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Sviluppo Emotivo e Comportamentale del Bambino: Un Approccio Psicoeducativo, Lecture notes of Family Sociology

Lo sviluppo emotivo e comportamentale del bambino, analizzando i processi di socializzazione, l'apprendimento delle norme e dell'etica, e la qualità delle relazioni interpersonali. Si focalizza sull'importanza del legame di attaccamento tra genitore e bambino, evidenziando il ruolo della co-regolazione emotiva e del bonding. Anche i disturbi del comportamento, distinguendo tra comportamenti esternalizzanti e internalizzanti, e analizza i fattori che possono contribuire allo sviluppo di problematiche comportamentali, come gli stili genitoriali, il temperamento del bambino e le variabili ambientali.

Typology: Lecture notes

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CAPITOLO 1 – CAPIRE LE EMOZIONI: TEORIE E MODELLI A CONFRONTO
LA TEORIA DIFFERENZIALE
Deriva dalle prime intuizioni di Charles Darwin sull’importanza e sul valore evoluzionistico delle espressioni
facciali delle emozioni e dalla successiva teoria di James-Lange, che tematizzano le emozioni come stati di
attivazione fisiologica (arousal) precisi e distinti, capaci di farci sentire emozioni specifiche (es: siamo tristi –
emozione – perché piangiamo – stato di attivazione).
Tutti gli esseri umani, fin dalla nascita, sono dotati di un repertorio di emozioni di base, capaci di evolversi e
di adattarsi alle circostanze di vita. Tutti gli autori concordano sulla presenza di almeno 6 emozioni di base:
rabbia, paura, felicità, sorpresa, tristezza, disgusto.
Sono 5 i punti focali di questa teoria:
1-alcune emozioni sono “di base” e costituiscono il nostro sistema motivazionale primario; provare una
certa emozione ci spinge sia a sentire sia a rispondere
2-ciascuna emozione di base è funzionale a organizzare specifici processi cognitivi, percezioni, azioni,
strategie di coping
3-ciascuna emozione corrisponde a specifiche espressioni facciali presenti fin dalla nascita che ci
consentono di avere un canale immediato e intuitivo per esprimere le stesse emozioni e per capirci con gli
altri
4-le emozioni hanno un potere di auto-organizzazione o lo dimostrano in tutte quelle situazioni in cui
sostengono o accompagnano quei comportamenti che contribuiscono allo sviluppo della personalità.
Ciascuna emozione ha livelli di attivazione (stato di arousal) e intensità diversi, contribuendo in tal senso a
definire le differenze individuali.
Quindi le emozioni sono fenomeni a base biologica, discreti e complessi, che comprendono tra loro più
componenti; ogni componente, a sua volta, presenta proprie caratteristiche specifiche e funzioni distinte.
Tuttavia alcuni contributi più recenti sottolineano come la differenziazione tra i diversi stati emotivi possa
avvenire su dimensioni più ampie, organizzate lungo dei continua, come ad esempio la valenza edonica
(piacevolezza VS spiacevolezza) e lo stato di attivazione.
Esistono 3 distinti livelli di sviluppo emotivo (grazie a circuiti neurali):
1. fino a 2 mesi le emozioni – interesse, sconforto, disgusto – consentono al piccolo di comunicare i propri
bisogni e sono prevalentemente di natura sensoriale; fino a 9 mesi circa il bambino vive le emozioni a un
livello percettivo affettivo, sperimentando nuove emozioni come la collera, la tristezza e la paura
2. dai 9 ai 24 mesi vive la colpa e la vergogna, quindi un’esperienza cognitivo-affettiva grazie al crescere
della consapevolezza di sé
3. dopo i 2 anni il compito di sviluppo principale diventa la regolazione emotiva.
Quindi teoria differenziale= prospettiva sull’emozione che tiene insieme i suoi aspetti innati,
biologicamente fondati e universali. Attenzione sugli indici che possono consentire di distinguere
un’emozione dall’altra. Codice universale condiviso.
LE TEORIE FUNZIONALISTE
Si rifanno alla domanda “a cosa servono le emozioni?”. Si concettualizza l’emozione come un processo
psicologico orientato a uno scopo e, più precisamente, orientato a scopi di natura adattiva e si riallaccia alla
prospettiva evoluzionistica darwiniana.
In comune con la teoria differenziale ha l’idea che le emozioni servono obiettivi discreti e specifici;
differisce invece nel definire l’emozione nei termini della relazione tra l’individuo e il suo ambiente: la
rabbia esprime il tentativo di cambiare qualcosa nella relazione con l’ambiente o di affrontare un ostacolo
che si frappone ai propri interessi e al proprio benessere, la felicità esprime il tentativo di cambiare o
mantenere la relazione con l’ambiente in funzione dei propri obiettivi, la paura riflette il tentativo di
terminare la relazione con l’ambiente, di mettere fine a una minaccia che proviene da esso. Una
definizione di natura relazionale dell’emozione che implica che l’emozione sia un processo dinamico e
continuo di valutazione dell’ambiente (appraisal) in funzione di un adattamento ottimale ai propri interessi
e bisogni. Questo è un processo non necessariamente consapevole.
Quindi: la maggior parte delle azioni e dei piani umani è retta da scopi attivi simultaneamente e l’ampiezza
o limitatezza delle risorse individuai ne determina la realizzazione più o meno funzionale all’adattamento.
(Es: se il piccolo fa esperienza della rabbia collegata all’attenzione da parte dei suoi caregiver, tenderà a
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CAPITOLO 1 – CAPIRE LE EMOZIONI: TEORIE E MODELLI A CONFRONTO

LA TEORIA DIFFERENZIALE

Deriva dalle prime intuizioni di Charles Darwin sull’importanza e sul valore evoluzionistico delle espressioni facciali delle emozioni e dalla successiva teoria di James-Lange, che tematizzano le emozioni come stati di attivazione fisiologica ( arousal ) precisi e distinti, capaci di farci sentire emozioni specifiche (es: siamo tristi – emozione – perché piangiamo – stato di attivazione). Tutti gli esseri umani, fin dalla nascita, sono dotati di un repertorio di emozioni di base , capaci di evolversi e di adattarsi alle circostanze di vita. Tutti gli autori concordano sulla presenza di almeno 6 emozioni di base: rabbia, paura, felicità, sorpresa, tristezza, disgusto. Sono 5 i punti focali di questa teoria: 1-alcune emozioni sono “di base” e costituiscono il nostro sistema motivazionale primario; provare una certa emozione ci spinge sia a sentire sia a rispondere 2-ciascuna emozione di base è funzionale a organizzare specifici processi cognitivi, percezioni, azioni, strategie di coping 3-ciascuna emozione corrisponde a specifiche espressioni facciali presenti fin dalla nascita che ci consentono di avere un canale immediato e intuitivo per esprimere le stesse emozioni e per capirci con gli altri 4-le emozioni hanno un potere di auto-organizzazione o lo dimostrano in tutte quelle situazioni in cui sostengono o accompagnano quei comportamenti che contribuiscono allo sviluppo della personalità. Ciascuna emozione ha livelli di attivazione (stato di arousal) e intensità diversi, contribuendo in tal senso a definire le differenze individuali. Quindi le emozioni sono fenomeni a base biologica, discreti e complessi, che comprendono tra loro più componenti; ogni componente, a sua volta, presenta proprie caratteristiche specifiche e funzioni distinte. Tuttavia alcuni contributi più recenti sottolineano come la differenziazione tra i diversi stati emotivi possa avvenire su dimensioni più ampie, organizzate lungo dei continua , come ad esempio la valenza edonica (piacevolezza VS spiacevolezza) e lo stato di attivazione. Esistono 3 distinti livelli di sviluppo emotivo (grazie a circuiti neurali):

  1. fino a 2 mesi le emozioni – interesse, sconforto, disgusto – consentono al piccolo di comunicare i propri bisogni e sono prevalentemente di natura sensoriale; fino a 9 mesi circa il bambino vive le emozioni a un livello percettivo affettivo, sperimentando nuove emozioni come la collera, la tristezza e la paura
  2. dai 9 ai 24 mesi vive la colpa e la vergogna, quindi un’esperienza cognitivo-affettiva grazie al crescere della consapevolezza di sé
  3. dopo i 2 anni il compito di sviluppo principale diventa la regolazione emotiva. Quindi teoria differenziale= prospettiva sull’emozione che tiene insieme i suoi aspetti innati, biologicamente fondati e universali. Attenzione sugli indici che possono consentire di distinguere un’emozione dall’altra. Codice universale condiviso. LE TEORIE FUNZIONALISTE Si rifanno alla domanda “a cosa servono le emozioni?”. Si concettualizza l’emozione come un processo psicologico orientato a uno scopo e, più precisamente, orientato a scopi di natura adattiva e si riallaccia alla prospettiva evoluzionistica darwiniana. In comune con la teoria differenziale ha l’idea che le emozioni servono obiettivi discreti e specifici; differisce invece nel definire l’emozione nei termini della relazione tra l’individuo e il suo ambiente: la rabbia esprime il tentativo di cambiare qualcosa nella relazione con l’ambiente o di affrontare un ostacolo che si frappone ai propri interessi e al proprio benessere, la felicità esprime il tentativo di cambiare o mantenere la relazione con l’ambiente in funzione dei propri obiettivi, la paura riflette il tentativo di terminare la relazione con l’ambiente, di mettere fine a una minaccia che proviene da esso. Una definizione di natura relazionale dell’emozione che implica che l’emozione sia un processo dinamico e continuo di valutazione dell’ambiente ( appraisal ) in funzione di un adattamento ottimale ai propri interessi e bisogni. Questo è un processo non necessariamente consapevole. Quindi: la maggior parte delle azioni e dei piani umani è retta da scopi attivi simultaneamente e l’ampiezza o limitatezza delle risorse individuai ne determina la realizzazione più o meno funzionale all’adattamento. (Es: se il piccolo fa esperienza della rabbia collegata all’attenzione da parte dei suoi caregiver, tenderà a

usarla più frequentemente per soddisfare il suo scopo adattivo di tenere viva l’attenzione su di sé da parte degli adulti di riferimento). Ciascuna emozione comporta una rapida forma di processamento dell’info (appraisal) che consente di valutare le circostanze in cui si verificano le emozioni e di preparare una corrispondente azione che mantenga, respinga o realizzi gli obiettivi individuali. LE TEORIE DELL’APPRAISAL Sostengono che in ogni stato emotivo è contenuta una forma di valutazione cognitiva e affermano che non ci può essere emozione che non implichi una qualche forma di valutazione dell’ambiente. Si tratta di una valutazione immediata, automatica di un evento come positivo o negativo per i propri scopi o interessi individuali. Es: vedo una bella torta al cioccolato – provo gioia se la valutazione corrisponde al mio interesse di mangiare qualcosa di gustoso o provo timore/paura se la valutazione corrisponde al mio interesse di non ingrassare. Le informazioni e i processi cognitivi che condividiamo su un certo evento sono i determinanti dei nostri stati emotivi. “Teoria dei due fattori” in quanto presuppone il concorso di uno stato di attivazione e di un processo di valutazione per produrre e riconoscere un determinato stato emotivo. Sono le valutazioni, le inferenze e i ragionamenti a guidare l’identificazione di un determinato stato emotivo. Le teorie dell’appraisal distinguono tra: -appraisal primario  valutazione immediata e rivolta agli antecedenti lo stato emotivo, ossia a ciò che lo ha suscitato, e riguarda la sua rilevanza per gli scopi di un individuo -appraisal secondarioulteriore valutazione che viene fatta sulla base della capacità di far fronte all’evento emotigeno (strategie di coping) -appraisal terziario rivalutazione della situazione che ha generato l’emozione alla luce delle info o reappraisal acquisite, accedendo così a uno dei modi privilegiati di controllo e regolazione emozionale. L’appraisal avviene perciò attraverso una sequenza organizzata di controlli valutativi dello stimolo emotigeno, da cui scaturiscono le emozioni. Tutti e tre i processi elencati fanno parte della regolazione emotiva e si collegano a ciò che le teorie delle emozioni chiamano prontezza o tendenza all’azione o alla risposta ( action readiness ). Appraisal, prontezza all’azione e azione impulsiva 1.L’azione impulsiva è prodotta da interessi/motivazioni ad alterare uno stato attuale per conseguirne uno più ottimale. Si tratta di stati di prontezza all’azione che hanno una certa forza o urgenza (l’impulso) 2.Tali stati di prontezza all’azione sono innescati dal grado in cui un oggetto o un evento è valutato come piacevole o meno, come minaccioso o meno. Data la presenza di valutazione e di prontezza all’azione, l’azione impulsiva è un’azione emotiva. 3.Gli oggetti o eventi possono essere valutati in diversi modi dalla stessa persona, dando luogo così a stati di prontezza all’azione diversi e tra loro in interazione 4.Tale interazione può contribuire alla regolazione dell’azione impulsiva e quindi alla regolazione delle emozioni. LE TEORIE SOCIOCULTURALI Ritengono che per dar conto della qualità dell’esperienza emotiva è necessario tenere conto che le valutazioni o processi di appraisal che accompagnano ciascuna emozione sono inevitabilmente associati a script o pratiche culturali condivise, che ne definiscono i significati. Questo assunto di base viene declinato in maniera diversa da due approcci presenti all’interno di queste teorie: 1-approccio costruttivista “forte” che costituisce la posizione “radicale” della visione socioculturale delle emozioni e ne sostiene la natura di costrutto interamente socioculturale, frutto di un’elaborazione culturale e linguistica indipendente da determinanti di tipo biologico

IL MODELLO DI SROUFE

Incorpora la dimensione dello sviluppo nella concettualizzazione della vita socioemotiva. Lo sviluppo sociale è associato allo sviluppo cognitivo e sociale e per essere compreso richiede che siano considerati sia i meccanismi prossimali che distali che ne sono alla base. L’emozione è un processo dinamico complesso e integrato che si esprime in risposta a eventi salienti e comporta cambiamenti fisiologici, esperenziali e comportamentali. Riprendendo la “teoria dei due fattori” di Schachter e Singer, Sroufe concepisce l’emozione come il frutto di due fattori, uno di natura psicofisiologica e l’altro di natura valutativo/esperenziale; l’attivazione (arousal) genera stati di tensione individuali che si combinano con processi di valutazione dell’evento che li ha generati (appraisal) a seconda del momento dello sviluppo in cui si trova il bambino. I sistemi biologici costituiscono i precursori (sistemi emotivi di base) dello sviluppo (es: gli stati di interesse/piacere, di sconforto o trasalimento che i piccoli avvertono), il bambino passa a organizzare in maniera via via più distinta e precisa le sue emozioni, seguendo una sequenza logicamente ordinata e gerarchica ; lo sviluppo si snoda lungo un continuum fatto di stati dinamici capaci di auto-organizzazione , secondo un ordine gerarchico in cui si passa progressivamente da stati e azioni diffusi e indifferenziati ad azioni sempre più specifiche e determinate. Ci sono 3 sistemi emotivi di base: piacere/gioia, frustrazione/rabbia, circospezione/paura. Ciascun sistema matura in sintonia con gli altri e cambia con l’età e con le acquisizioni cognitive, motorie e comportamentali. I cambiamenti evolutivi sono qualitativi e non lineari. L’emergere delle emozioni segue una logica di progressiva organizzazione e differenziazione e avviene in relazione a momenti specifici e critici dello sviluppo, che comportano dei veri e propri salti, coincidenti con una riorganizzazione della risposta emotiva (Es. sorriso endogenosorriso sociale) L’emozione come fenomeno complesso a più componenti Aristotele definisce le emozioni come “affezioni” che influiscono sui giudizi degli uomini e sono accompagnate da piacere o da dolore. Per ciascuno stato emotivo individua: 1-una componente cognitiva 2-una componente legata al contesto sociale 3-una propensione o tendenza a un certo comportamento 4-uno stato di attivazione fisiologica. L’emozione è un importante indicatore che ci segnala il valore che alcune situazioni hanno per il nostro benessere e per consentirci, sulla base dell’appraisal, di adottare una strategia di azione funzionale all’adattamento. Essa dunque può essere definita sulla base della funzione che esercita per l’organismo. Il carattere pluricomponenziale dell’emozione acquisisce un’evidenza sempre più forte. L’emozione è un fenomeno complesso in cui interagiscono diverse componenti: 1-Evento elicitante 2-Valutazione della rilevanza dell’evento o appraisal (primario o secondario) 3-Valutazione della qualità edonica (positivo-negativo) 4-Regolazione 5-Reazioni o risposte neurofisiologiche o neurobiologiche 6-Manifestazioni o risposte espressive 7-Preparazione all’azione Esempio: se mi accade di incontrare una persona che mi minaccia (evento elicitante), le due componenti immediatamente attivate saranno lo stato di arousal (aumento della frequenza del battito cardiaco, sudorazione) e di appraisal (valutazione che quella situazione è pericolosa); a tali stati si collega l’atteggiamento posturale che assumerò e le espressioni del viso che esprimerò e, conseguentemente, la mia esperienza soggettiva (provo un’emozione intensa, lieve, sopraffacente, spiacevole ecc). L’insieme di tutte le componenti, nei loro collegamenti reciproci, possono dar luogo ad almeno due emozioni distinte: in questo caso paura o rabbia.

Figura 1.1 (pag34) (emozione e adattamento) L’emozione rappresenta una risorsa organizzata finalizzata all’adattamento, che è garantito dall’interdipendenza tra le varie componenti dell’emozione. La regolazione emotiva e la capacità di coping rappresentano gli strumenti di riferimento per l’adattamento individuale. Competenza emotiva e processi di socializzazione Parlare di competenza emotiva significa comprendere che la persona riesce a realizzarla in forma più o meno compiuta a seconda del livello di integrazione e buon funzionamento raggiunto da ciascuna componente del fenomeno emotivo a seconda della adeguata interdipendenza e collegamento tra le varie componenti. È importante capire come i bambini sviluppano la loro cultura emozionale intesa come una serie di conoscenze, metafore e concetti concernenti le emozioni che essi apprendono all’interno di specifiche situazioni relazionali che costituiscono i loro contesti di socializzazione emotiva , ossia i contesti in cui apprendono significati, comportamenti e regole associati alle emozioni. Solo dopo aver compreso il significato culturale di un’emozione i bambini sono in grado di avere un ruolo attivo su di essa imitandola, evocandola, sopprimendola, ingrandendola o evitandola. La competenza emotiva implica quindi sia conoscenze sia abilità di comportamento e in particolare comporta saper esprimere e interpretare le azioni e i comportamenti emotivi, saper controllare l’espressione di emozioni inadeguate e saper esprimere quelle adeguate in modo spontaneo, riconoscere i termini che compongono il vocabolario emotivo e infine saper fronteggiare le emozioni dolorose senza perdere la propria organizzazione. Denham individua 3 elementi per comprendere la qualità della nostra competenza emotiva: l’espressione delle emozioni, la loro comprensione e la loro regolazione (sia per emozioni positive sia negative). Saarni – otto abilità basilari: Temperamento, comportamenti dei genitori, interazione familiare e sociale = ruolo fondamentale.

La voce La voce rappresenta l’interazione tra espressione e attivazione: il suo potere evocativo si esprime per quanto viene detto e per come viene detto, grazie alla modulazione del ritmo, dell’intonazione e dell’eloquio. L’intenzionalità contraddistingue il linguaggio parlato e si ritrova in misura minore nell’espressività non verbale. Il volto permette un maggiore controllo rispetto alla voce. La voce esprime INTENSITA’ EMOTIVA. Esistono voci gradevoli e sgradevoli, il tono può dar vita a una voce Grave, Bassa o Acuta. I diversi toni della voce esprimono il bisogno di connessione e contatto interpersonale, con diversi gradi di credibilità e sono capaci di attivare reazioni emotive diverse. La voce è espressore di diversi stati emotivi in gran parte involontario, può anche essere educabile e può essere segnalatore dell’arousal. È uno dei primi canali con cui entra in contatto il bambino (feto), che riesce presto a riconoscere la voce della mamma. Il sistema aptico La prossemica riguarda l’uso dello spazio e della distanza interpersonale come marcatori dello scambio emotivo. Il sistema aptico riguarda le azioni di contatto corporeo con gli altri (massaggiare, accarezzare). Con questo sistema costruiamo il legame. Se manca, manca qualcosa di molto importante. Il tocco è legato al grado di vicinanza affettiva emotiva che c’è tra due persone. Il tocco può anche essere traumatico; per esempio, il solletico può essere divertente oppure può essere traumatico nel momento in cui dura troppo. Perciò il tocco può rilassare o irrigidire. Solitamente il tocco porta a una regolazione emotiva, a consolazione e quindi a tranquillità. Il canale non verbale Il canale non verbale dice QUANTO siamo attivati, esprime quindi il livello di attivazione (arousal). Vi è un’interazione tra programmi espressivi innati e pratiche di socializzazione. Ekman e Friesen parlano dell’esistenza di una serie di regole denominate display rules che permettono di attenuare, intensificare, neutralizzare o dissimulare un’espressione emotiva in funzione del contesto socioculturale di occorrenza e delle regole di socializzazione apprese. È in età prescolare che i bambini cominciano ad apprendere le regole implicite che regolano l’esibizione emotiva e a esercitare un controllo volontario sulle espressioni facciali. Anche se le espressioni del volto hanno una caratteristica universale, la loro manifestazione risulta comunque influenzata dalle regole di esibizione che, in maniera tipica per ogni cultura, le persone acquisiscono nel corso dei processi di socializzazione. Es: bambino che riceve un dono indesiderato esprime il suo disappunto solo se le pratiche di socializzazione gli avranno insegnato che è possibile esprimere rabbia in seguito a una delusione, altrimenti cercherà di mascherare la propria emozione, dissimulandola a livello espressivo con una più positiva. Le emozioni sono BIDIREZIONALI. Verso l’esterno attraverso l’espressione, ma sono qualcosa che influisce sui nostri stati interni. Anche l’azione ha un modo di regolare il nostro stato interno. LA REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI Tra stimolo e risposta 5 famiglie di strategie regolatorie agiscono sui processi di attenzione e di valutazione (appraisal). Non sempre si tratta di processi consapevoli.

1-Selezione della situazione 2-Modificazione della situazione 3-Processi attentivi  l’attenzione è uno dei fattori più importanti della regolazione emotiva. Se non riesco a modulare e controllare l’attenzione sono disregolato a livello emotivo e molto impulsivo. 4-Cambiamento cognitivo 5-Modulazione della risposta anche agendo diversamente posso regolare l’emotività Effetti La regolazione emotiva è quel processo che consente agli individui di attingere alle loro risorse psicologiche per rispondere in maniera adattiva e flessibile alle richieste dell’ambiente. Regolare le emozioni ha effetti su: -Esperienza emotiva – il modo in cui viene vissuta l’emozione -Correlati neurali e fisiologici – livello e qualità dell’arousal -Indici espressivi e comportamentali -Indici cognitivi – pensieri associati e qualità dell’attenzione -Tipo di azione o comportamento intrapreso – pianificato, impulsivo Nel 1962 Schachter aveva formulato la teoria dei due fattori o teoria cognitivo-attivazionale , secondo cui l’emozione risulta dall’interazione di almeno 2 componenti: una di natura fisiologica e diffusa nell’organismo (arousal), l’laltra di natura psicologica, implicante la percezione e valutazione (appraisal) di questo stato di attivazione. L’importanza dei processi valutativi si vede anche da questo esempio: provo paura se sento rumori in casa e penso siano ladri, provo sollievo se sento rumori in casa e penso sia mio figlio che rientra. Gli effetti della regolazione riguardano sia il tipo di emozione esperita, sia la sua dinamica processuale ossia l’intensità con cui essa si manifesta, il tempo di latenza, la sua durata e il suo recupero che possono essere ridotti o incrementati. IL SNC E LE COMPONENTI IMPLICATE NELLA REGOLAZIONE EMOTIVA Specifiche parti e aree del cervello sono deputate sia al processamento e alla regolazione delle emozioni Nelle aree più antiche del SNC (le regioni sottocorticali) risiedono circuiti o sistemi neurali delle emozioni che vengono regolati dai processi neocorticali superiori. Nella relazione madre-bambino e in altre relazioni affettive esiste una forma di sincronia bio- comportamentale in cui diversi e numerosi livelli del funzionamento individuale vanno “all’unisono” quando l’interazione diventa sintonica: il livello comportamentale, il livello del funzionamento fisiologico, il funzionamento del sistema nervoso autonomo, del sistema endocrino e dei circuiti neurali. I meccanismi cerebrali che sono alla base della nostra vita emotiva sono associati a un complesso sistema di strutture cerebrali corticali e sottocorticali chiamato sistema limbico , all’interno del quale l’ amigdala svolge un ruolo essenziale essendo la maggiore via di attivazione per l’innesco delle reazioni vegetative, ormonali e motorie correlate alle emozioni. La componente corticale è costituita dal lobo limbico e dalla formazione dell’ippocampo; la componente sottocorticale invece da nuclei del setto, amigdala, talamo, ipotalamo, epitalamo e striato ventrale. La componente sottocorticale è il cervello più antico (è considerata la centralina delle emozioni) e vede nell’amigdala una componente centrale che, tramite un sistema complesso di afferenze – olfattive, viscerali e provenienti dalla corteccia visiva, uditiva e somatosensitiva – e di connessioni reciproche con la corteccia prefrontale e con il cingolo anteriore, svolge la funzione di “centralina” per l’esperienza e la regolazione dei nostri stati emotivi e motivazionali, collegandoli a varie altre funzioni (se sottostimolata è più piccola, se sovrastimolata è più grande). (Quindi il sistema limbico svolge una funzione primaria nella regolazione degli istinti primari connessi alla funzione olfattiva, nell’elaborazione delle emozioni, nella formazione delle memorie recenti (ippocampo) e nella regolazione delle risposte viscerali o autonomico/omeostatiche (ipotalamo). La corteccia prefrontale orbito-mediale è deputata alla modulazione della risposta emotiva.

un’azione benefica sull’intestino, mostrano minore stress e risultano più capaci di esplorare in maniera libera l’ambiente. Asse intestino-cervello: esempi di influenze bidirezionali Sia in età infantile che in età adulta lo stress prolungato e ripetuto è in grado di modificare il microbiota dell’intestino. L’intestino a sua volta reagisce allo stress producendo citochine infiammatorie, che provocano una serie di effetti negativi sul metabolismo, sistema immunitario, sistema ormonale e sistema psichico. Un aumento di batteri risulta collegato ad alcuni effetti dello stress cronico sulla vita psichica, come la depressione, con relativo funzionamento alterato sia della risposta emotiva sia della risposta neurobiologica del SNC. Sono stati condotti diversi studi sui topi. Le ricerche hanno reclutato topi privi di germi (denominati germ free ), nel tentativo di rendere le condizioni sperimentali del modello animale più simili a quelle di un modello umano. In uno studio di Sudo et al. si confrontano le risposte di questi animali ad alcuni stimoli stressanti e si misurano i livelli di corticotropina (ACTH) e del corticosterone (tipici ormoni dello stress) sia nel sangue dei topi germ free sia in quello del gruppo di controllo. I risultati hanno mostrato che i topi germ free si distinguevano dal gruppo di controllo in quanto di fronte a stimoli stressanti i loro livelli ormonali erano più alti, attestando il coinvolgimento della flora intestinale batterica nella risposta allo stress. Successivamente i ricercatori hanno rilevato come la risposta allo stress poteva tornare normale nei topi germ free a seguito dell’inoculazione del batterio Bifidobacterium infantis (uno tra i primi microorganismi che colonizzano il tratto gastrointestinale dopo la nascita). Uno studio di Bercik et al. ha dimostrato che infettando i topi non solo si assisteva a una lieve infiammazione intestinale, ma livelli di BDNF (una neurotrofina essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza neuronale, la plasticità sinaptica e la funzione cognitiva) risultavano diminuiti nell’ippocampo, provocando come conseguenza un comportamento di tipo ansioso nei topi. Somministrando agli stessi animali microbioti benefici e funzionali al ripristino del buon funzionamento intestinale, la risposta ansiosa diminuiva fino all’estinzione. Questi studi sembrano indicare la presenza di un funzionamento bidirezionale delle influenze tra cervello e intestino, attestando il coinvolgimento del corpo nel funzionamento emotivo. IL RUOLO DEL TEMPERAMENTO Il temperamento è un fattore innato di natura biologica. Tra le definizioni di temperamento i fattori ampiamente riconosciuti vanno da 3 a 5 e includono il livello individuale di 1)neuroticismo  emotività negativa in forma di irritabilità, preponderanza di emozioni negative 2)estroversione emotività positiva, attività/dinamismo 3)disinibizioneimpulsività (tre fattori) 1)estroversione dinamismo, dominanza 2)amicalità cooperatività/empatia, cordialità/atteggiamento amichevole 3)coscienziosità scrupolosità/perseveranza 4)stabilità emotivacontrollo delle emozioni/controllo degli impulsi 5)apertura mentaleapertura alla cultura, apertura all’esperienza (cinque fattori) Lo studio del temperamento offre un contributo nel comprendere come si definiscono le differenze individuali della risposta emotiva nel corso dello sviluppo.

TRA TEMPERAMENTO E SOCIALIZZAZIONE

Nell’interazione tra i tratti temperamentali e risposta emotiva i processi implicati presentano le seguenti caratteristiche: a) sono identificabili precocemente nello sviluppo, a partire dalla prima infanzia b) sono tracciabili nel loro sviluppo nel tempo c) si riflettono nella biologia e nei comportamenti individuali d) risultano fondati nella storia evoluzionistica della specie. Temperamento e risposta emotiva hanno tra loro un evidente collegamento. A livello psicoeducativo si sono sviluppati brevi programmi di intervento per genitori che guidano alla conoscenza delle caratteristiche dei tratti temperamentali dei bambini, con la finalità di rendere i genitori maggiormente consapevoli delle ragioni per cui i bambini rispondono emotivamente in un certo modo a determinati comportamenti e, soprattutto, per modificare alcuni comportamenti genitoriali che sono involontariamente detonatori di risposte emotive esagerate o fuori controllo da parte dei bambini.

sviluppo diverso, viene iper-stimolata e diventa più grande; quindi questi bambini che diventeranno adulti e magari non avranno più maltrattamento rimarranno comunque predisposti a rispondere con iperattività agli stimoli senza riuscire ad avere una risposta equilibrata da un congruo intervento delle aree corticali prefrontali e con conseguente maggiore propensione a esporsi in situazioni con comportamenti di rischio.

CAPITOLO 3 – INFANZIA

I CONTESTI DELLO SVILUPPO

I bambini crescono in specifici ambienti corredati di stimoli “prossimali”, ossia direttamente accessibili tramite interazione, inseriti a loro volta in contesti più ampi e con presenza di stimoli “distali”, ossia non raggiungibili tramite interazione diretta. Esempio di stimolo prossimale sono le sollecitazioni ricevute da genitori, fratelli, nonni. Esempio di stimolo distale è l’ambiente socioculturale e lo status socioeconomico. -Scuola -Famiglia Sono luoghi dello sviluppo infantile, entrambi contesti di crescita del bambino e quando mancano di solito ci sono dei surrogati. I contesti di crescita mutano nel tempo e l’età è un fattore determinante per capire come i diversi elementi in gioco nei contesti esercitino la loro influenza. LA TEORIA ECOLOGICA DI BRONFENBRENNER Secondo questa teoria l’ambiente è organizzato in una serie gerarchicamente ordinata di contesti o sistemi inclusi uno nell’altro: -MACROSISTEMA è il più esterno e comprensivo, riguarda la politica sociale e dei servizi (Es: offro servizi pubblici o privati? Offro servizi a mamme maltrattate o sole?) -l’ESOSISTEMAcondizioni di vita e di lavoro (Es: avere un lavoro fisso o precario, un genitore che lavora tanto o molto presente, fare un lavoro stressante o soddisfacente) -MESOSISTEMArelazioni tra microsistemi ; questo incorpora a sua volta i -3 MICROSISTEMI scuola, famiglia, coetanei. Lo sviluppo si dipana grazie all’interazione reciproca fra tutti questi sistemi al cui centro si trova il bambino. Tutto questo è un cronosistema, cioè non è uguale a seconda dell’età del bambino. Esiste una dimensione temporale che esprime necessità, bisogni, codici espressivi.

Il luogo elettivo per lo sviluppo precoce (sviluppo dei primi 6 mesi) è la diade genitore-bambino. Lo scambio a due (scambio diadico) è proprio lo scambio in cui il piccolo apprende, il luogo elettivo dello sviluppo e dell’apprendimento del bambino. Usciti dal periodo prenatale, siamo nel periodo preverbale. I bambini ancora non utilizzano il linguaggio; il volto è molto importante nell’interazione, infatti lo scambio viso a viso è fondamentale per lo sviluppo della sinaptogenesi. La sinaptogenesi è un fenomeno che avviene nel periodo neonatale e infantile in modo molto intenso, è la creazione di connessioni neurali che costituisce la base dei numerosi momenti di apprendimento. Vi è un picco delle sinaptogenesi tra i 9-24 mesi di vita. Avviene anche la mielinizzazione. A tre mesi il bambino ha già imparato tantissime cose. La rete neurale si infittisce sempre di più. Tutti costruiamo “autostrade”, collegamenti avvenuti più frequentemente che quindi si irrubostiscono. Avere meno scambi sociali diadici porta ad avere uno sviluppo delle reti neurali più moderato. SVILUPPO PRECOCE E PROTOCONVERSAZIONI (o protodialoghi) A partire da circa 2 mesi di vita, grazie alla comunicazione face to face , si creano i primi protodialoghi emotivi o protoconversazioni , con contenuti ma soprattutto ritmi che ne definiscono la qualità. La comunicazione faccia-a-faccia non dev’essere troppo lontana (circa 40-50 cm). In questa comunicazione ci sono tanti effetti bidirezionali. Il bambino è una fonte inesauribile di stimolazione affettiva ed emotiva. In questo scambio contano il ritmo e l’alternanza dei turni. Il ritmo di un bambino prematuro è diverso da quello di un bambino con disabilità ecc. (Es: sento emozioni negative se sono costretto ad alterare il mio bioritmo perché non viene rispettato.) Se l’adulto lascia al bambino il suo turno nel parlare, cresce il “senso di sé” e anche l’autostima. Fin dai primi mesi il bambino possiede un insieme di competenze che lo orienta a interagire e comunicare con gli altri in maniera efficace e puntuale ( innate protoconversational readiness ), utilizzando una gamma di segnali che concorrono a formare un vero e proprio dialogo sociale. Il neonato possiede, secondo Trevarthen, una motivazione innata a comunicare che si esprime molto precocemente attraverso l’uso di segnali come lo sguardo, le vocalizzazioni, la mimica facciale, la capacità di utilizzare regole conformi a quelle che governano le conversazioni, come l’alternanza dei turni. Quindi è già presente una prima forma di consapevolezza dell’altro come interlocutore. Nella teorizzazione di Trevarthen emerge come la consapevolezza sé-altro sia regolata dalla capacità di usare le emozioni come strumenti di regolazione di equilibri dinamici di interessi e iniziative con gli altri. Anche i neuroni specchio hanno un ruolo importante, infatti siamo predisposti a intersoggettività grazie a questo supporto neurale. Le funzioni di mirroring e di marcatura (il rinforzo al gesto del bambino che si conclude con un sorriso) svolgono un ruolo fondamentale che, se mancante o compromesso, lascia le sue tracce evolutive.

[I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si trova nelle aree della corteccia prefrontale e parietale. Presentano la caratteristica di attivarsi sia quando un soggetto esegue un movimento, sia quando un soggetto vede il movimento eseguito da un altro. Hanno portato alla formulazione dell’ipotesi che possano consentire una speciale forma di comprensione interpersonale, di natura intuitiva e pre- concettuale, definita per questo comprensione “incarnata”. Anche nel caso della comprensione emotiva, il sistema specchio garantisce un’identica attivazione di aree cerebrali, sia nel caso in cui l’emozione sia provata dal soggetto in prima persona, sia quando l’emozione venga osservata nell’altro; in questo senso il meccanismo neurofisiologico a specchio rende ragione di esperienze empatiche in cui ci immedesimiamo nell’altro e ci rendiamo sensibili a provare emozioni analoghe a quelle provate da un’altra persona.] Nella gamma di protodialoghi emotivi esistono differenze individuali:

  • Dialogo collaborativo: è caratterizzato da apertura della consapevolezza e dello spazio intersoggettivo, flessibilità e creatività.
  • Dialogo incoerente o contraddittorio: presenta un fallimento del dialogo collaborativo e dei tentativi di riparazione. Discordanze intermodali e procedure contraddittorie usate simultaneamente o in sequenza. C’è scarsa flessibilità nel dialogo, i canali comunicativi sono più unidirezionali e con minore collaborazione. Es l’incoerenza tra canale verbale e non verbale. Nel corso della giornata le sintonizzazioni e le non sintonizzazioni sono frequenti, anche le non sintonizzazioni sono importanti e non hanno necessariamente valore negativo. SVILUPPO EMOTIVO E RELAZIONALE PRIMA INFANZIA E IMITAZIONE A 2-3 settimane risponde in maniera differenziata al movimento di persone e oggetti, mostrando “attenzione affettiva”. Un altro aspetto di comportamenti prototipici è il fatto che a 2-3 settimane i bambini amano il movimento e hanno delle preferenze e la preferenza è verso il movimento di persone e di oggetti animati (attenzione affettiva). A un mese e mezzo circa guardano nella direzione in cui guarda la madre, questo fa notare quanta influenza abbia il caregiver sul bambino. Un genitore esplorativo sarà sicuramente diverso da un genitore depresso e fermo. Già a poche ore di vita il neonato riconosce il volto e la voce della madre, è capace di imitazione se posto in interazione faccia-a-faccia con un partner ed è connesso all’altro. Es: un papà fa una linguaccia e il bambino appena nato anche questo è importante perché l’imitazione non è ripetizione meccanica di un gesto, è connessione emotiva. L’imitazione può avvenire già entro le prime ore dalla nascita. Il bambino è biologicamente preparato a percepire le corrispondenze cross-modali tra forme, tra ciò che percepisce sulla faccia dell’altro e cosa sente sulla sua faccia. Percependo le corrispondenze cross-modali il bambino e il caregiver sentono reciprocamente, sentono se e quanto è condiviso. (Quello dell’altro è simile a quanto sento in me?) Si può quindi imitare la protusione della lingua oppure i suoni, i movimenti. In particolare: -alla nascita si può avere imitazione di movimenti del volto e sbattimento di palpebre -a 2 mesi imitazioni di movimenti della testa, del tronco, delle braccia e delle mani -a 3 mesi imitazione di traiettorie del corpo -a 6 mesi imitazione di azioni familiari semplici (battere/scuotere) e imitazione differita di 24 ore di un’azione rinforzata -a 9 mesi primi apprendimenti attraverso la sola osservazione -a 12 mesi imitazione sia dell’azione che dello scopo -a 18 mesi imitazione di azioni complesse in sequenza [Nell’imitazione c’è una connessione intima molto profonda (es: se mi imitano male, io mi posso vergognare e sentire il giudizio dell’altro). L’imitazione presuppone di dire all’altro “io ti accetto così come sei”. (Con una persona disabile, con limiti e condizioni dettate dalla disabilità, se noi proviamo a imitare i suoi gesti ci accorgeremo che la persona si accorge di noi.)

Entro le 6-8 settimane vi è quindi una progressiva diminuzione dei ritmi endogeni e acquisizione di un’organizzazione regolata dall’esterno. Il sorriso è un segnale molto forte come segnale di attaccamento, si trasforma a 2 mesi diventando sorriso sociale (non più endogeno), è la capacità di sorridere in risposta a un volto o una voce benevola. Il genitore si rivolge al bambino in modo speciale e lo fa in maniera del tutto naturale, adottando un linguaggio che, per le sue peculiarità, assume il nome specifico di motherese o Infant Directed Speech. Esistono tuttavia evidenti differenze individuali che dipendono dalla storia di vita del genitore. Nelle interazioni con il proprio piccolo, in maniera appunto in gran parte spontanea, la madre utilizza vocali allungate, toni alti, ritmo lento, pause lunghe, ripetizioni, sottolineature e accentuazioni delle parole. Adotta naturalmente una prosodia (la parte ritmica e melodica della voce) diversa. Questo modo di parlare ha la caratteristica di trasmettere affetto e accoglienza, in continuità con quanto si verifica già a livello prenatale. Modi diversi di rivolgersi al bambino daranno luogo a sensi di sé diversi nei piccoli impegnati in quelle interazioni. Sempre più presenti oggi nelle pratiche educative, anche i padri usano il baby talk e contribuiscono alla nascita dell’intersoggettività primaria. Quindi sempre intorno ai due mesi iniziano i processi di mutua regolazione e co-regolazione tra padre e neonato. Si sta studiando come il modo di interagire del padre sia diverso da quello della madre e come le interazioni giocose siano più frequenti con il padre. Con la transizione al 9 mese parliamo di intersoggettività secondaria. Un indicatore di questo passaggio è il pointing (richiestivo e protodichiarativo). Il pointing protodichiarativo è quello per cui indica un oggetto e condivide con la madre un commento, questo perché c’è interesse per la condivisione sociale. Nei bambini con spettro autistico potremo osservare a 9 mesi che non passeranno al pointing protodichiarativo. L’esperienza dell’intersoggettività primaria dei mesi precedenti si arricchisce quindi di una forma di condivisione dell’attenzione su un oggetto; si osserva che il piccolo, durante il gioco, alterna spontaneamente il suo sguardo tra l’oggetto, il volto dell’adulto, ancora l’oggetto condividendo con il genitore attenzione e interesse. Questo apre il campo alla comprensione dell’intenzionalità e degli stati mentali dell’altro, ossia allo sviluppo della teoria della mente. A partire dagli 8-10 mesi si manifesta il “riferimento sociale ”: di fronte a una situazione non familiare o di incertezza il bambino ricerca attivamente il commento dell’adulto per “decidere” cosa fare, invece di rispondere immediatamente come avrebbe fatto nei mesi precedenti. Ad esempio, prima di avvicinarsi a un cane guarda il volto del genitore per osservare la sua espressione e se questa è di benevolenza si avvicina, se è di allarme si allontana.

COMPORTAMENTI MATERNI SENSIBILI E NON

Intrusività materna tutto ciò che anticipa e sostituisce l’iniziativa individuale del bambino e correla con minore autonomia e maggiore dipendenza

Comportamenti materni mentalizzati e mentalizzanti

LA CO-REGOLAZIONE EMOTIVA

Tutto questo è CO-REGOLAZIONE che aiuta ad arrivare all’autoregolazione. Anche da adulti siamo sia autoregolati sia eteroregolati. LO SVILUPPO DELLA REGOLAZIONE La regolazione può fare riferimento a fattori intrinseci (es. temperamento, sviluppo degli organi) e fattori estrinseci (comportamento del genitore). Quando facciamo riferimento ai fattori intrinseci ci stiamo riferendo ai processi di autoregolazione , mentre quando facciamo riferimento a quelli estrinseci ci riferiamo a strategie eteroregolatorie. Nella prima situazione il bambino fa riferimento a sé per dare inizio al tentativo di regolazione emotiva, nella seconda fa riferimento all’intervento dell’altro su di sé. Autoregolazione ed eteroregolazione non hanno un peso uguale nel corso dello sviluppo, così come si possono presentare in maniera differente tra gli individui; più il bambino è piccolo più è la seconda ad avere maggiore spazio, quindi nello sviluppo abbiamo un passaggio da una prevalenza di fattori estrinseci a una prevalenza di fattori intrinseci.