codici medioevali si noterebbero proprio i punti di foratura e si notano soprattutto delle linee scure, che sono le linee di rigatura del foglio. Sono state create quindi solo le colonne che interessavano per creare uno specchio di stacco, in questo caso ci vuole un margine giusto. Qui viene creato un piccolo spazio con una colonna, quindi con 2 righe. Qui viene fatto intercolumnio da un lato e da l'altro, e qui c'è di nuovo il margine. In mezzo c'è quello che chiamiamo archetipo quindi la parte che riceve il testo. Detto anche stepper step. Il copista doveva fare queste operazioni foglio per foglio, ma a volte per risparmiare tempo metteva più fogli l'uno sotto l'altro, pressava più forte, a secco, per ottenere la riga anche sui fogli che stavano sotto. Ovviamente pero questo lo poteva fare solo fino a un certo punto , poiché poi i segni, andando avanti non si riconoscono più, questo perché non c'è possibilità di farlo per troppi fogli insieme.
C’è da considerare che stiamo parlando di fogli di pergamena, che sono fogli spessi e non come i fogli che noi usiamo noi nei nostri quaderni. LA COMPONENTE DELLA MINIATURA: Una delle cose che si faceva tipicamente era lasciare l'iniziale del primo capitolo, o del primo paragrafo, o del primo capitolo di ogni libro, lasciare un segnetto piccolo, che era la lettera che si doveva riprodurre in maniera invece gloriosa. Cosa faceva il miniatore? (Miniatore= Il miniatore nei testi medievali era l'artista incaricato di creare le miniature, ovvero le piccole illustrazioni decorate presenti nei manoscritti medievali. Queste miniature erano spesso intricate e dettagliate, aggiungendo bellezza e significato ai testi). Prima preparava il fondo e in questo caso lo troviamo qui nel fondo, che è stato preparato per ricevere poi in versione. Per quanto riguarda la miniatura dei libri medievali: una delle cose che si faceva tipicamente era lasciare l'iniziale del primo capitolo, o del primo paragrafo di ogni capitolo, o ancora meglio, del primo capitolo di ogni libro, lasciare un segnetto minimo, piccolo che era la lettera che si doveva riprodurre in maniera gloriosa. Il miniatore prima preparava il fondo, in questo caso il fondo è stato preparato per ricevere poi l'inversione in oro. Si faceva il disegno in tinta secca, in genere si faceva il classico dei modelli, quindi c'erano dei modelli di disegno che in determinati luoghi si nota che si ripetono e quindi si ritiene che era come se ognuno avesse una sorta di portfolio di decorazioni che poteva impiegare. Ovviamente non è sempre così, a volte invece era proprio l'inventiva del disegnatore che permetteva di ottenere dei disegni sempre diversi, ma a volte si nota una standardizzazione maggiore di questi disegni. Una volta seguito il disegno si applicava una sottilissima foglia d'oro oppure stagno con l'attivazione del colore chiamato per questo “oro musivo” e a questo sfondo poteva, per motivi di conservazione, essere unita una sostanza a base di carteracee, quindi conferiva la coloratura e allo stesso tempo permetteva di rendere stabile questa base aurea. Lo strato ricettivo che è il fondo che veniva preparato per la prima operazione, era composto di varie sostanze, tra cui sono attestate al fiume d'uovo: il gesso, la colla, la bianca e il miele. Non si è ancora miniato nulla perché ancora bisognava levigare la superficie con uno strumento intero, quindi di nuovo fare in modo che tutto questo non avesse imperfezioni e fosse più levigato possibile, più miniato possibile. Solo fine si potevano stendere i colori all’acquarello e si preferiva usare lo stesso colore, una volta creato l'impasto di colore, tenere lo stesso colore. (Oggi abbiamo dei sistemi digitali, abbiamo un sistema di scala di colore che ci permette di fare qualsiasi cosa, possiamo cambiare il colore dello sfondo della slide e farlo diverso rispetto al colore del testo, ciò si può fare sia su Word sia su Excel). Dobbiamo immaginare di fare questa stessa cosa su una serie di fogli di pergamena. Loro preparavano il colore e una volta che avevano preparato il colore questa materia dobbiamo considerarla unica
parte centrale e poi abbiamo le aste in basso e in alto però sono sempre onciale. Il riferimento da cui prende le immagini possiamo trovarlo nel libro di Pertoro, di Cherubini. I paleografi studiano vari fasi, abbiamo una fase unitaria, questa qui è una fase unitaria, in cui abbiamo sostanzialmente tre scritture maiuscole e tre scritture minuscole che sono quelle prevalenti, (poi ci sono quelle meno prevalenti che sono delle piccole particolarità), ma queste sono le scritture emergenti, le scritture che ricorrono più spesso e che sembrano le più canonizzate, dopodiché quando noi andiamo alla fase di decadenza dell'impero romano, quindi dal V secolo d.C. in poi, con la caduta di Roma, infatti si scompiglia l'impero romano e si apre una fase dal punto di vista delle scritture che chiamiamo “Particolarismo Grafico Medievale”, quindi c'è una sorta di dispersione non più di centralizzazione degli stili di scrittura proprio perché entrano in gioco le popolazioni barbariche, entrano in gioco un certo numero di centri di scrittura che si differenziano moltissimo da di loro. Si possono notare le grandi differenze tra la scrittura insulare delle isole britanniche tra sesto e decimo secolo, è molto elegante, è una scrittura che prende un po' dall’onciale e dalla semi-onciale romana e la sviluppa in maniera abbastanza originale. Ritroviamo poi un altro esempio di insulare, questa è minuscola, più piccola. Mentre in area franco-germanica, la scrittura merovingica, molto meno leggibile con queste aste allungate in maniera esasperata, con tutta una serie di legature dei segni che la rendono molto complicata da leggere, se guardiamo: “Cum nostri fedelibus”, la U si rende con questo segno che sembra quasi una S, non è affatto scontata, è una U che si dice aperta. La O la vediamo con una codina, non sono segni facilmente decifrabili. La S che sembra una F. Questa scrittura merovingica da leggere è ostile. Poi abbiamo la V minuscola di Bruxelles siamo in area francese. C'è il tipo A e il tipo B, c'è la minuscola di Bruxelles e la tipo A e B (si trova più sotto) sempre diffusa tra sesto e decimo secolo, queste sono più eleganti ma parecchio difficili da lettere. Troviamo la A aperta, la A viene fatta con due tratti, con due curvette nella parte alta ma non chiude sopra. (Noi dobbiamo sapere le varie scritture, riconoscerle e sapere che ogni volta che ci si presenta un segno è la A ad esempio). Al contrario la E viene chiusa, quindi il segno delle tre linee orizzontali della E la prima e la seconda in alto sono chiuse. La R è pure molto strana perché ha l'inizio l’apertura della E e poi questo segno molto allungato. La T ha un cerchietto a sinistra, questa è un'altra caratteristica tipica di questa struttura, ha un cerchietto a sinistra, quindi è una specie di ornamento che va a chiudere il tratto in alto a sinistra della T lo va chiudere un po' anche in basso e forma questo cerchio, questo è una T. Questo ci fa capire la diversità che nel giro di pochi secoli si realizza in quello che era stato l’impero romano. Abbreviazioni: (noi ne facciamo uso sui social) ma anche nel medioevo c'è un sistema di questo genere di abbreviazione, di nuovo lo scopo è risparmiare sulla materia prima quindi permettere di intuire con dei segni convenzionali che quel segno convenzionale rappresenta una abbreviazione, quindi tipicamente si tolgono le consonanti, come nel caso della parola “anima”, per cui il
segno di alce sopra significa “anima”, il segno è l’abbreviazione. Lo stesso facciamo noi con i social. Un altro esempio in Spagna-Portogallo, dove si afferma questa visiva ottica, di nuovo la T compare con il cerchietto a sinistra, vi è la E chiusa in alto a destra, la R di nuovo con l’asta lunga e poi con il taglio. La A è completamente aperta è lo stesso segno e poi c’è la E chiusa che abbiamo già visto prima. C’è di nuovo il sistema di abbreviazioni, questo taglio qui ECCLA la A è aperta, è un A che non chiude sopra, ha la codina e uno svolazzo alla fine che è stata ripresa. Qui in qualche maniera si recupera la rotondità dell’onciale, la rotondità delle lettere, questa è invece molto più aspra, più dura, più spezzata dal punto di vista delle lettere. Questo ci fa capire anche che probabilmente qui sono adoperati strumenti di scrittura diversi, ci sono stilo un po' delicato che non permettono di fare delle curve e invece qui c'è uno stilo mozzato dove se si inclina un po’ lo stilo si riescono a ottenere delle curvature molto eleganti. È lo strumento che cambia e da qui possiamo vedere qualche differenza. Andando nella penisola italiana: abbiamo la Beneventana Cassinese, dove si parla della famosa scrittura Beneventana, dove ci sono fiori di studi proprio su queste scritture, su tutte le attestazioni di queste scritture che ci sono ovunque nel mondo. C'è addirittura una collana in periodico che è diretto da un professore che ha insegnato all'Università di Cassino per molti anni che è il professor Marco Palma, egli è forse il più grande studioso di scrittura beneventana in Italia, è il coordinatore scientifico di questa colonna che si chiama Bibliografia dei Manoscritti Beneventani. Ogni volta che dovunque nel mondo si trovi un frammento, anche un frammento che è stato conservato come supporto di legatura nel medioevo, quindi per rafforzare le coperte all'interno magari nell’ossatura, mettevano delle fascette di manoscritti medievali che non usavano più. Quindi, a volte si trovano frammenti beneventani all'interno di codici, di rottami. Questi frammenti vengono identificati, si prova a datarli, si prova a riconoscere di quale progetto facevano parte, a quale tipo di testo facevano parte, l'area di provenienza, c'è tutto un lavoro interessantissimo di ricostruzione proprio della natura di questi testi. Per quanto riguarda le caratterizzazioni di questa scrittura: ha quasi quasi una linea continua, orizzontale, per cui dovete pensare che il copista in questo caso tende a non staccare mai la mano dal foglio, per cui, inizia in alto dove c'è più inchiostro, c’è la mano in quel punto, a quel punto le linee si sviluppano tornando sempre al centro e mai staccando lo strumento scrittoio dal foglio. Succede che la scrittura è un po’ più spessa, si usa più inchiostro e si ottiene questo effetto pregno dal punto di vista della scrittura. Se guardiamo la forma della T, questa è proprio la caratteristica tipica che permette subito di riconoscere una beneventana, di non scambiarla per esempio con un’altra struttura. La T della beneventana è come se avesse due aste in basso, allora una è solo lo svolazzo ma dobbiamo pensare che è la linea finale del taglio orizzontale della T che però si prolunga in basso. Questa invece è proprio la T vera propria, cioè la verticale, poi naturalmente viene legata con questa I che scende fino allo spazio inferiore, al contrario le due S si prolungano e la coda in basso non si vede bene, per cui viene chiusa in alto e non in basso la S, non fa il vero e proprio serpente. Ci sono
Un'altra decorazione tipica dell'impero di Carlo Magno, che poi si svilupperà anche nel periodo normanno, abbiamo delle testimonianze molto simili a queste, anche nell'archivio di Stato di Palermo, dove c'è il fondo delle pergamene medievali, possiamo trovare documenti molto simili a questi che si presentano in questo modo: con aste fortemente allungate, grado d'eleganza nel dettaglio delle lettere ma tutto molto stretto. Queste opere di calligrafi sono veramente importanti. La minuscola diplomatica era quella che si utilizzava nei documenti che avevano valore critico, per attestare i possessi, per attestare gli atti, gli accordi, per erigere privilegi, veniva quindi utilizzata per tutto quello che aveva una forte componente dimostrativa, con valore legale. Tutto ciò che si riferiva ad atti giuridicamente medievali. Quindi prodotti di questa forma molto solenne, molto elegante, soprattutto la cancelleria, quando si dice la cancelleria di un regno medievale, questa è la tipica scrittura delle cancellerie regge medievali ma anche di quella papale che si presentava in maniera molto simile. La nordica: ha questa caratterizzazione, qui è proprio nella sua forma migliore, più legittima. Differenza con la rotonda: la rotonda qui è leggibile perché di nuovo si è inserito nella scrittura, una serie di giochi di decorazioni, che hanno un po' meno a che fare con il disegno vero e proprio. Qui si rispetta molto di più il disegno della lettera a differenza dell’altra scrittura dove per esempio: c'è una N dove non si vede la chiusura sopra, sono due linee verticali dove non c'è chiusura. Qui c'è una E che non chiude all'interno, quindi è una scrittura un po' più imbastardita da questo punto di vista, meno rigida, meno facile da decifrare. Questa è quella che poi ritroveremo nei primi testi a stampa, ritroveremo una scrittura molto simile a questa. Qui siamo in ambito tipicamente francese, svizzero anche e qui invece siamo in ambito italiano. Infine abbiamo la nordica cosiddetta universitaria. È una scrittura compatta, troppo stretta, troppo complicata da leggere, zeppa di abbreviazioni. Dobbiamo pensare che questa scrittura era adoperata negli ambienti universitari, con un sistema, gli studenti collaboravano anche alla produzione dei testi copiandone i fascicoli che si preparavano così loro stessi i testi, collaboravano con dei cartolai, degli stationers (in inglese) che erano a loro volta autorizzati a fare questo dal rettore dell'università. Quindi il professore scriveva avevano testi autoritari, poi facevano accordi con i cartolai, con i librari, questo esemplare veniva distribuito in fascicoli agli studenti che sostanzialmente contribuivano a copiarli. Essi li copiavano utilizzando la scrittura nordica universitaria per fare presto, per poter disporre di tutto il testo a disposizione nel più breve tempo possibile, impiegando meno carta possibile. Qui proprio il risparmio di carta è esasperato ma c'è anche una grande capacità dal punto di vista paleografico perché il sistema delle abbreviazioni doveva essere comprensibile, quindi ci doveva essere una grande dimestichezza con il sistema delle abbreviazioni perché se si faceva un taglio in un modo la Q voleva dire “qui”, se si faceva in un altro modo voleva dire “quod”, o “que” a seconda dei casi. Qui c’è un sistema di convenzioni che viene impiegato per la punteggiatura che non è per niente banale e
che veniva fatto da studenti colti che riuscirono a fare questo lavoro anche per altre testi. Venivano vagamente remunerati.