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Roman History lesson 1, Lecture notes of History

introduction to roman history and culture. View of literature and religion

Typology: Lecture notes

2019/2020

Uploaded on 04/03/2020

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1 lezione 18 settembre
Ci sono dei punti in cui lezione e manuale non coincidono (differenti interpretazioni)->si sceglie quella più
concordante con le fonti a proprio parere.
La storia romana è importante perché è l’unico esempio nell’antichità in cui una piccola potenza ha saputo
unificare tutto il mediterraneo in un processo secolare di guerre e conquiste. Questo processo fu reso
possibile dalla straordinaria duttilità delle istituzioni romane: la roma delle origini era una città-stato, una
polis, con istituzioni corrispondenti (re, assemblea popolare, ristretta assemblea di nobili e abbienti/senato)
simile a quella di sparta (re, senato, assemblea popolo) o atene (assemblea ristretta, allargata e arconti)->la
città antica tende sempre ad avere istituzioni con un capo, un gruppo di anziani con potere consultivo che
prende via via sempre più potere, con omogeneità fra i membri (es proprietari terrieri ricchi), e
un’assemblea del popolo. Queste istituzioni vanno bene per una città stato, ma non se la città diventa
capitale di grandi territori: quando la città-stato diventa impero come governa sulle sue regioni? Roma è
riuscita a mantenere le proprie antiche istituzioni ma allo stesso tempo adattarle alle esigenze di un grande
impero territoriale, ma il nucleo fondante della città stato rimane fino al I sec a.c. (600 anni circa).
Es ci sono 2 consoli annuali, ognuno con un ambito di comando militare, che mentre sono assenti per le
loro campagne vengono sostituiti da sempre più figure: le istituzioni repubblicane, nate per una città-stato,
alla lunga non sono più adatte per una realtà imperiale e quindi si disfanno con le guerre civili. C’è quindi
bisogno di un solo capo, unico a poter regnare su un grande impero e unico ad avere il potere: nell’antichità
i grandi imperi sono sempre state monarchie, mentre roma è riuscita a conquistare questi territori come
repubblica, convertendosi in impero per mantenerli.
Nel corso di questo processo lungo e complicato roma fu più volte vicina a cadere, resistendo però grazie
alla sua duttilità istituzionale. Es nella repubblica romana arcaica, venivano affidati ai consoli i governi di
alcuni territori, in cui rimanevano un anno per pacificarli e poi tornavano a roma; con il tempo però solo 2
consoli erano pochi, e quindi vengono istituite figure con la funzione di un console, il pro-console (il che era
impensabile per i greci ad es). i romani NON INVENTANO, MA ADATTANO LE ISTITUZIONI ESISTENTI.
La creazione dell’impero provo profondi mutamenti economico-sociali: roma nasce come villaggio di
pastori-agricoltori, e con il tempo ha un aumento della ricchezza che non viene distribuita in modo uguale
ma concentrata sempre più. Nascono quindi dei meccanismi compensativi per evitare situazioni
rivoluzionarie: es per disattivare la forza politica delle masse povere viene creato l’istituto della clientela,
con un personaggio ricco che si fa protettore di molti individui bisognosi e poveri, creando un rapporto
personale di dipendenza-protezione. Il cliente dal canto suo ricompensava il patrono alle future elezioni
votando per lui->clientela=creazione di un bacino elettorale da parte dei più abbienti, passando
dall’elemosina fino alla costruzione di terme e organizzazione di giochi gladiatori, per creare grandi masse
popolari.
Viste queste compensazioni istituzionali, il potere politico è nelle stesse mani di chi detiene quello
economico (es senatori romani=famiglie agiate=certo livello culturale ed economico). Questa
ARISTOCRAZIA DEL DENARO dava continuità alla vita politica romana, garantita non dai vari magistrati,
consoli ecc, in carica solo 1 anno, ma dall’unico organo permanente, il senato. La politica estera è quindi
appannaggio di questa aristocrazia culturalmente, economicamente e politicamente dominante.
2 lezione 19 settembre
CONTINUITA’ DEL POTERE ARISTOCRATICO che ha governato roma per 1000 anni, rappresentata da una
ristretta cerchia di proprietari terrieri (cambiavano le famiglie ma rimaneva l’aristocrazia)->l’aristocrazia
pur, cambiando nella composizione delle famiglie che la componeva, ebbe una continuità culturale e
religiosa fino al cristianesimo. In certo qual modo questa continuità culturale rimane anche nei regni
romano-barbarici, e va oltre quella puramente religiosa (permane anche dopo i vari editti di costantino e
teodosio).
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1 lezione 18 settembre Ci sono dei punti in cui lezione e manuale non coincidono (differenti interpretazioni)->si sceglie quella più concordante con le fonti a proprio parere. La storia romana è importante perché è l’unico esempio nell’antichità in cui una piccola potenza ha saputo unificare tutto il mediterraneo in un processo secolare di guerre e conquiste. Questo processo fu reso possibile dalla straordinaria duttilità delle istituzioni romane: la roma delle origini era una città-stato, una polis, con istituzioni corrispondenti (re, assemblea popolare, ristretta assemblea di nobili e abbienti/senato) simile a quella di sparta (re, senato, assemblea popolo) o atene (assemblea ristretta, allargata e arconti)->la città antica tende sempre ad avere istituzioni con un capo, un gruppo di anziani con potere consultivo che prende via via sempre più potere, con omogeneità fra i membri (es proprietari terrieri ricchi), e un’assemblea del popolo. Queste istituzioni vanno bene per una città stato, ma non se la città diventa capitale di grandi territori: quando la città-stato diventa impero come governa sulle sue regioni? Roma è riuscita a mantenere le proprie antiche istituzioni ma allo stesso tempo adattarle alle esigenze di un grande impero territoriale, ma il nucleo fondante della città stato rimane fino al I sec a.c. (600 anni circa). Es ci sono 2 consoli annuali, ognuno con un ambito di comando militare, che mentre sono assenti per le loro campagne vengono sostituiti da sempre più figure: le istituzioni repubblicane, nate per una città-stato, alla lunga non sono più adatte per una realtà imperiale e quindi si disfanno con le guerre civili. C’è quindi bisogno di un solo capo, unico a poter regnare su un grande impero e unico ad avere il potere: nell’antichità i grandi imperi sono sempre state monarchie, mentre roma è riuscita a conquistare questi territori come repubblica, convertendosi in impero per mantenerli. Nel corso di questo processo lungo e complicato roma fu più volte vicina a cadere, resistendo però grazie alla sua duttilità istituzionale. Es nella repubblica romana arcaica, venivano affidati ai consoli i governi di alcuni territori, in cui rimanevano un anno per pacificarli e poi tornavano a roma; con il tempo però solo 2 consoli erano pochi, e quindi vengono istituite figure con la funzione di un console, il pro-console (il che era impensabile per i greci ad es). i romani NON INVENTANO, MA ADATTANO LE ISTITUZIONI ESISTENTI. La creazione dell’impero provocò profondi mutamenti economico-sociali: roma nasce come villaggio di pastori-agricoltori, e con il tempo ha un aumento della ricchezza che non viene distribuita in modo uguale ma concentrata sempre più. Nascono quindi dei meccanismi compensativi per evitare situazioni rivoluzionarie: es per disattivare la forza politica delle masse povere viene creato l’istituto della clientela, con un personaggio ricco che si fa protettore di molti individui bisognosi e poveri, creando un rapporto personale di dipendenza-protezione. Il cliente dal canto suo ricompensava il patrono alle future elezioni votando per lui->clientela=creazione di un bacino elettorale da parte dei più abbienti, passando dall’elemosina fino alla costruzione di terme e organizzazione di giochi gladiatori, per creare grandi masse popolari. Viste queste compensazioni istituzionali, il potere politico è nelle stesse mani di chi detiene quello economico (es senatori romani=famiglie agiate=certo livello culturale ed economico). Questa ARISTOCRAZIA DEL DENARO dava continuità alla vita politica romana, garantita non dai vari magistrati, consoli ecc, in carica solo 1 anno, ma dall’unico organo permanente, il senato. La politica estera è quindi appannaggio di questa aristocrazia culturalmente, economicamente e politicamente dominante. 2 lezione 19 settembre CONTINUITA’ DEL POTERE ARISTOCRATICO che ha governato roma per 1000 anni, rappresentata da una ristretta cerchia di proprietari terrieri (cambiavano le famiglie ma rimaneva l’aristocrazia)->l’aristocrazia pur, cambiando nella composizione delle famiglie che la componeva, ebbe una continuità culturale e religiosa fino al cristianesimo. In certo qual modo questa continuità culturale rimane anche nei regni romano-barbarici, e va oltre quella puramente religiosa (permane anche dopo i vari editti di costantino e teodosio).

GIBBON additò in 2 cause le ragioni della decadenza e della caduta dell’impero 1)la religione 2)le invasioni barbariche->si uniscono cause interne a quelle esterne, andando a formare una teoria complessa e non semplicistica. Concentrandosi solo sulle cause interne si fa finire o si segna l’inizio del declino dell’impero nel 310 o 380; sulle cause esterne, il 476 con la deposizione di romolo augustolo, oppure con il grande periodo di instabilità di fine III secolo con lo smembramento dell’impero e le continue successioni al trono e di grandi ribellioni, insieme al grande malcontento sociale che dà l’avvio ad una rivoluzione dall’interno (marxisticamente intesa come le masse che si ribellano, mentre dal punto di vista liberale sarebbe una rivolta delle masse povere e ignoranti vs la cultura e la politica classica). La linea oggi prevalente è quella di considerare una serie di momenti di crisi tutti importanti ma nessuno di per sé decisivo->decadenza legata a molti fattori. Quindi il tramonto del mondo antico avvenne sulla lunga durata, con particolari aspetti che non sono sempre paralleli (es un periodo di crisi politica non è necessariamente anche di cristi culturale). È quindi impossibile indicare un momento preciso della fine dell’impero vista la molteplicità dei fattori che vi hanno concorso; si può addirittura posticipare la data della fine dell’impero a 3 momenti che fanno da cesura fra mondo antico e medioevo 1)morte di giustiniano, 565, autore dell’ultimo tentativo di riconquista dell’occidente e riunificazione impero romano, che portò a una serie di carestie e pestilenze e conseguente crollo demografico, quindi punto di rottura con il passato-

posizione del manuale 2)caduta di costantinopoli, 1453, come dice gibbon 3)crollo dell’impero tedesco nel 1918, cioè dell’ultimo erede dell’impero romano dal punto di vista istituzionale. Le varie teorie della decadenza portano a diverse periodizzazioni: sottolineando gli aspetti di continuità, quelli di trasformazione verranno presi meno in considerazione (es passaggio da monarchia a repubblica). Gli antichi avevano 2 concezioni della storia 1)lineare (tocqueville, socialisti utopisti, hegel, marx, cristianesimo), si fonda sul concetto che la storia umana è un continuo progresso, che avrà il suo compimento nell’ottenimento della felicità da parte degli uomini. 2)ciclica (polibio, machiavelli, platone, vico), più pessimistica, la storia sarebbe il succedersi di nascite, sviluppo, punto di massimo splendore, decadenza e fine di singole civiltà alle quali ne subentrano altre con uno stesso percorso. Si ritiene quindi che certi fenomeni si ripresentino in varie epoche storiche (es successione di imperi). Gli antichi storici romani scrivono molto tardi, minimo ai tempi di augusto, scrivendo e costatando a posteriori sui benefici che il dominio di roma ha, e quindi partono già con l’idea di questo fine insito nella storia che ha portato al dominio romano. C’è quindi una deformazione storica che partendo dalla constatazione degli esiti finali pone in secondo piano molti esiti secondari o sconfitte militari (es al posto di sconfitta militare si parla di tempesta che distrugge la flotta). Si ha autori così tardi che parlano della storia romana perché i romani a differenza dei greci non furono “precoci” nel raccontare la loro storia, ma lo impararono dai greci, che si interessarono ai romani scrivendo la loro storia quando cominciarono a essere un pericolo alle città della magna grecia. Infatti il primo storico romano scrive in greco, a sottolineare una maggiore tradizione da parte dei greci, ma soprattutto destinando l’opera ai greci stessi. Questo racconto è di parte, perché questo storico, fabio pittore, esalta la sua gens, quella dei fabii; altre gens lo seguono a ruota ognuna celebrando sì roma e i suoi valori ma anche la gens di appartenenza dell’autore, con ovvie posizioni di parte. La prima storia romana è quindi verso la fine del III sec a.c., ignorando 500 anni precedenti. Da questo fatto la credenza fino a pochi anni fa dell’impossibilità di descrivere storicamente dei primissimi anni di roma, a causa della parzialità delle fonti ma soprattutto della loro distanza dai fatti accaduti (come sostenuto da beaufort, un “ipercritico”). Al posto degli annali di questi autori di parte, bisogna rifarsi a documenti più antichi, come le epigrafi e i resti archeologici. Gli storici romani invece 1)usano fonti cattive/di parte 2)scrivono a molta distanza dai fatti accaduti 3)vogliono celebrare, scrivendo sotto augusto, il passato romano; confrontando quindi con le epigrafi e i documenti antichi ci si può rendere conto di quanto questi storici augustei avessero sbagliato. 3 lezione 22 settembre La storia romana non è quella di singoli individui, ma dell’intero popolo: è molto collettivistica. Gli individui importanti ci sono, ma sono solo incarnazione più elevata delle virtù del popolo (ad es in guerra pensavano di essere una massa unica). Esemplificativo il fatto che il comando militare, detto imperium , veniva conferito dal popolo, che lo attribuiva ad un re o ai magistrati annuali->popolo romano=forza collettiva che

Il primo a fare storia è stato fabio pittore nel III sec a.c., farciti di racconti mitici, che collegano la fondazione di roma a già esistenti saghe greche ereditata dalla magna grecia. Si diffonde anche un mito troiano, o altri diversi; alla fine però si afferma questa versione. Questo patrimonio mitico veniva poi modificato o ripreso dalla tradizione orale, che forniva da base per i resoconti storici, e spesso si innestava la celebrazione di un gruppo gentilizio->tradizione gentilizia e orale spesso si intersecano, costruendo un patrimonio di conoscenze storiche anche in assenza di una storiografia. Venivano raccontanti curiosità, fatti, eventi, personaggi, battaglie, curiosità del passato (antiquario, quindi sul perchè si fanno certe cose e come)… queste conoscenze anticipavano e poi accompagnavano la storiografia. 4 lezione 25 settembre QUINDI 1)forte senso storia collettiva prima ancora di scrivere storiograficamente, di scrivere di storia-

erano convinti che essendo in pace con gli dei fossero destinati al successo->forte coesione della società romana seppure non fosse egualitaria ma profondamente divisa in ceti/classi->base dell’acquisizione di un grande impero, perché questa coesione mette una pezza alle grandi differenze economiche. Questa coesione dipende dall’idea che i romani avevano della cittadinanza romana. Necessità di azione collettiva del popolo romano nei confronti dell’esterno, popolo unito vs il nemico malgrado le divisioni interne. Questi valori morali superarono sempre nella mentalità romana ogni considerazione o divisione di carattere politico. Il primo che attribuisce la grandezza romana alla costituzione è un greco, POLIBIO, dopo che roma ha in breve tempo conquistato parte dei balcani e ha vinto la 2 guerra punica, impadronendosi di gran parte del

mondo abitato. Mentre la costituzione moderna deve fare da guida all’attività politica statale e quindi alla legislazione, la costituzione antica non serviva da guida, ma indicava la forma di governo, il modo in cui si ripartiva il potere (es i greci avevano il termine politeia , non sovrapponibile alla costituzione attuale)-

costituzione antica descrizione della forma politica, moderna sia descrizione sia guida della futura azione politica. Per indicare la forma di governo romana, che varia nel tempo (monarchia, repubblica aristocratica con supporto popolare, principato/impero) si usa il termine costituzione in modo quindi leggermente scorretto, al posto di definirla forma di governo. È vero quindi che, come dice polibio, la costituzione romana era molto buona, ma la vera grandezza dei romani era il fattore etico del grande senso di cittadinanza e appartenenza ad una comunità. 2)grandissima devozione nei confronti degli dei: mentre per i greci esisteva un confine fra umano e divino, per i romani già la stessa antropomorfizzazione degli dei è stata una costruzione più tarda, in quanto gli dei erano in qualche modo indefinibili, irrazionali. I romani avevano una credenza in una parte spirituale di sé, il genius (juno per le donne), parte incorporea che ricorda la concezione occidentale di anima e che dopo la morte va a far parte della collettività dei mani, una collettività oltre la morte che richiama quella del popolo romano. C’erano poi divinità della stirpe, i penati (i lari erano della casa), che potevano essere di una gens/famiglia, di una città; sono tutte divinità senza individualità, a sottolineare la presenza oscura della divinità, e anche quelle che avevano una loro individualità potevano essere ermafrodite. Ogni dio individualizzato è quindi già frutto di un’influenza più tarda, greca ed etrusca; all’inizio si avvertiva solo la fosca presenza degli dei, che si manifestavano ad es con i presagi 3)le fonti della storia romana più antica sono per la maggior parte questi prodigi, per la maggior parte nefasti, fino ad arrivare, compilando le varie casistiche degli avvenimenti più negativi, a delineare dei giorni nefasti, interdetti a certe attività, individuando al contempo alcuni giorni feriali destinati al culto e al sacrificio. Si è arrivati al fatto che praticamente metà dell’anno fosse interdetta, in quanto giorno nefasto o di ferie; c’è quindi stato il bisogno di scrivere per ricordare quali fossero i giorni feriali e nefasti separandoli da quelli normali, scrivendo i calendari. Altro tipo di elenco è quello che indicava il numero di anni passati dopo la caduta della monarchia: si è passati da un criterio convenzionale (numero di chiodi infissi sulla parete del tempio) all’elenco dei consoli annuali, fino ad aggiungere anche le altre cariche in carica quell’anno e i principali avvenimenti dell’anno. Queste sono fonti molto utili->calendari ed elenchi dei consoli fonte storica di tipo epigrafico basilare. Oltre a questi fasti consolari, vennero quindi redatti dei fasti trionfali, relativi alle varie imprese compiute (fasto ha assunto quindi il significato attuale di “cosa gloriosa, memorabile”).

Calendari e fasti aiutano a ricostruire i periodi più antichi per cui non c’è una storiografia, neanche fra i gruppi gentilizi più acculturati. Una storiografica fatta di racconti orali è possibile ci sia stata, come in tutti gli altri popoli che ricostruiscono la propria storia tramite racconti epici (su questi racconti, presi un po’ in modo critico, NIEBHUR cerca di sorpassare il problema dell’impossibilità di sapere qualcosa sui primi secoli di roma). Questa tradizione orale, può essere basata sui vari racconti familiari delle varie gens/clan, esaltando anche in un racconto di storia comune le gesta della propria gens. Questi racconti, i carmina convivalia , (carmi conviviali) venivano probabilmente recitati oralmente dai cantori ai banchetti delle varie gens (ipotesi di Niebhur, anche se probabilmente è falsa). Niebhur suppone che in questi racconti non si recassero solo notizie storiche come grandi imprese, ma anche vari accadimenti religiosi come i vari accadimenti straordinari più o meno funesti. Ad una storia più storiografica si affianca quindi un’altra parallela di ordine più antiquario, una storia generale affiancata da una locale->si ha una STORIOGRAFIA (generale, storia) e accanto l’ANTIQUARIA (particolare, avvenimenti particolari magari religiosi). I carmina convivalia probabilmente non sono mai esistiti, ma sicuramente esistevano forme di ricordo orale e poi scritto di carattere gentilizio per ricordare il passato, che si identificava con la storia del clan. Questi ricordi del passato erano garantite dalle imagines maiorum, le maschere di cera degli antenati, ogni anno al centro di un rito come ai funerali. La gens è quindi costituta da molto più che dalla famiglia, ma da una serie di famiglie, che venivano ricordati grazie alle loro imagines maiorum. Con il tempo si è reso necessario scrivere il nome per conservare il ricordo di chi fossero i vari parenti illustri; poi si è dovuto indicare le varie cariche politiche o religiose ricoperte; poi si è dovuto indicare il cursus honorum, indicando il percorso delle cariche pubbliche ricoperte e quindi le imprese compiute. NOME+CARICHE RICOPERTE+CURSUS HONORUM+GESTA COMPIUTE. Probabilmente ricostruendo la propria genealogia con tutte le imprese compiute dagli appartenenti della propria gens ha permesso una prima storiografia collettiva, intrecciando queste informazioni date dalle imagines maiorum con quelle dei fasti. Si ha quindi delle prime ricostruzioni storiche prima di fabio pittore grazie a queste informazioni. 5 lezione 26 settembre SARCOFAGO DI SCIPIONE BARBATO: reca iscritto il nome, il cursus honorum, le sue rex gestae->le datazioni degli avvenimenti si devono incrociare con quelle dei fasti->le imagines maoirum sono quindi fonti storiche di tipo epigrafico. La pietra del lapis niger (che attesta la presenza della monarchia nella roma arcaica) è simile a quella trovata nell’antica città di satricum, la lapis sactricanus, trovata alla base della colonna di un tempio perché è stata riutilizzata come materiale da costruzione, nascondendo di fatto la scrittura che recava su un lato. È un’iscrizione importante perché sembra ci sia scritto “mi dedicarono a marte i compagni/sodali di publio valerio”. Implica che l’iscrizione è stata scritta prima che avvenisse la rotacizzazione della s intervocalica->i sodali di questo plublio valerio dedicano a marte un qualcosa (magari c’era un’altra parte dell’iscrizione). Il nome di publio valerio inoltre sembra legato al personaggio complice della caduta dei re, e quindi sembra che sia un personaggio realmente esistito sebbene la sua vita sia stata molto complicata se non dai tratti addirittura fantasiosi o poco credibili. Anche gli antichi usavano testi epigrafici, come nel caso dei trattati, che venivano conservati nei templi->i templi erano quindi archivi, calendari, libri di storia… c’è ad es un trattato che vieta ai cartaginesi di andare oltre un certo punto della costa, e un pari impegno dei romani, che testimonia, verso il 597 a.c., l’influenza territoriale romano (fino a terracina). Questo trattato, riportato da polibio, è molto strano: magari polibio non ha capito un documento, perché questo trattato precederebbe di ben 150 quello che si riteneva essere il primo trattato romani-cartaginesi. Il fatto che i romani giurino su una divinità strana, molto arcaica, jupiter petri (giove pietra) sembra indicare invece la sua autenticità. Quindi polibio ha tradotto un’iscrizione precedente in modo corretto, e questo ci fa scoprire un importante accordo diplomatico fra roma e cartagine e le conquiste romane in un certo momento->fonte letteraria ed epigrafica si intersecano grazie all’intersezione di nozione epigrafiche e letterarie, ma raramente lo fanno, e bisogna comunque confrontarle criticamente.

C’erano altre comunità che gravitavano nell’area in cui sorse roma (es località come medullie, ficana) che vennero probabilmente distrutte dai romani e assimilate. Ci sono poi delle città non vicinissime ma che hanno comunque rapporti (cidene, veio) che quasi di sicuro non hanno origine latina (veio è etrusca). Il sito in cui si sarebbe sviluppata roma faceva quindi parte di un piccolo sito di comunità/villaggi che si ritrovavano insieme per celebrare cerimonie religiose. Trattandosi di comunità di pastori-agricoltori, non si tratta di un insediamento improvviso, ma di lento sviluppo che poi causa uno stanziamento stabile. Prima di essere una città roma era un’aggregazione di piccole comunità sistemate in cima ai colli->c’è quindi una fase pre-civica, ma nella tradizione letteraria c’è qualcosa che ricorda questa fase? Forse sì: da plinio il vecchio sappiamo che autori precedenti fanno un elenco degli antichi “populi albenses”->albense fa pensare ad albalonga->c’erano forse popoli che in qualche modo facevano capo ad albalonga, da un punto di vista religioso ma forse anche politico. In questo elenco non compaiono i romani, e quindi si riferirebbe ad una fase in cui roma non era ancora una città. Ci sono i velienses (di vellia, altura dietro il palatino)-

sono gli abitanti di uno dei villaggi sui colli che in seguito costituirà roma? Ci sono poi i querquetulani (nome etrusco)->un quartiere, querquetulano, c’era a roma in piena età storica sul colle celio, abitato da famiglie di origine etrusca con roma già formata. Compaiono quindi questi 2 nomi che potrebbero appartenere a singole comunità dei colli su cui poi sarà fondata roma. Compare inoltre un terzo nome, quello dei foreti, abitanti del foro, ma è più dubbio in questo caso (“foro” è un nome comune, non di luogo come nei casi precedenti). Altro indizio sulla realtà pre-civica di roma è il septimontium, che indicava 7 alture/monti, solo che si tratta di un elenco che è passato attraverso varie fonti e quindi dubbio (es nonostante il nome sono indicate 8 alture, di cui almeno 2 non siano poi così importanti)->perché vengono chiamati monti? Perché questo elenco non coincide con quello dei 7 colli di roma? Può darsi che il septimontium fosse una festa di singoli villaggi->rifletterebbe una situazione pre-urbana ma in cui gli abitanti si ritrovavano per una festa annuale. QUANDO sarebbe nata roma? Gli annalisti (es fabio pittore, nel III sec) attribuivano varie date, che vanno più o meno tra l’814 a.c. e il 711 a.c.->comunque si indica l’8 sec. L’814 è una data evidentemente falsa perché sarebbe un accostamento con quella di cartagine, e sarebbe stata individuata dopo le guerre puniche per indicare un collegamento e una sincronia fra la nascita delle 2 grandi nemiche. Secondo la tradizione antiquaria poi accettata roma è stata fondata il 21 aprile del 753 (come dice varrone). Questa data è stata individuata dal fatto che i romani sapevano quando erano caduti i re (509, grazie ad un confronto con il calendario greco basato sulle olimpiadi). Si parlava di un periodo monarchico ripartito in 7 regni; quanto avrà potuto regnare ogni re? Varrone suppone che ogni re in media abbia regnato per una generazione, cioè 35 anni->35x7=245 anni di regno dei re. I 245 anni devono essere aggiunti all’anno da cui parte la repubblica (509)=753 a.c. (visto che l’anno greco parte in estate, essendo roma stata fondata in aprile si è ancora nel 753). Questa data in realtà non risponderebbe ai resti archeologici ritrovati (che non sono così antichi), fin quando non è stato trovato dall’archeologo carandini un muro alle pendici del palatino, anteriore al 730 a.c., molto vicino alla data ipotizzata di varrone. Se la datazione offerta dalle fonti è valida, allora sembra supporre che anche le modalità di fondazione siano credibili (romolo e remo devono fondare una città, vanno sui colli, vede più uccelli romolo e quindi vince, crea una prima pianta quadrata per la città e crea il solco primigineo sul palatino). In realtà questa conclusione è affrettata, perché non è detto che questo muro segua il solco primigineo. Noi sappiamo che i romani avevano imparato dagli etruschi a dividere lo spazio del cielo e della terra, il sacro dal profano->gli etruschi passarono ai romani il concetto del pomerium, cioè di una linea dal valore giuridico sacrale che divide lo spazio urbano da quello extraurbano. Il pomerio è una linea che non necessariamente si identifica con le mura (pomerium potrebbe voler dire post murum, dietro il muro, ma da che parte?)->il pomerium è dentro o fuori dalle mura? Il pomerium è quindi una linea che non coincide con le mura ma che non si sa se delimiti uno spazio interno o esterno alle mura->non si sa la relazione fra mura e pomerium, si sa solo che sono vicine. Forse il pomerio è interno->questo dal piano giuridico implica che c’è un breve spazio fra mura e pomerio che non è territorio civico. Con il tempo i romani semplificano la cosa facendo coincidere mura e pomerio->all’interno delle mura è territorio domi , di casa, fuori è invece territorio militiae , potenzialmente ostile, e quindi per

entrare in città ci si deve disarmare (a parte per il trionfo). Questo sistema durato fino a silla, che ampliò la linea del pomerio fin dal magra e dal rubicone, includendo in pratica quasi tutta l’italia peninsulare. Ci fu veramente tale fondazione di una città sul palatino come indica quel muro scoperto da carandini? Di sicuro quasi no, e quasi sicuramente non secondo le modalità mitiche->non c’è stato un preciso atto di fondazione. A questa teoria dell’atto di fondazione si contrappone l’idea della lenta evoluzione, che ha preso la forma di un SINECISMO (mettere insieme le case), aggregazione di un abitato disperso che si raccoglie in un’unità politica. Questi sinecismi sono ovviamente processi lenti->nella tradizione greca i fondatori sono NOMOTETI, sono anche i primi legislatori della città, a cui danno la prima forma fi governo (come romolo). La teoria del sinecismo in teoria non esclude in teoria la fondazione, anche se, poste così a confronto dure e pure una con l’altra, sembrano inconciliabili. FONDAZIONE DI ROMA->2 TEORIE->1)antica, fondazione in un momento e luogo preciso, ripresa da carandini 2)sinecismo, una città si fonda per aggregazione e per strutturazione->si passa dall’avere un agglomerato di villaggi a una realtà urbana per il fatto che si usano degli spazi pubblici e sacri riservati alla collettività e ai governanti. Senza tali spazi pubblici non si può parlare di città->in base alle fonti archeologiche tali spazi pubblici risalgono al massimo alla fine del VII sec a.c. (mentre caraldini offre una datazione molto più indietro nel tempo, circa nel 730 a.c.).