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Il potenziale del teatro come strumento pedagogico per favorire l'inclusione e la comprensione reciproca. Viene analizzato il concetto di 'teatro emozionale', che si concentra sull'espressione autentica delle emozioni attraverso il movimento e la voce, piuttosto che su copioni prestabiliti. Questo approccio mira a sviluppare la spontaneità, la creatività e le relazioni interpersonali, offrendo un'esperienza diretta e coinvolgente delle emozioni umane. Vengono inoltre discussi i principi della biomeccanica teatrale di mejerchol'd, che enfatizza il controllo del corpo e del movimento per creare un'azione teatrale dinamica ed espressiva. Il documento sottolinea come il teatro emozionale possa essere uno strumento pedagogico efficace per l'inclusione di persone con disabilità o disagio sociale, permettendo loro di esplorare le proprie emozioni e migliorare le abilità comunicative in un ambiente sicuro e accogliente.
Tipologia: Tesi di laurea
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dalla coscienza e dal pensiero comune, può promuovere intuizioni generative, traghettando l’essere umano fuori dalla coazione a ripetere del disagio/problema. Il secondo capitolo riguarda l’utilizzo della biomeccanica teatrale utile allo studio del corpo nell’ambito della ricerca-azione e azione-reazione e conseguentemente dell’emozione, come metodologia che attiva processi di conoscenza e consapevolezza. Un progetto sul teatro inserito in ambito pedagogico genera la possibilità di cambiare le prospettive correnti, creando inclusione a 360 gradi e attivando nuove idee. Il terzo capito riguarda la comunicazione non verbale, lo studio dell’emozione che abitua a comunicare con il corpo attraverso la relazione con l’altro. la canalizzazione dell’emozione, con esercizi basati sul metodo di Mejerchol’d e di Jerzy Grotowski, come ad esempio la guida bendata o con il suono, rappresenta un ottimo esercizio per aumentare la fiducia in se stessi e nell’altro. Si comprende quindi che si tratta di una sorta di viaggio emozionale circolare, che parte da se stessi e arriva a se, con una consapevolezza nuova. Il teatro laboratorio, incentrato su un percorso emozionale, risulta un ottimo metodo pedagogico, poiché parlando di emozioni non esistono ruoli e diverse abilità; rappresenta pertanto l’inclusività nel significato più ampio del termine.
Da un punto di vista etimologico la parola “teatro” ha origine nel greco θέατρον (théatron), la cui radice coincide con quella del verbo θεᾶσθαι (theasthai), che significa “guardare, essere spettatore”. Il teatro è lo sguardo collettivo che diventa spazio fisico circoscritto entro il quale si genera una nuova esperienza: è un luogo di osservazione privilegiato che arriva a narrare e svelare l’inespresso. Il palcoscenico accoglie ed unisce elementi visivi, uditivi, cinestesici e cognitivi che giocando tra loro rendono possibili intuizioni inaspettate. In tutte le epoche il teatro si è nutrito di elementi innovativi, arricchendosi e trasformandosi. Il teatro ha la forza di attivare processi creativi utilizzando il proprio peculiare linguaggio artistico per raccontare le sorti dell’animo umano. Oggi, come un tempo, con la sua tecnica e la sua energia, il teatro resta un’occasione per incrementare la consapevolezza di sé , un Mezzo per entrare in contatto con le parti più intime del proprio io, la narrazione teatrale diviene un agevole ponte per cogliere meglio il senso della vita. In tutta la sua purezza e profondità il teatro è un’arte che tende a facilitare ed aiutare nella lettura di nuove realtà. È attraverso le arti della musica, della danza e del teatro che l’individuo riesce a dar forma a ciò che conosce ed anche all’ignoto. Il palcoscenico è lo spazio espressivo di continue autorivelazioni. L’attore è parte fondamentale del processo. Con ruoli diversi nel corso dei secoli, egli diventa corpo plastico narrante. La mimica del viso, il tono della voce, i movimenti del corpo e la recitazione rendono la sua presenza in scena fonte di nuove possibilità. Un dinamismo che può sollecitare l’attenzione dello spettatore, indipendentemente dai significati di cui possa essere investito.
Il teatro può generare un inconscio collettivo 3 , un contenitore psichico universale in cui il singolo attore porta in scena con gesti e parole le forme molteplici dell’esistenza. I sentimenti narrati sulla scena arrivano al pubblico e possono penetrare nei luoghi più profondi dell’anima portando in superficie aspetti di verità nascoste. Si raggiunge così un accordo tra spettatori e attori, cioè tra uomini, che diviene tanto più autentico quanto più il gesto artistico è sincero. La recitazione induce gli spettatori a vedere sé stessi e talvolta vivere con stupore l’avverarsi di processi di consapevolezza. Non sempre le rappresentazioni hanno raggiunto questo scopo: è necessario ricordare che le storie narrate, di cui il teatro ha nutrito il suo pubblico, sono state talvolta deformate in modo anche grottesco ad uso e consumo di un’epoca piuttosto che di una classe sociale. Talvolta sono stati nascosti i contenuti profondi delle narrazioni affidando le sorti dello spettatore a temi superficiali e fuorvianti. Il teatro è diventato nel tempo caleidoscopio^4 delle sue infinite possibilità.
Attori, regia e scenografia fanno da mediatori tra il singolo spettatore, l’uomo e l’intera collettività. I sentimenti che l’attore recita passano nell’animo di chi li osserva effettuando una narrazione originale che si aggiunge e talvolta sostituisce quella originaria. L’attore non è un mero commentatore passivo ma il suo intervento vibra di infinite varianti e imprevisti. Portare in scena la vita, seguendola passo dopo passo, permette all’attore di uscire da sé stesso e diventare l’altro. (^3) Termine coniato da C. Jung inteso come contenitore psichico universale, ovvero la struttura della psiche dell’intera umanità indipendente dall’esperienza. Il materiale dell’inconscio collettivo contiene una trascendenza rispetto all’elemento strettamente personale. Si tratta dell’azione archetipica ovvero primordiale, impersonale e collettiva in grado di esercitare un’influenza sulla coscienza del soggetto. (^4) caleidoscopico /kaleido'skɔpiko/ agg. [der. di caleidoscopio] (pl. m. - ci). - 1. (ott.) [relativo al caleidoscopio]. 2. (fig.) [che ha aspetti costantemente mutevoli] ≈ cangiante, fantasmagorico, multiforme, mutevole, polimorfo, variegato, vario, variopinto. ↔ monocolore, monotono, omogeneo, piatto, statico, uniforme.
Dimenticare i confini, immedesimarsi in un’esistenza che non sfiora nemmeno la propria, fa si che l’attore diventi artefice ed interprete istigando il suo pubblico a riflettere senza avere pretese di insegnamento e diventando poi sul palco allievo di sé stesso. Nell’atto della recitazione c’è un impulso fisiologico, vitale e fecondo che stupisce e rende vero l’animo dello spettacolo attivando in chi assiste un coinvolgimento profondo. La suggestione allena a guardare la realtà con gli occhi della sorpresa, facendo intuire quanto la rappresentazione possa diventare preparatoria e profetica verso la vita. Il pubblico è ingaggiato a partecipare attivamente all’evoluzione della storia che non può avere luogo senza il suo contributo. Il palcoscenico, mettendo in contatto chi ascolta e chi recita, crea quella magia che aiuta l’attore a tenere vivi i contenuti essenziali dell’esistenza perché “ciò che importa non è la vita, è l’eterna vitalità”^5. La scena diviene il luogo in cui la regia e l’attore creano l’opera. Lo spazio della mente accoglie ciò che viene prodotto nello spazio fisico della scena e favorisce l’attivazione delle potenzialità di ogni persona. Ogni individuo forma un gruppo che crea una rete di connessione e fa si che ci sia una partecipazione condivisa allo spettacolo, situazione questa che porta l’ascolto ad un livello diverso perché il flusso libero delle parole crea un’esperienza di continuità. Il pubblico con la sua presenza diviene elemento essenziale nel processo di trasformazione: c’è chi pensa bene e male, chi troppo e nulla, c’è chi pensa per uno oppure per molti eppure tutti insieme gli esseri umani possono produrre l’energia necessaria a rinnovarsi con vigore, a non restare chiusi in una sola visione di sé creando una versione itinerante del concetto già ampio del divenire. (^5) Nietzsche, F. (1977). La nascita della tragedia. Adelphi. 36
Così l’individuo, immerso nella prospettiva della vita che lo avvolge dà forma alle sue potenzialità creando con il movimento una prima narrazione e come sostiene Lowen “ Il corpo parla infatti un linguaggio che anticipa e trascende l’espressione verbale”^7. Il corpo fa esperienza nel mondo attraverso il movimento: il movimento prende la forma delle parole e con la voce diventa processo artistico. Chi è in grado di parlare artisticamente esprime sé stesso e la propria volontà di significato. La voce crea con il corpo un racconto ed ha un ritmo, una cadenza e una misura come fosse una carta geografica, un disegno di ciò che si sta narrando. La voce sul palcoscenico ci affascina perché è un segno dell’umano, un marcatore di differenza dal mondo animale. Ogni attore sul palco è unico con il proprio suono: “nella scena Shakespeariana del balcone, che si svolge al buio, Giulietta riconosce Romeo esclusivamente dalla voce”^8. Il teatro si esprime attraverso un complesso insieme di linguaggi: gestuale, verbale, musicale, visivo in cui il corpo trasmette emozioni che, transitando tra attori e pubblico, generano continue nuove configurazioni. (^7) Lowen, A. (1978). Physical Dynamics of character structure: the language of the body, Il linguaggio del corpo. Feltrinelli Editore. (^8) Pigozzi, L. (2016). A voce nuda. Vocalità, inconscio, sessualità. Ed. Poiesis, Alberobello.
Le emozioni colorano l’intera esistenza umana. Il termine emozione deriva dal latino “ex moveo” che significa “muovere fuori”, cioè smuovere, scuotere, un fenomeno che descrive il movimento che spinge all’azione. La derivazione greca della parola emozione è riconducibile a “haima”, emo, cioè sangue, impulso ad agire; le emozioni servono per gestire in tempo reale le situazioni di emergenza. Il naturalista britannico Charles Darwin dimostra, studiando le espressioni facciali, come queste siano universali e biologicamente innate nonché adattive dal punto di vista evolutivo, in quanto permettono l’adattamento all’ambiente. La teoria dell’americano James-Lange dichiara che l’emozione è la sensazione che deriva da modificazioni fisiologiche; secondo Zajonc queste sono la primissima risposta che una persona fornisce ad un evento, mentre secondo Lazarus la valutazione cognitiva degli eventi genera una risposta emotiva istantanea. Lo psicologo statunitense Paul Ekman distingue rabbia, paura, tristezza, gioia, disgusto e sorpresa come emozioni primarie e quelle autoconsapevoli empatia, gelosia, imbarazzo, orgoglio, senso di colpa e vergogna come secondarie. Queste ultime richiedono autoconsapevolezza e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale. La psicologia individua l’emozione come reazione soggettiva ad un particolare evento, caratterizzata da cambiamenti fisiologici, cognitivi, esperienziali e comportamentali. L’emozione è la manifestazione di uno stato d’animo, sottofondo di ogni esperienza quotidiana, musica dell’esistenza. L’individuo attraverso le emozioni ha la possibilità di esternare il proprio modo di sentire, di percepire le cose e di esprimerle.
La persona immaginando come sia essere qualcun altro e sperimentando nuove modalità relazionali e comportamentali fa un’esperienza emotiva nuova creando un rinnovato bagaglio personale. Recuperare e rivivere emozioni passate, interpretando personaggi diversi da sé, può portare il soggetto a rivedere automatismi di comportamento inibenti. “La rappresentazione teatrale si fonda su una pedagogia del vissuto e della creatività individuale nel rispetto della singolarità di ciascuno e consente di portare alla luce il mondo emotivo con l’intento di favorire le capacità relazionali”^11. Il teatro rappresenta “una strategia efficace in quanto favorisce l’instaurarsi di sentimenti di appartenenza e condivisione che costituiscono un terreno favorevole per lo sviluppo e rinforzo della motivazione ad apprendere”^12. Accade il paradosso secondo cui un individuo ha maggiori possibilità di conoscere se stesso e gli altri attraverso una finzione. La questione richiede un approccio olistico che tenga conto dei molteplici fattori in gioco, inclusi quelli psicologici, pedagogici e didattici.
Protagonista di questo percorso, verso la più profonda conoscenza di se stessi attraverso la pratica teatrale, è l’attore col suo bagaglio emotivo e col suo corpo unico
connubio teatro-emozioni, ha radici lontane, infatti lo ritroviamo in uno dei più antichi trattati sull’attore e le arti sceniche appartenente all’antica India: il Natya Shastra che si riferisce all’arte, tra cui teatro, danza e musica, scritto approssimativamente tra il 200 a.C. e il 200 d.C. e la cui elaborazione è attribuita al grande drammaturgo dell’antica India, Bharata. Attraverso questo complesso lavoro, Bharata descrive in dettaglio l’arte teatrale indiana, e i suoi aspetti collaterali: musica, scenografia, danza, costumi e (^11) Lo Piccolo, A. (2012). Corpo ed emozioni. Prospettive educative per la valorizzazione delle espressioni personali. Pensa Editore. (^12) Oliva, G. (1999). Il teatro nella scuola. Aspetti educativi e didattici. LED.
trucco, praticamente ogni aspetto della messa in scena di una pièce teatrale, e quindi tratta in modo dettagliato delle emozioni e della loro espressione nel contesto teatrale. Il suo titolo può essere tradotto come “Un compendio di teatro o arti drammatiche”; “Natya” o “Nataka” vengono tradotti in “arte drammatica”. Nel linguaggio moderno questo termine non include la danza o la musica, ma etimologicamente, la radice della parola “ Nat” , si riferisce alla danza, mentre il termine “Shastra” rimanda al significato di “metodologia”. Si tratta di un’opera monumentale che dedica ampio spazio alla trattazione delle emozioni e della loro espressione. Dal punto di vista di Abhinavagupta^13 , “l’arte è una manifestazione sia della coscienza esteriore che interiore, una manifestazione profondamente spirituale. Egli mostra che il ruolo dell’arte è quello di risvegliare nella nostra coscienza e nel nostro cuore un certo “sapore ineffabile, un sentimento sublime, un sapore chiaramente diverso dalle altre esperienze umane ordinarie. Ha un carattere generale, essendo un’esperienza superindividuale. Sulla base di questa intensa emozione (gioia, paura, rabbia, meraviglia, ecc.), pienamente realizzata e sublimata, l’arte compie la transizione dall’individuo (dall’ego) all’universale”. Il termine “ abhinaya ” viene spesso tradotto come “espressione” o “interpretazione” e si riferisce al processo attraverso il quale gli attori portano fuori o comunicano le emozioni al pubblico durante una performance. Abhinaya comprende una serie di mezzi o tecniche utilizzate dagli attori per esprimere le emozioni sul palco. Questi possono includere:
Nel suo approccio pedagogico al teatro, Grotowski incoraggiava gli attori a lavorare sul proprio corpo, sulla voce e sulle emozioni, per sviluppare una presenza autentica e vibrante sul palco. Cercava di eliminare gli elementi superficiali e artificiosi della performance, per raggiungere una forma di espressione più diretta e potente. Attraverso esercizi intensi e metodi di lavoro rigorosi, Grotoswki intendeva formare gli attori non solo come interpreti competenti, ma anche come individui consapevoli e sensibili, capaci di comunicare con profondità e autenticità. Il suo approccio pedagogico al teatro ha influenzato molti altri praticanti e teorici teatrali, ed il suo lavoro continua ad essere studiato e apprezzato in tutto il mondo.
Vsevolod Mejerchol’d è un altro importante innovatore nel mondo del teatro del XX secolo, fu un regista e teorico teatrale russo che ebbe una profonda influenza sullo sviluppo del teatro moderno. Nato nel 1874 e attivo fino agli anni ‘30, Mejerchol’d è noto per aver introdotto nuovi metodi di regia e interpretazione che hanno rivoluzionato il modo in cui il teatro veniva concepito e praticato. Il suo approccio è assolutamente innovativo alla regia teatrale, comprende l’uso di elementi visivi e sonori per creare atmosfere suggestive e simboliche sul palcoscenico. Fu un sostenitore dell’idea che il teatro dovesse essere una forma di propaganda politica e sociale, e molte delle sue produzioni riflettevano temi politici e ideologici. Uno dei contributi più significativi di Mejerchol’d al teatro fu lo sviluppo del “ biomeccanico ”, un metodo di formazione e interpretazione degli attori che enfatizzava il controllo del corpo e del movimento sul palcoscenico. Il biomeccanico incorporava elementi di danza, acrobazia e arti marziali, e mirava a creare un’azione teatrale dinamica e energica. Mejerchol’d fu anche un pioniere nel campo dell’interpretazione teatrale, incoraggiando gli attori a esplorare la psicologia dei loro personaggi e a trovare modi innovativi per esprimere le loro emozioni sul palcoscenico. La sua influenza si estese
ben oltre i confini della Russia, influenzando generazioni di registi e attori in tutto il mondo. Tuttavia, la sua carriera fu interrotta dalla crescente repressione politica in Unione Sovietica negli anni ‘30, e fu perseguitato e messo sotto pressione dal regime stalinista. Mejerchol’d morì nel 1940 in circostanze ancora oggi dibattute, ma il suo lascito nel mondo del teatro rimane significativo e duraturo. La biomeccanica nel contesto teatrale, soprattutto come proposta da Mejerchol’d, è un approccio che enfatizza il controllo del corpo e del movimento per creare un’azione teatrale dinamica ed espressiva. Questo concetto si basa sull’idea che ogni movimento sul palcoscenico debba essere preciso, intenzionale e significativo. Nella biomeccanica teatrale di Mejerchol’d, l’azione, la reazione e l’emozione sono tutti interconnessi e guidano il processo creativo dell’attore:
Inoltre, creando uno spazio teatrale unico e suggestivo, Mejerchol’d invita il pubblico a immergersi completamente nell’opera e a partecipare attivamente alla narrazione. Questo coinvolgimento diretto favorisce una maggiore comprensione e un apprezzamento più profondo della storia e dei temi trattati, offrendo al pubblico un’esperienza teatrale indimenticabile. c) La personalità dell’attore - Nell’estetica teatrale di Mejerchol’d, l’accentuazione della differenza tra il volto dell’attore e il volto del personaggio è un elemento cruciale. Questo aspetto sottolinea la natura artificiale e teatrale della rappresentazione, contribuendo a creare uno straniamento che coinvolge il pubblico in modo più profondo. L’attore agisce come un medium tra il personaggio e il pubblico, trasmettendo le emozioni e le intenzioni del personaggio attraverso il suo corpo e la sua espressione facciale. Questo contrasto evidenzia la separazione tra la realtà e la finzione teatrale, incoraggiando il pubblico a riflettere sulla natura stessa della rappresentazione e sulle implicazioni delle emozioni e delle intenzioni dei personaggi. In questo modo, Mejerchol’d crea un effetto di distanza che permette al pubblico di osservare criticamente le azioni e le motivazioni dei personaggi, mentre allo stesso tempo li coinvolge emotivamente nella narrazione. Questo approccio sfida le convenzioni teatrali tradizionali e offre al pubblico un’esperienza teatrale più complessa e coinvolgente. d) L’emploi , o situazione paradossale in cui all’attore viene affidata una parte che non gli è congeniale, è un elemento distintivo nel teatro di Mejerchol’d. L’artista crede fermamente che l’attore debba essere in grado di interpretare qualsiasi tipo di personaggio, anche quelli che sembrano lontani dalla sua natura. Questo approccio consente di sfidare l’attore e di esplorare nuove possibilità espressive. Oltre a ampliare il repertorio dell’attore, questa pratica crea un effetto di straniamento e sorpresa nel pubblico. Vedere un attore interpretare un ruolo che non
sembra adatto alla sua natura abituale può suscitare curiosità e interesse nel pubblico, portandolo a riflettere sulle capacità e sulle possibilità dell’attore stesso. Inoltre, assegnare all’attore ruoli apparentemente incongruenti con la sua personalità può contribuire a creare uno spazio per una riflessione più profonda sulle dinamiche interne dei personaggi e sulla natura stessa dell’interpretazione teatrale. Questo elemento di sorpresa e sfida fa parte dell’approccio innovativo e provocatorio di Mejerchol’d al teatro, che mira a rompere le convenzioni e a esplorare nuove frontiere nell’arte scenica. e) La maschera - La non coincidenza tra l’attore e il personaggio è un elemento fondamentale nel teatro di Mejerchol’d. L’attore indossa una maschera che rappresenta il personaggio, ma questa maschera allo stesso tempo ne svela la natura artificiale, creando un effetto di distanza e di straniamento. Questo distacco tra l’attore e il personaggio consente al pubblico di osservare il personaggio in modo critico, riflettendo sulla natura stessa della rappresentazione teatrale. La maschera funge da filtro tra l’attore e il personaggio, permettendo al pubblico di percepire la finzione teatrale e di analizzare le azioni e le motivazioni del personaggio in modo più obiettivo. Inoltre, questa non coincidenza offre all’attore una certa libertà interpretativa, consentendogli di esplorare diverse sfaccettature del personaggio senza essere completamente identificato con esso. Questo approccio contribuisce a creare uno spazio per una riflessione più profonda sulle dinamiche interne dei personaggi e sulla natura dell’arte teatrale stessa, portando il pubblico a interrogarsi sulle relazioni tra finzione e realtà. f) L’importanza dello studio e della preparazione - L’attenzione all’assenza di specchi prima di andare in scena, l’uso del trucco convenzionale, lo studio approfondito del costume e dello spazio scenico, insieme all’attenzione al corpo dell’attore sono tutti elementi essenziali per la preparazione dell’attore e per creare un effetto di straniamento efficace. Attraverso lo straniamento e l’emploi, Mejerchol’d mira a mettere in evidenza gli aspetti nascosti e paradossali della vita umana, offrendo al pubblico una prospettiva