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tfa sostegno primaria bambina con sindrome di down
Tipologia: Tesi di laurea
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Introduzione Questa relazione è la tappa finale di un percorso formativo presso l’Unint di Roma, ricco di esperienze interessanti e altamente qualificanti alle quali ho aderito e partecipato con entusiasmo, curiosità e trasporto, tanto che ne sono arrivata alla fine esausta! Spiegare perché ho scelto di frequentare questo master non è facile. Di sicuro alcune delle esperienze personali e professionali vissute nel corso della mia vita mi hanno indotta a fare questa scelta ben precisa. Devo dire che al di là della fatica e dell’arduo impegno che ha richiesto, questo corso mi ha consentito di specializzarmi nel saper individuare, recuperare e potenziare le abilità residue nei soggetti con disabilità. Per diventare insegnante di sostegno ed essere di supporto agli alunni portatori di handicap non si può prescindere da una profonda e specifica preparazione teorica e pratica, finalità precipua del corso di specializzazione per il sostegno che ho frequentato con passione. Questo lavoro si pone pertanto come analisi e sintesi delle attività svolte sia teoriche che di laboratorio, nonché di tirocinio diretto che è stata una parte integrante del corso stesso. Il tirocinio diretto, svolto per un totale di 150 ore, infatti, ha rappresentato un momento forte dell’esperienza formativa nel quale sono confluite le conoscenze e le competenze apprese, rielaborate consapevolmente e pronte per essere adoperate. Tali acquisizioni si sono sedimentate, nello specifico, sul mio substrato formativo pregresso e in modo graduale e guidato, in itinere, sotto la specifica forma di esperienza e di riflessione condivisa dirigendo la mia attenzione verso le dinamiche psicosociali afferenti alle problematiche dello sviluppo relazionale dell’essere umano; l’approfondimento e la cura di questi aspetti sono fondamentali nel rapporto con il disabile in crescita. Il tirocinio ha rappresentato un indice di valutazione delle competenze da me già acquisite e di quelle ancora da acquisire. L’osservazione sul campo mi ha consentito di ricevere numerosissimi input e spunti di riflessione tali da consolidare quello spirito autocritico che è senza dubbio uno dei principali obiettivi formativi di ogni scuola di specializzazione. Durante il tirocinio diretto, ho seguito un’alunna affetta da Sindrome di down e ipoacusia bilaterale medio grave. Con la tutor accogliente, incaricata di seguirmi in questa esperienza, si è subito creato un rapporto di fiducia e di comprensione che mi ha permesso di gestire il mio progetto di tirocinio in modo autonomo e al contempo guidato. La tutor, infatti, mi ha consentito di visionare i documenti necessari a svolgere il mio lavoro in modo efficace. La tutor coordinatrice mi ha affiancata durante tutto il lavoro di progettazione e stesura della relazione in maniera discreta, apportando informazioni dettate dalla propria esperienza, dando consigli utili, ma senza mai sostituirsi a me nel compito. Entrare in contatto con molti docenti diversi tra loro per approcci educativi e didattici, scelte metodologiche e creative mi ha permesso di conoscere un ventaglio di proposte da poter riutilizzare e rielaborare nel lavoro a scuola.
Rispetto al macrosistema, ho focalizzato la mia attenzione sul funzionamento della scuola in generale, il Collegio dei docenti, il Consiglio d’interclasse e il Consiglio di circolo. Ho potuto constatare come un Dirigente attento ai bisogni, alle necessità, al rispetto delle regole e dei ruoli di ciascuna delle figure coinvolte nel sistema scuola, stimola la volontà di osservare con spirito critico e costruttivo il proprio lavoro non solo come mero rispetto della norma giuridica, ma come frutto di un’attenta riflessione che è ormai insita in questa istituzione scolastica, attraverso un processo di miglioramento continuo che vede l’utilizzo di vari strumenti di autovalutazione che hanno il merito di superare i soliti approcci autoreferenziali. Il rapporto con le famiglie è molto proficuo e si estrinseca in varie forme di collaborazione, mentre la consolidata ed efficace sinergia con l’Ente locale consente una ricca progettualità condivisa. Gli insegnanti promuovono culture e pratiche inclusive attraverso un'efficace collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti nell'attività educativa. Viene data particolare attenzione al rispetto delle peculiarità di ogni allievo, i suoi vissuti, le sue predisposizioni, il contesto familiare e sociale di provenienza, attraverso una didattica personalizzata che valorizzi le specificità di ognuno. La sindrome di Down, il caso, l’intervento, la valutazione.
La sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule: invece di 46 cromosomi nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47, vi è cioè un cromosoma n. 21 in più; per questo nota anche con il termine di Trisomia 21. Per condizione genetica non si intende ereditaria; infatti nel 98% dei casi la sindrome di Down non è ereditaria. La conseguenza di questa alterazione cromosomica è un handicap caratterizzato da un variabile grado di ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio del bambino. Esistono tre tipi di anomalie cromosomiche nella sindrome di Down, ma la l’anomalia più frequente è la Trisomia 21 libera completa, di cui è affetta Francesca (nome inventato), l’allieva che ho seguito durante questo percorso. Lo sviluppo del bambino con sindrome di Down avviene con un certo ritardo, ma secondo le stesse tappe degli altri bambini. I bambini con sindrome di Down crescendo possono raggiungere, sia pure con tempi più lunghi, conquiste simili a quelle degli altri bambini: cammineranno, inizieranno a parlare, a correre, a giocare. Rimane, invece, comune a tutti un variabile grado di ritardo mentale che si manifesta anche nella difficoltà di linguaggio frequente tra le persone con sindrome di Down. Dal punto di vista riabilitativo non si tratta di compensare o recuperare una particolare funzione, quanto di organizzare un intervento educativo globale che favorisca la crescita e lo sviluppo del bambino in un’interazione dinamica tra le sue potenzialità e l’ambiente circostante. È importante, inoltre, ricordare che ogni bambino è diverso dall’altro e necessita quindi di interventi che rispettino la propria individualità e i propri tempi.
Francesca frequenta la classe 3ª della scuola primaria, è affetta da sindrome di Down ed ipoacusia neurosensoriale bilaterale di grado medio. Francesca ha un livello di sviluppo cognitivo operatorio concreto. Risulta buona la comprensione di messaggi chiari e semplici riferiti al suo campo esperienziale. I suoi tempi di attenzione e concentrazione sono molto brevi, infatti nello svolgimento delle attività didattiche ha sempre bisogno di sollecitazioni da parte dell’insegnante per recuperare l’attenzione adeguata allo svolgimento dell’attività didattica, talvolta mostra comportamenti oppositivi di fronte a tale sollecitazioni, anche attraverso aggressività nei confronti dei compagni che non reagiscono negativamente, ma cercano di calmarla. Francesca ha una buona autonomia, si muove con relativa sicurezza all’interno degli ambienti scolastici. E’ autonoma nell’utilizzo del materiale scolastico, ma non nello svolgimento delle attività didattiche, partecipa alle attività di classe, alla realizzazione di cartelloni, ad attività preparatorie legate alle principali festività del calendario, a giochi e attività motorie. Francesca è integrata positivamente nel gruppo classe, socializza con tutti i compagni e con tutti gli insegnanti, ed a volte cerca di superare la timidezza chiamando i compagni per nome. Quando mostra un atteggiamento positivo e affettuoso cerca il contatto fisico. Durante i momenti ricreativi sceglie una compagna a cui avvicinarsi, e, durante il lavoro d’aula spesso i compagni svolgono il ruolo di tutor e la sostengono verbalmente e fisicamente nelle attività didattiche. L’insegnante di sostegno personalizza l’intervento educativo didattico attraverso l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi nel rispetto dei tempi dell’alunna. Propone attività ludiche che creino situazioni di apprendimento e di condivisione delle esperienze, struttura setting differenti di apprendimento: individuali, in coppia e nel piccolo gruppo. Fondamentale mi è sembrato il coinvolgimento emotivo-affettivo-relazionale come supporto dell’azione educativa per stimolare la bambina e farle acquisire nuova autostima e fiducia nell’interazione tra pari.
Essendo fermamente convinta che la scuola, in quanto luogo di formazione ed educazione, ha il compito di stimolare e motivare gli allievi a produrre apprendimenti significativi che li porteranno ad utilizzare le strategie apprese in classe anche nella vita quotidiana, ho scelto di rivolgere l’attenzione dell’alunna sui meccanismi logici di sequenzialità, sfruttando ciò che per lei era fondamentale: seguire le attività svolte dai suoi pari. La tematica del mio progetto porta il titolo di “Conosciamo gli animali” Ho scelto questo argomento sia perché affascinava in particolar modo Francesca, attratta, come ho potuto notare fin da subito, dagli animali, sia perché faceva parte del percorso di apprendimento della classe in quel periodo didattico. I bisogni formativi da me individuati per Francesca sono stati:
animali proposti dall’insegnante; usare il PC per scrivere i nomi che l’insegnante propone. Area motorio-prassico - Riuscire ad attaccare con precisione immagini all’interno di spazi delineati e chiusi;
proposto. Proprio per questo motivo ho scelto di utilizzare la strategia del rinforzo che, essendo sempre finalizzato ad un duplice obiettivo (sia rinforzo che finalità motoria) l’ha stimolata a continuare l’attività. Ho deciso di far uso soprattutto di strumenti tecnologici in modo tale da risvegliare in lei curiosità. Un’altra strategia è stata quella di far riflettere Francesca sul proprio agire e su come risolvere certe situazione utilizzando alcune soluzioni alternative, ovvero il problem solving. Ho deciso di presentare a Francesca una situazione problematica e di chiederle di cercare la strada esatta da percorrere, in modo da costruire in lei una riflessione metacognitiva e stimolare un’autoregolazione su certe abitudini sbagliate precedentemente acquisite. Di fronte ad eventuali disagi e blocchi ho deciso di comunicare con la bambina attraverso il messaggio IO, per veicolare bisogni e richieste reciproche; essendo Francesca dotata di un’ottima comunicazione visiva, ho fatto leva su questa sua peculiarità cercando di aumentare la comunicazione verbale: manipolare piccoli oggetti contribuisce allo sviluppo di una maggiore motricità fine; ho voluto mostrare a Francesca come sia possibile poter toccare concretamente quanto trattato teoricamente. Soprattutto per quanto riguarderà i numeri l’obiettivo scelto è stato quello di renderla partecipe e consapevole dell’importanza della successione dei numeri che ha potuto costruire uno per uno dallo zero al dieci utilizzando il pongo; questo le ha permesso oltretutto di dare libero sfogo alla sua creatività. Infine nella fase finale dell’attività ho programmato di completare l’album con gli animali sfruttando come strategia iniziale il Copyng, per guidarla nel ricopiare i nomi degli animali utilizzando il programma “Word” del PC. D escrizione delle attività Spazi: - Aula; - Aula multimediale; Tempi: - 20 ore; Contenuti: - I numeri e la loro sequenzialità; - gli animali e i loro nomi; - le favole. Situazione di apprendimento
Dopo aver completato diverse pagine di album con le figurine e aver scattato delle foto ai lavori svolti, Francesca si è mostrata stanca (avevamo già fatto 30 minuti di attività) e quindi per un po’ di tempo ha seguito la lezione sugli animali insieme agli altri alunni, guardando dal libro del compagno. Durante l’ora di matematica ho chiesto a Francesca se “avesse mai toccato i numeri”; la bambina rimase, ovviamente, sorpresa dalla mia domanda; allora preso il pongo le ho proposto di costruire i numeri che conosceva insieme a me. Abbiamo costruito i numeri da uno a 10 , ognuno con un colore differente, e così, come precedentemente spiegato, ad ogni numero Francesca ha fatto una foto. Dopo averli costruiti insieme li abbiamo mescolati; le ho chiesto a questo punto di rimetterli nella giusta posizione. Abbiamo ripetuto l’esercizio per quattro volte, la prima volta ha sbagliato, mettendo il 5 prima del 4, le restanti due volte ha svolto l’attività senza errori aumentando la velocità nell’ordinare i numeri. Seconda giornata di attività Þ “ L’arcobaleno fra le mani!” Il secondo giorno ho proposto a Francesca di “sporcarci le mani”. Ho preso i colori a dito ed ho invitato la bambina a colorare di un colore diverso ogni dito della sua mano destra; ho preso diversi fogli dove vi erano disegnati animali da colorare dalle forme molto stilizzate e riconoscibili coincidenti con gli animali trattati nella lezione precedente. Abbiamo preso il primo foglio, un uccello, ed abbiamo colorato insieme l’animale utilizzando diversi colori e facendo ben attenzione al bordo. È stato fin da subito evidente quanto Francesca fosse migliorata nel colorare e ciò si poteva associare al suo aumento di attenzione, perché più colorava più stava attenta ai particolari del disegno e cercava di fare più sfumature con i colori che aveva nelle dita. Dopo questa prima fase ho dettato all’alunna i nomi degli animali, facendo attenzione a pronunciare chiaramente lettera per lettera e aiutandola, laddove avesse mostrato lacune incertezze, ripetendo più volte ogni lettera e smorzando gli errori. Dopo aver scritto i nomi utilizzando carta e penna, ho preso il PC e come “premio” le ho chiesto di scrivere i nomi utilizzando il PC con il duplice obiettivo di motivarla all’attenzione e di scrivere. La seconda fase della giornata è proseguita con il completamento dell’album delle figurine, strumento che ci ha accompagnato in tutte le attività che abbiamo svolto insieme alle foto di cui ho precedentemente parlato. Francesca ha mostrato un miglioramento nel saper attaccare le figurine entro gli spazi da me delineati, anche perché avendo capito adesso bene ciò che doveva fare e avendolo già sperimentato il giorno prima, si sentiva più sicura nel compiere l’azione. Terza attività Þ “Hai mai visto un gatto con le scarpe?” Alla domanda Francesca ha risposto e di no e a quel punto ho preso il libro dove era narrata la favola e le ho mostrato le immagini della storia narrandole le parti principali. La bambina riusciva a stare attenta anche perché aveva un riscontro visivo per osservare ciò che le stavo narrando, ma leggere tutta la favola avrebbe richiesto troppa attenzione compromettendo lo svolgimento delle attività seguenti. Dopo ho preso le sei sequenze principali della favola da mettere in ordine. Ho detto
a Francesca che avrebbe avuto la possibilità di aggiustare in caso di errore o incertezza senza; di fronte all’errore la invitavo a riflettere mediante domande- guida. Dopo aver messo in ordine le sequenze le ha colorate usando i colori a matita e i pennarelli. Francesca ha colorato un paio di sequenze ma poi ha mostrato segni di stanchezza che mi hanno indotto a cambiare attività. Cosi con il mio aiuto Francesca ha raccontato in brevi sequenze la storia del “gatto con gli stivali” alla classe. La bambina si è mostrata serena e contenta di aver condotto la lettura alla classe perché si è sentita ascoltata da tutti e per la prima volta ha assunto il ruolo di guida. Insieme poi abbiamo riletto le parole più “difficili” del testo per rileggerle e abbiamo sistemato le sequenze utilizzando i numeri che avevamo precedentemente costruito con il pongo; in tal mondo la bambina ha potuto associare ogni numero con la giusta sequenza ripetendo ad alta voce “Prima viene questa …dopo viene questa”. Dopo aver terminato questa attività ho dato a Francesca il suo piccolo album con le figurine da completare e in modo ormai indipendente ed autonomo ha svolto la sua attività conclusiva con album e foto. Quarta giornata di attività Þ “Si salveranno i tre fratellini?” Quando sono entrata in classe ho chiesto a Francesca di prendere la carpetta dove avevamo messo tutto il materiale che abbiamo usato nelle lezioni precedenti per responsabilizzarla e renderla via via sempre più autonoma. Il primo obiettivo della giornata era quello di recuperare le conoscenze precedentemente acquisite ripetendo l’ordine delle sequenze della favola “Il gatto con gli stivali”. L’alunna con il mio aiuto le ha ordinate mostrando solo qualche difficoltà nel ricordare con esattezza tutto l’ordine logico-cronologico del racconto. Successivamente, utilizzando il computer ho proposto a Francesca l’ascolto della canzone dei tre porcellini impegnati nella costruzione delle loro abitazioni. Ho preso nuovamente il libro di favole e raccontato la storia a Francesca. L’alunna non sembrava conoscere la storia nè la canzone ma si è mostrata molto contenta di mettere le cuffie per l’ascolto. Anche questa volta ho costruito delle sequenze da riordinare e questa stavolta Francesca ha dimostrato più autonomia e sicurezza. Dopo averle messe in successione le ha colorate, mantenendo l’attenzione più a lungo rispetto alla lezione precedente. Poi ho chiesto agli altri bambini di ascoltare Francesca mentre narrava la storia; la sua performance si è conclusa con una applauso finale da parte dei coetanee delle maestre. La bambina ha mostrato maggiore sicurezza nel narrare e, cosa per me inaspettata, una ricerca di precisione nel pronunciare le parole difficili al fine di dirle in modo corretto. Nella successiva fase ho preso le sequenze di entrambe le favole e le ho mescolate per indurre Francesca a riconoscerle, discriminarle e riordinarle. fra loro. L’alunna di fronte a qualche incertezza ha richiesto il mio aiuto e la mia approvazione, ma ha lavorato in modo costruttivo rimanendo concentrata a lungo. L’attività si è conclusa nel solito modo in qualità di rinforzo positivo. Quinta attività Þ “ Lasciami un tuo segno” Questa è l’ultima attività del percorso che ho svolto con Francesca.
La sintesi del lavoro affrontato quest'anno mi porta ad affermare gli interventi educativi e didattici ben calibrati sulle difficoltà e sulle abilità dell’alunno con disabilità possono davvero determinare una crescita e sviluppare competenze funzionali a migliorare la qualità nel contesto di vista personale. Se un alunno fallisce è chiaro che la richiesta che gli è stata fatta non era adatta al suo livello di sviluppo, pertanto, è compito dell’insegnante semplificarla, scomporla o modificarla per renderla eseguibile e raggiungibile. In questa maniera si consente al bambino di divertirsi ottenendo gratificazioni da chi gli è intorno. Il poter vivere a stretto contatto con un’alunna con la Sindrome di Down, mi ha consentito di osservare e meglio comprendere il loro funzionamento e i loro tempi. Ho capito, soprattutto, come ogni bambino speciale è differente dall’altro, ognuno porta con sé caratteristiche e bisogni individuali, questo è il motivo per cui è necessario osservare con coscienza e con strumenti idonei di osservazione il loro modo di vedere le cose e la vita. Dal punto di vista pratico, comprendere quali sono i tempi di risposta e cosa potersi aspettare da un bambino, ha voluto dire anche aumentare il rispetto verso lo stesso e, di conseguenza, la mia capacità di attendere, aumento anche il livello di pazienza. Conclusioni Questa relazione mi ha consentito di ripercorrere il percorso formativo compiuto nel corso di questi nove mesi. Tutte le esperienze di cui sono stata protagonista sono state per me fonte di maturazione professionale e personale: ciascun tassello del mio percorso è stato importante e mi ha consentito di avere una maggiore consapevolezza nella fase di pianificazione e conduzione del mio progetto didattico. Il sapere derivante dai miei studi universitari in modo specifico i miei studi di psicologia, uniti all’esperienza del tirocinio, mi hanno portato a pensare che la scuola abbia un grande ruolo nella formazione umana e deve agire evitando di ridurre il percorso formativo alla sola trasmissione di contenuti e di conoscenze, ma deve allargare il suo campo di azione alle competenze spendibili nel corso della vita. Pianificare e condurre un progetto didattico mi ha permesso di “sperimentarmi” come insegnante, assumendomi responsabilità, preparandomi ad eventuali rischi cui sarei potuta andare incontro. Analizzare i punti di forza e i punti deboli del mio progetto didattico, avviando quindi una riflessione sul mio agire, mi ha consentito di ripensare alla mia esperienza valutando il mio operato, di gioire per i positivi risultati raggiunti e di riflettere su i punti di debolezza che mi consentiranno di migliorare, in futuro, il mio operato. Infine posso dire che il mio agire è stato sempre guidato dalla consapevolezza che, il mio compito futuro sarà quello di formare alunni con disabilità che possano raggiugere più autonomia possibile in una società come la nostra, in continua evoluzione, che mostra uno scenario nuovo in cui si moltiplicano sia i rischi che le opportunità.