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psychology facts and curiosities, Schemes and Mind Maps of Psychology

psychology and the schizofrenia phases

Typology: Schemes and Mind Maps

2022/2023

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La schizofrenia, dal punto di vista medico, è un disturbo caratterizzato da alterazione del pensiero,
della percezione, del comportamento e dell’affettività. Si manifesta condeliri,allucinazioni, eloquio
disorganizzato, comportamento disorganizzato o catatonico e sintomi negativi.
Gli individui affetti da schizofrenia spesso mostrano affettività inadeguata,umore
disforico(depressione,ansia,rabbia) e alterazione del ritmo sonno/veglia; possono verificarsi
anchedepersonalizzazione,derealizzazionee preoccupazioni somatiche.
Tra ideficit cognitivispesso si riscontra una diminuzione della memoria, delle funzioni
linguistiche, della velocità di elaborazione e dell’attenzione.
Alcuni soggetti con schizofrenia mostrano deficit nella cognizione sociale e spessomancano di
consapevolezza di malattia(DSM-5, 2013).
In neuropsicologia e neurolinguistica, è stata applicata un’analisi linguistica dettagliata ad una serie
di “anomalie”, tra cui la schizofrenia.
Numerosi studi hanno dimostrato che pazienti affetti da schizofrenia presentano:
La difficoltà nell’individuare la parola corretta e coerente ad un determinato
discorso/contesto;
Accesso lessicale compromesso;
(fattori che portano alla) Elaborazione di discorsi vaghi ed ambigui.
Andreasen è stato il primo, con il suo studio compiuto nel 1979, a descrivere il linguaggio dei
pazienti affetti da schizofrenia, notando in loro le seguenti caratteristiche:
- Povertà di linguaggio (scarsa proprietà di linguaggio);
- Incoerenza ed Illogicità;
- Parafasia (disturbo del linguaggio consistente nella trasposizione di singoli elementi fonetici o di
sillabe, o anche in una inversione dell'ordine delle parole);
-Ecolalia (l'abituale ripetizione, nel parlare, di una o più parole della frase);
- Stilted speech (discorso ampolloso; che non è altro che un linguaggio che risulta essere
eccessivamente formale per un determinato contesto).
Le teorie di Andreasen sono state poi riportate nel DSM-III del 1980.
Qualche anno più tardi, però, nel 1994, lo stesso DSM semplifica le descrizioni linguistiche dei
pazienti affetti da schizofrenia affermando che i pazienti affetti da schizofrenia presentano una
scarsa proprietà di linguaggio e, di conseguenza, la difficoltà nell’elaborare discorsi coerenti.
Inoltre, è possibile riferirsi alla schizofrenia con l’espressione “the disorganization dimension”
proprio perché considerata da medici e linguisti una “dimensione disorganizzata”.
L’obiettivo principale dell’articolo che c’è in dispensa è quello di essere in grado di distinguere, in
linguistica, i fenomeni della schizofrenia dai fenomeni del bilinguismo. Il che è molto complicato
data la sovrapposizione dei due eventi.
Per questo motivo, è stato proposto e poi effettivamente portato avanti un esperimento.
Dato l’enorme flusso migratorio di pazienti affetti da schizofrenia, si è pensato di studiare, dal
punto di vista clinico in che modo la loro malattia abbia influito all’apprendimento di una seconda
lingua.
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La schizofrenia, dal punto di vista medico, è un disturbo caratterizzato da alterazione del pensiero, della percezione, del comportamento e dell’affettività. Si manifesta con deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento disorganizzato o catatonico e sintomi negativi. Gli individui affetti da schizofrenia spesso mostrano affettività inadeguata, umore disforico (depressione, ansia, rabbia) e alterazione del ritmo sonno/veglia; possono verificarsi anche depersonalizzazione, derealizzazione e preoccupazioni somatiche. Tra i deficit cognitivi spesso si riscontra una diminuzione della memoria, delle funzioni linguistiche, della velocità di elaborazione e dell’attenzione. Alcuni soggetti con schizofrenia mostrano deficit nella cognizione sociale e spesso mancano di consapevolezza di malattia (DSM-5, 2013). In neuropsicologia e neurolinguistica, è stata applicata un’analisi linguistica dettagliata ad una serie di “anomalie”, tra cui la schizofrenia. Numerosi studi hanno dimostrato che pazienti affetti da schizofrenia presentano:  La difficoltà nell’individuare la parola corretta e coerente ad un determinato discorso/contesto;  Accesso lessicale compromesso;  (fattori che portano alla) Elaborazione di discorsi vaghi ed ambigui. Andreasen è stato il primo, con il suo studio compiuto nel 1979, a descrivere il linguaggio dei pazienti affetti da schizofrenia, notando in loro le seguenti caratteristiche:

  • Povertà di linguaggio (scarsa proprietà di linguaggio);
  • Incoerenza ed Illogicità;
  • Parafasia (disturbo del linguaggio consistente nella trasposizione di singoli elementi fonetici o di sillabe, o anche in una inversione dell'ordine delle parole); -Ecolalia (l'abituale ripetizione, nel parlare, di una o più parole della frase);
  • Stilted speech ( discorso ampolloso ; che non è altro che un linguaggio che risulta essere eccessivamente formale per un determinato contesto). Le teorie di Andreasen sono state poi riportate nel DSM-III del 1980. Qualche anno più tardi, però, nel 1994, lo stesso DSM semplifica le descrizioni linguistiche dei pazienti affetti da schizofrenia affermando che i pazienti affetti da schizofrenia presentano una scarsa proprietà di linguaggio e, di conseguenza, la difficoltà nell’elaborare discorsi coerenti. Inoltre, è possibile riferirsi alla schizofrenia con l’espressione “the disorganization dimension” proprio perché considerata da medici e linguisti una “dimensione disorganizzata”. L’obiettivo principale dell’articolo che c’è in dispensa è quello di essere in grado di distinguere, in linguistica, i fenomeni della schizofrenia dai fenomeni del bilinguismo. Il che è molto complicato data la sovrapposizione dei due eventi. Per questo motivo, è stato proposto e poi effettivamente portato avanti un esperimento. Dato l’enorme flusso migratorio di pazienti affetti da schizofrenia, si è pensato di studiare, dal punto di vista clinico in che modo la loro malattia abbia influito all’apprendimento di una seconda lingua.

Nel nostro caso specifico, sono stati presi in considerazione 10 pazienti, che parlano come L1 il russo e come L2 l’ebraico, ai quali è stata diagnosticata la malattia solo dopo essere diventati fluenti anche nella seconda lingua. I 10 pazienti (8 uomini e 2 donne), sono stati selezionati tra 60 pazienti inizialmente osservati. I requisiti richiesti per poter partecipare allo studio erano:

  1. Una diagnosi di schizofrenia antecedente di due anni dall’inizio dello studio;
  2. Essere madrelingua russo;
  3. Aver acquisito l’ebraico dopo essere immigrati ad Israele;
  4. Rientrare nel (PANSS);
  5. Una condizione psichiatrica stabile;
  6. Avere tra i 18 e i 60 anni. È stato possibile raccogliere i dati tramite alcune interviste/colloqui, il cui principale obiettivo era quello di ottenere informazioni riguardo il background familiare e l’esperienza di immigrazione. Le “parole” degli intervistati sono state analizzate e valutate da un punto di vista linguistico, prendendo in considerazione una serie di caratteristiche, quali sintattiche, lessicali, pragmatiche e di discorso. Con ogni paziente sono state condotte due interviste: ad ogni partecipante è stata data la possibilità di scegliere la lingua del primo colloquio (tra russo ed ebraico). Le domande erano le stesse in entrambe le lingue. In tutti casi (tranne uno in cui il russo è stato scelto come lingua per la prima intervista), è stato possibile evidenziare i caratteri della schizofrenia nella seconda lingua. Le interviste, e quindi i dati, sono state trascritte, sia in russo che in ebraico. Sono state prese in considerazione circa 3000 parole, alle quali è stata applicata un’analisi linguistica, considerando i marcatori clinici, linguistici e di fluidità