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Trinchero. Costruire e certificare competenze con il curricolo verticale nel primo ciclo, Appunti di Pedagogia Sperimentale

Riassunto esaustivo per l’esame di Pedagogia Sperimentale II

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 09/12/2023

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COSTRUIRE E CERTIFICARE COMPETENZE CON IL CURRICOLO VERTICALE
NEL PRIMO CICLO - R. TRINCHERO
1. Costruire autonomia e responsabilità nello studente
Il concetto di competenza è il criterio regolativo fondamentale del sistema di istruzione, al
centro di tutto l’impianto curricolare, dalla rilevazione della situazione d’ingresso alla
didattica, alla valutazione, alla certificazione degli esiti dell’istruzione. Il Quadro Europeo
delle Qualifiche e dei Titoli è un quadro di riferimento normativo che mira a rendere
comparabili i titoli di studio rilasciati nei vari paesi europei; all’interno si delineano linee
guida per la valutazione e la certificazione delle competenze a livello scolastico e
professionale e viene data una definizione di competenza, vista come la “comprovata
capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in
situazioni di studio o lavoro e nello sviluppo professionale e personale. Le competenze sono
descritte in termini di responsabilità e autonomia”. La definizione pone l’accento sull’essere
competente, sul come “saper agire efficacemente in situazione”, utilizzando le proprie
risorse (conoscenze, abilità, capacità personali, sociali e/o metodologiche) in risposta a
specifiche situazioni-problema. Non è competente chi possiede un bagaglio di risorse, ma
chi è in grado di mobilitare efficacemente le risorse di cui dispone per affrontare al meglio
la situazione contingente, da cui il termine “competenza situata”.
La finalità della scuola: formare per competenze
L’adozione della competenza come criterio regolativo prefigura un cambiamento
sostanziale nelle finalità del sistema di istruzione. L’obiettivo della formazione scolastica
tradizionale era fornire allo studente un insieme ampio e variegato di conoscenze e abilità e
lo studente così formato avrebbe poi saputo applicare automaticamente queste risorse alla
risoluzione di problemi nuovi. L’assunto di base era l’esistenza di un rapporto automatico
tra bagaglio di conoscenze e abilità acquisite e capacità di risolvere i problemi della vita
quotidiana. Dalla fine degli anni ’80 si assiste a una crisi generalizzata delle istituzioni
scolastiche il cui punto chiave è che per affrontare le sfide che la vita propone non basta
“avere tanti saperi”. Ciò che la vita ci chiede è usare i nostri saperi e le nostre capacità per
gestire una molteplicità di situazioni comprendendole, affrontandole e riflettendo sul
nostro operato per adeguarlo a imprevisti e condizioni mutevoli. L’applicazione dei
saperi a problemi reali non è automatica, ma l’esito di un’azione formativa che insiste
sull’autonomia e sulla responsabilità dello studente. Autonomia significa saper prendere
decisioni e agire in modo indipendente, distaccandosi, se e quando necessario, dai modelli
presi a riferimento e riflettendo criticamente su di essi. Responsabilità significa prevedere e
valutare le conseguenze delle proprie azioni e rispondere di esse giustificandole attraverso
argomentazioni plausibili. La responsabilità implica capacità di giudizio e di scelta, di
assumersi impegni e portarli a termine con tenacia e perseveranza. Una formazione
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COSTRUIRE E CERTIFICARE COMPETENZE CON IL CURRICOLO VERTICALE

NEL PRIMO CICLO - R. TRINCHERO

1. Costruire autonomia e responsabilità nello studente

Il concetto di competenza è il criterio regolativo fondamentale del sistema di istruzione, al centro di tutto l’impianto curricolare, dalla rilevazione della situazione d’ingresso alla didattica, alla valutazione, alla certificazione degli esiti dell’istruzione. Il Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli è un quadro di riferimento normativo che mira a rendere comparabili i titoli di studio rilasciati nei vari paesi europei; all’interno si delineano linee guida per la valutazione e la certificazione delle competenze a livello scolastico e professionale e viene data una definizione di competenza, vista come la “comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di studio o lavoro e nello sviluppo professionale e personale. Le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. La definizione pone l’accento sull’essere competente, sul come “saper agire efficacemente in situazione”, utilizzando le proprie risorse (conoscenze, abilità, capacità personali, sociali e/o metodologiche) in risposta a specifiche situazioni-problema. Non è competente chi possiede un bagaglio di risorse, ma chi è in grado di mobilitare efficacemente le risorse di cui dispone per affrontare al meglio la situazione contingente, da cui il termine “competenza situata”. La finalità della scuola: formare per competenze L’adozione della competenza come criterio regolativo prefigura un cambiamento sostanziale nelle finalità del sistema di istruzione. L’obiettivo della formazione scolastica tradizionale era fornire allo studente un insieme ampio e variegato di conoscenze e abilità e lo studente così formato avrebbe poi saputo applicare automaticamente queste risorse alla risoluzione di problemi nuovi. L’assunto di base era l’esistenza di un rapporto automatico tra bagaglio di conoscenze e abilità acquisite e capacità di risolvere i problemi della vita quotidiana. Dalla fine degli anni ’80 si assiste a una crisi generalizzata delle istituzioni scolastiche il cui punto chiave è che per affrontare le sfide che la vita propone non basta “avere tanti saperi”. Ciò che la vita ci chiede è usare i nostri saperi e le nostre capacità per gestire una molteplicità di situazioni comprendendole, affrontandole e riflettendo sul nostro operato per adeguarlo a imprevisti e condizioni mutevoli. L’applicazione dei saperi a problemi reali non è automatica, ma l’esito di un’azione formativa che insiste sull’autonomia e sulla responsabilità dello studente. Autonomia significa saper prendere decisioni e agire in modo indipendente, distaccandosi, se e quando necessario, dai modelli presi a riferimento e riflettendo criticamente su di essi. Responsabilità significa prevedere e valutare le conseguenze delle proprie azioni e rispondere di esse giustificandole attraverso argomentazioni plausibili. La responsabilità implica capacità di giudizio e di scelta, di assumersi impegni e portarli a termine con tenacia e perseveranza. Una formazione

scolastica fondata su responsabilità e autonomia deve lavorare sulla capacità di assumere iniziativa, scegliere tra alternative possibili, formulare progetti e portarli a termine, valutare il proprio operato, documentare e argomentare l’intero processo senza tralasciare la costruzione di conoscenze e abilità poiché se non vi sono saperi nel bagaglio dello studente, non vi sono risorse da mobilitare in risposta ad una situazione problema. Questo è il senso della formazione per competenze. L’alunno competente L’alunno competente, di fronte a situazioni nuove, mai viste prima in quella forma, è in grado di mobilitare i propri saperi per leggere e assegnare ad esse significato, utilizzando un repertorio ampio di strategie per affrontarle, riflettere sulle proprie interpretazioni e azioni e modificarle quando necessario. La competenza emerge nell’affrontare situazioni nuove, per le quali non esiste una soluzione preordinata (se esistesse, si arriverebbe alla soluzione attraverso una semplice abilità esecutiva). La formazione per competenze non significa rinunciare alle conoscenze e abilità, ma affiancare ad esse un insieme di strutture mentali che aiutino ad utilizzare in modo opportuno. Indicatori dell’agire con competenza (modello R-I-Z-A) Agire con competenza significa leggere la situazione.problema attraverso modelli mentali che portino ad interpretarla , assegnare senso e prendere decisioni pertinenti. Sulla base di tali decisioni, il soggetto intraprenderà azioni efficaci in risposta alla situazione stessa, scegliendo tra un insieme di strategie a disposizione, valuterà in itinere la bontà delle proprie interpretazioni e azioni, cambiandole quando non dovessero essere adeguate nel corso degli eventi. Quattro elementi caratterizzano la possibilità di agire efficacemente in situazione:

- le risorse : la loro quantità e qualità, possedute e mobilitate, in termini di conoscenze,

abilità e capacità personali, sociale e/o metodologiche;

- le strutture di interpretazione : il secondo elemento riguarda i modelli, espliciti o

impliciti, che guidano l’interpretazione della situazione-problema da parte del soggetto e la conseguente scelta di strategie da utilizzare. Una corretta visione della situazione consente di scegliere le strategie di azione adeguate alla situazione, ma anche a ridefinire il problema;

- le strutture di azione : il terzo elemento riguarda le concrete strategie operative che il

soggetto mette in atto per raggiungere gli scopi che si prefigge, in presenza di una data situazione-problema;

- le strutture di autoregolazione : il quarto elemento riguarda le capacità del soggetto di

capire, in itinere, se le strategie adottate sono le migliori e di cambiarle in caso contrario. Si tratta di capacità autoriflessive e autoregolative che presuppongono che il soggetto sia in grado di analizzare e rivedere le proprie interpretazioni e azioni e di apprendere dall’esperienza concreta che egli compie quotidianamente.

  1. Consapevolezza ed espressione culturale : riguarda la consapevolezza dell’importanza dell’espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni attraverso mezzi di comunicazione quali la musica, lo spettacolo, la letteratura, le arti visive. Le competenze chiave sono interdipendenti e richiedono alla scuola un compito non solo istruttivo, ma educativo, ossia formare cittadini autonomi e responsabili, dotati delle competenze di base per crescere culturalmente durante l’intero arco della loro vita. Le otto competenze vengono declinate nel Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione, il quale a sua volta, dà origine a otto voci (più una aperta) nel Modello di certificazione delle competenze al termine del quinto anno nella scuola primaria e del terzo anno nella scuola secondaria di primo grado. La didattica per competenze Guy Le Boterf ha definito la competenza come un processo che risiede nella mobilitazione delle risorse dell’individuo ( e non nelle risorse stesse) e si configura come un saper agire (o reagire) in una determinata situazione, in un determinato contesto, allo scopo di conseguire una performance, sulla quale altri soggetti dovranno esprimere un giudizio. Competenza come processo che porta il soggetto ad assegnare senso alle situazioni da affrontare, a prendere decisioni pertinenti, a progettare e portare a termine azioni rispondenti alla situazione. Le Boterf scompone il saper agire in tre componenti:

- saper mobilitare, ossia recuperare e mettere in campo le risorse necessarie, anche

trasformandole, per adattarle alla nuova situazione;

- saper integrare, ossia no sovrapporre conoscenze nuove a quelle vecchie, ma saper

costruire strutture di conoscenza coese e interrelate;

- saper trasferire, ossia saper utilizzare le risorse acquisite in situazioni nuove, mai

affrontate prima. Una didattica per competenze mira a fornire un corpus di saperi unito a un insieme di strutture mentali che consentano al soggetto di mobilitarli in una vasta gamma di situazioni, anche mai viste prima. I cardini di una didattica per competenze: a. Non scindere i saperi dai contesti applicativi reali in cui essi traggono origine e sono efficaci per raggiungere determinati scopi; b. Ruolo attivo dello studente nella costruzione di strutture di conoscenza coese e interrelate; la guida istruttiva non è deputata solo a veicolare saperi, ma a produrre autonomia nel problem-solving con quei saperi, facendo emergere, sviluppando e migliorando le potenzialità già presenti nell’alunno; c. Sviluppare nello studente un repertorio di modelli interpretativi per riflettere sulla bontà delle proprie azioni, così da abituarlo ad affrontare in maniera autonoma e responsabile problemi inediti. Non dare, quindi, ai saperi, una mera valenza funzionale, ma renderli vivi, attivi, fecondi. Competenza è “sapere in azione”, ossia saperi in grado di fornire

vie differenti per accedere, comprendere una pluralità di situazioni, astratte, concrete, reali ipotetiche e di migliorare il pensiero, oltre che la conoscenza. Questo orientamento implica che le azioni didattiche non partano dai contenuti disciplinari, ma da famiglie di situazioni-problema, che pongano l’alunno di fronte a sfide complesse che richiedano la mobilitazione coordinata e non standardizzata di più risorse dell’individuo. La valutazione per competenze Se la competenza è un saper agire in una situazione inedita, ma avendo tutte le risorse necessarie in termini di conoscenze, abilità/capacità e atteggiamenti, la valutazione richiede che il soggetto venga messo in una situazione nuova, mai vista prima in quella forma e si rilevi la prestazione in termini di risorse messe in campo, strutture di interpretazione sul problema che viene analizzato e ricondotto a quanto già conosciuto; strutture di azione con cui il problema viene affrontato e strutture di autoregolazione attraverso le quali riflettere sulle proprie azioni, argomentandole in modo efficace e personale. Queste rilevazioni vanno confrontate con dei Profili di competenza che descrivono, in relazione alle tre dimensioni suddette, come si comporterebbe un soggetto competente di fronte a quella situazione- problema. Una buona valutazione per competenze monitora:

- la capacità di esprimere, ma solo se guidato passo passo, prestazioni puramente esecutive,

in situazioni che altri hanno pre-interpretato per lui ( livello iniziale );

- capacità di esprimere prestazioni puramente esecutive ma in modo autonomo in

situazioni che altri hanno pre-interpretato per lui ( livello base);

- Capacità di interpretare in modo autonomo una situazione problematica, saper scegliere

le risorse più opportune per affrontarla e applicarle in modo adeguato (livello intermedio) ;

- Capacità, oltreché di operare autonomamente interpretazioni e azioni, di riflettere su di

esse e argomentarle opportunamente, costruendo ed esprimendo opinioni personali sui problemi mai affrontati e sulle soluzioni proposte (livello avanzato). La scuola delle competenze insegna a ragionare sulle cose Necessaria una scuola in grado di aprirsi alla complessità del mondo odierno, interagendo con le opportunità che esso offre; confrontarsi con un mondo in cui l'informazione non è più risorsa scarsa, ma serve a sviluppare la capacità di trovare, selezionare, valutare buone informazioni e usarle in modo opportuno. La missione della scuola non è dispensare saperi ma regolare saperi e costruire le capacità degli allievi, ossia insegnare ai ragazzi ad acquisire un atteggiamento positivo e aperto verso la crescita personale, l'impegno, il pensiero critico, la cittadinanza attiva, il rispetto delle differenze; preparare i ragazzi a interagire in contesti sociali complessi e multiculturali, attraverso la costruzione di un gruppo classe efficace e coeso in cui le differenze siano una risorsa. La scuola delle competenze non è solo una scuola che insegna le cose, ma insegna a ragionare sulle cose, comprendere il mondo, agire per cambiare la realtà, accogliere il dubbio, mettersi in discussione, migliorare se stessi, le

strategie e attività didattiche, prove e criteri di valutazione. Importante stabilire azioni di monitoraggio periodiche del Curricolo rispetto all’applicazione e all’efficacia dello stesso, dei processi messi in atto, degli esiti ottenuti, delle criticità emerse e dei punti di forza percepiti (diari di bordo dell’insegnante, interosservazione, ossia osservazione incrociata tra insegnanti, in cui un docente osserva sistematicamente l’attività di un collega e viceversa, ecc). Il processo di costruzione del curricolo procede a ritroso, partendo dalle competenze che lo studente dovrà aver maturato in uscita dal primo ciclo e procede via via verso traguardi, obiettivi generali, obiettivi specifici, attività formative, consegne valutative e rubriche valutative per valutare esiti e processi. Dieci passi per la costruzione de Curricolo d’Istituto

- Prendere visione del Profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione e

riconoscerne le implicazione rispetto all’Offerta Formativa d’Istituto;

- Individuare, a partire dalle Indicazioni Nazionali , i traguardi per lo sviluppo delle

competenze da inserire nel Curricolo;

- Individuare gli obiettivi (generali) di apprendimento collegati ai traguardi.

Il Profilo, i traguardi e gli obiettivi generali vengono esplicitati nelle Indicazioni. I Dipartimenti definiscono i traguardi e gli obiettivi che intendono perseguire, tenendo conto delle scelte relative ai nuclei fondanti delle discipline. I traguardi sono prescrittivi e costituiscono il riferimento per la valutazione delle competenze.

- Trasformare gli obiettivi generali in obiettivi specifici collegandoli a contenuti ben

definiti;

- Formulare operativamente gli obiettivi specifici di apprendimento. I Dipartimenti

scolastici devono dare una formulazione operativa agli obiettivi specifici che verrà inserita nel Curricolo di Istituto; una formulazione è operativa se consente di dire se l'obiettivo è stato raggiunto o meno, quindi deve contenere un riferimento ai processi cognitivi che l'alunno dovrà attivare nel perseguire l’obiettivo. Essendo riferiti a competenze, gli obiettivi operazionalizzati corrispondenti a un traguardo devono comprendere descrittori corrispondenti a Strutture di interpretazione, Strutture di azione, Strutture di autoregolazione.

- Definire una scansione temporale per il raggiungimento degli obiettivi operazionalizzati

anno per anno e quadrimestre per quadrimestre.

- Definire le attività formative collegate al raggiungimento di ciascun obiettivo. I

Dipartimenti definiscono le attività da svolgere in classe per il perseguimento dell'obiettivo, delineando sinergie tra discipline, attività interdisciplinari e attività a classi aperte. Le attività vengono formalizzate attraverso le unità di apprendimento (UDA).

- Definire le consegne valutative per controllare il raggiungimento di ciascun obiettivo

specificando: la performance che lo studente deve compiere; le condizioni in cui tali performance è chiamata a svolgersi; i criteri di valutazione della stessa.

- Definire i profili di competenza e/o le rubriche valutative per stabilire il livello di

raggiungimento di ciascun obiettivo e collegare il raggiungimento dell'obiettivo a quello che dovrà essere il giudizio sulla Scheda finale di certificazione delle competenze. I Dipartimenti definiscono i profili di competenza in cui gli obiettivi formulati operativamente vengono declinati per il livello iniziale, base, intermedio, avanzato. Se a questi profili vengono allegati esempi di prestazioni e regole di assegnazione di punteggi, i profili diventano rubriche valutative. Le consegne valutative e le rubriche relative vengono formalizzati in apposite prove comuni (PC).

- Messa a regime del Curricolo e suo monitoraggio. Il Dipartimento controlla che il

Curricolo sia effettivamente applicato, ossia che gli obiettivi perseguiti siano quelli concordati, che le UDA e le PC siano effettivamente utilizzate da tutti i suoi membri. Il Dipartimento organizza azioni di monitoraggio per individuare criticità nell'applicazione del Curricolo e definire strategie per superarle (diari di bordo, riunioni periodiche con resoconti di attività ed esiti degli alunni, interosservazione). La formulazione operativa degli obiettivi di apprendimento Formulare operativamente gli obiettivi di apprendimento richiede l'utilizzo di descrittori specifici , in grado di far capire esattamente qual è la prestazione che viene richiesta all'alunno in termini di processi cognitivi attivati e tipi di conoscenza su cui tali processi operano. In base alla classificazione dei processi di pensiero di Anderson e Krathwohl sì individuano 19 processi di pensiero che vengono suddivisi in sei categorie: ricordare, comprendere, applicare, analizzare, valutare, creare. Tali processi vengono applicati a quattro tipi di conoscenza : conoscenza fattuale, conoscenza concettuale, conoscenza procedurale, conoscenza metacognitiva. Conoscenza fattuale : fatti, terminologia, elementi di base necessari per comprendere concetti complessi o risolvere problemi in un determinato ambito conoscitivo. Conoscenza concettuale : classificazioni, principi, generalizzazioni, teorie, modelli, strutture necessarie per comprendere concetti complessi o risolvere problemi in un determinato ambito conoscitivo. Conoscenza procedurale : algoritmi, tecniche, metodi, strategie utili per compiere operazioni specifiche in un determinato ambito conoscitivo. Conoscenza metacognitiva : consapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, conoscenza contestuale e strategico/riflessiva per la risoluzione di problemi in un determinato ambito conoscitivo. I processi di pensiero e i tipi di conoscenza definiti da Anderson e Krathwohl sono utili per definire esattamente che cosa ci si aspetta dall'alunno e indirizzare in modo mirato gli sforzi didattici e valutativi. I processi inclusi nella categoria “ Ricordare ” riguardano il recupero di conoscenza dalla memoria a lungo termine: rievocare, riconoscere.

Definiscono le azioni che dovrebbe intraprendere un soggetto con competenza “ottimale” per affrontare in modo efficace la situazione-problema proposta. I descrittori corrispondenti alle strutture di azione sono formulati a partire dalle seguenti forme verbali o sinonimi di esse:

- Analizzare (contenuti, processi, …);

- Attribuire (punti di vista, posizioni di autori differenti, …);

- Calcolare (applicando algoritmi…);

- Classificare 8contenuti, processi, soluzioni…);

- Costruire (prodotti…);

- Descrivere (oggetti, processi, soluzioni…);

- Dimostrare (soluzioni…);

- Eseguire (procedure…);

- Formulare (pinai di azioni, strategie…);

- Organizzare (contenuti, processi, eventi…);

- Pianificare (sequenze di azioni, processi, strategie…);

- Produrre (prodotti…);

- Progettare (soluzioni, strategie…);

- Rappresentare graficamente (contenuti, processi, problemi…);

- Realizzare (prodotti, elaborati…);

- Riassumere (contenuti, processi…);

- Ricavare (implicazioni, conclusioni, sintesi…);

- Riformulare (problemi, soluzioni…);

- Spiegare (fenomeni, processi…);

- Tradurre da un formalismo a un altro (contenuti, processi…);

- Trovare esempi di (contenuti, processi…);

- Trovare similarità e differenze in (contenuti, processi…);

- Utilizzare un modello per (risolvere un problema…);

- Utilizzare una procedura per (risolvere un problema…)

Come per le strutture di interpretazione, i contenuti su cui tali processi devono operare perché l’obiettivo possa dirsi raggiunto devono essere esplicitati nelle parentesi. Le strutture di autoregolazione Definiscono i modi con cui un soggetto con competenza “ottimale” dovrebbe riflettere sulla soluzione proposta e sui processi messi in atto per ottenerla. La riflessione sulla soluzione proposta deve essere finalizzata a trovare punti di forza e di debolezza, ad argomentare le “buone ragioni” alla base delle scelte intraprese nella soluzione del compito e ad adattare la propria azione alle situazioni contingenti che si presentano, come ad esempio:

- una richiesta di chiarimento da parte del docente;

- una critica o una richiesta di approfondimento da parte di un compagno;

- la necessità di dover rivedere il proprio lavoro sulla base di nuovo esigenze.

I descrittori sono in genere formulati a partire dalle seguenti forme verbali:

- Argomentare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella

risoluzione di un problema…);

- Chiarificare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella

risoluzione di un problema…);

- Criticare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella risoluzione

di un problema…);

- Difendere (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella

risoluzione di un problema…);

- Giudicare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella risoluzione

di un problema…);

- Giustificare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella

risoluzione di un problema…);

- Motivare (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella risoluzione

di un problema…);

- Trovare errori (le proprie proposte, le proprie soluzioni, le strategie applicate nella

risoluzione di un problema…); Come per le strutture di interpretazione e di azione, i contenuti su cui tali processi devono operare perché l’obiettivo possa dirsi raggiunto devono essere esplicitati nelle parentesi. I verbi elencati, tratti dalla Tassonomia dei processi cognitivi di Anderson e Krathwohl, guidano il processo di operazionalizzazione che consente di passare dai traguardi per lo sviluppo delle competenze agli obiettivi specifici formulati in forma operativa. Processo di operazionalizzazione degli obiettivi di apprendimento

- Traguardi per lo sviluppo delle competenze (dalle Indicazioni nazionali). Esempio:

“alunno partecipa a scambi comunicativi (conversazioni, discussioni di classe o di gruppo) con compagni e insegnanti, rispettando il turno e formulando messaggi chiari e pertinenti, in un registro più possibile adeguato alla situazione;

- Obiettivi (generali) di apprendimento (dalle Indicazioni nazionali). Esempio:

comprendere l'argomento e le informazioni principali di discorsi affrontati in classe;

- Obiettivi specifici di apprendimento (derivati dai precedenti, aggiungendo il

riferimento a contenuti). Esempio: comprendere l'esposizione dell'insegnante relative ai grandi cambiamenti del Neolitico attraverso l'ascolto, la lettura di testi, la visione di documentari;

- Obiettivi specifici di apprendimento in forma operativa (derivati dai precedenti,

aggiungendo il riferimento ai processi cognitivi). Esempio:

  • riformulare (ripetere con parole proprie) quanto esposto dall'insegnante relativamente ai grandi cambiamenti del Neolitico;

In chiave valutativa le rubriche (non fornite prima della prova di valutazione) offrono ai valutatori un quadro di parametri per formulare giudizi attendibili sulle prestazioni messe in atto dall’alunno. Le rubriche possono essere volte alla valutazione olistica se riportano, su un’unica scala descrittiva, criteri generali che l’elaborato deve rispettare; oppure alla valutazione analitica se si basano su una suddivisione di sottoinsieme di criteri ben distinti, ciascuno accompagnato mia una scala descrittiva, che indica i criteri di assegnazione dei punteggi (alcuni criteri avranno un peso maggiore di altri e quindi un peso diverso nello stabilire il giudizio complessivo). In entrambi i casi le rubriche devono contenere:

- i criteri di valutazione, il meno ambigui possibili;

- i livelli di qualità della prestazione, che costituiscono i gradini della scala descrittiva di

valutazione;

- i criteri di attribuzione dei punteggi o giudizi per ciascun livello di prestazione raggiunto.

Il vantaggio del valutare attraverso rubriche è quello di dare allo studente un feedback articolato sulla propria prestazione: lo studente non sa solo se ha sbagliato e quanto, ma sa anche dove e come ha sbagliato e che cosa avrebbe dovuto fare per compiere una prestazione corretta. Una buona rubrica deve:

- essere essenziale : contenere solo gli elementi che servono effettivamente per valutare la

prestazione, separando gli elementi importanti dai meno importanti e stabilendo priorità;

- essere condivisa in modo che gli studenti sappiano che, se il loro lavoro rispetta i

requisiti definiti nella rubrica otterranno quella data valutazione. Questa prevedibilità dei risultati della loro azione induce maggiore motivazione nell'eseguirla, permettendo loro di focalizzare i propri sforzi ed evitare di dispendere le energie in percorsi non ottimali;

- corrispondere ai descrittori dei saperi sotto esame; nella rubrica i descrittori sono resi

espliciti e ne viene data una gerarchia identificando attraverso punteggi, requisiti più o meno importanti per definire una prestazione competente;

- dare una definizione chiara dei livelli di prestazione attesi e fornendo indicazioni

articolate non ambigue del come si discrimina una prestazione di buona qualità da una di pessima qualità e come si assegnano valutazione a prestazioni differenti;

- essere esaustiva : deve prendere in considerazione tutti i possibili modi per svolgere un

compito in maniera adeguata escludendo elementi della prestazione non collocabile all'interno della categoria della rubrica.

3. Progettare e condurre esperienze di apprendimento

Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione sono chiare nell’affermare che spetta alla singola scuola prendere decisioni in merito alle scelte didattiche. E’ opportuno, per evitare disparità di trattamento degli studenti e aumento del carico del lavoro dei docenti, uno schema guida e/o un paradigma

metodologico-operativo condivido da tutto il Collegio docenti per la progettazione di tali attività. Due sono gli elementi da cui non si può prescindere nella scelta di tale paradigma:

- riconoscere che non tutte le strategie formative hanno la stessa efficacia, in quanto ve ne

sono alcune maggiormente efficaci nel raggiungere determinati obiettivi e altre meno;

- qualsiasi sia la strategia scelta, è necessario considerare il ruolo che l’esperienza

quotidiana del ragazzo gioca nella costruzione dei suoi saperi e delle sue competenze. Criteri evidence-informed per definire attività didattiche efficaci L’approccio evidence-informed education mira a far sì che le decisioni degli insegnanti sulle strategie da utilizzare per far raggiungere agli alunni determinati obiettivi di apprendimento, derivino dal connubio tra la loro capacità di giudizio e le migliori evidenze empiriche disponibili. E’ di fondamentale importanza disporre di buone evidenze empiriche, ossia risultati di ricerca che dicano quali strategie hanno funzionato bene e quali meno. Formazione situata per costruire competenze situate L'apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per acquisire competenze spesso non vi è bisogno di contesti scolastici; è necessario quindi che la scuola riveda il suo ruolo di dispensatrice di conoscenze in favore del ruolo di promozione delle capacità degli studenti di dare senso alle varietà delle loro esperienze. L'esperienza non genera automaticamente apprendimento in quanto le persone possono fare tante esperienze e sbagliare sempre; senza un percorso non estemporaneo di riflessione di concettualizzazione, l'esperienza non genera da sola “insegnamenti” da riapplicare in situazioni analoghe. L’apprendimento ha origine dall'esperienza, ma non è il frutto dell'esperienza in sé: esso nasce dalla riflessione sistematica e controllata sull'esperienza messa in atto dal soggetto che apprende. Esperienza è l'esito dell'atto dell' esperire , ossia il raccogliere informazioni attraverso l'interazione sensibile con la realtà (ascolto, osservazione, decodifica, uso, pratica). Nella vita quotidiana ogni situazione genera esperienze che possono diventare ottime occasioni di apprendimento, ma non è detto che i soggetti abbiano sempre l'occasione di condurre le migliori esperienze possibili; infatti, anche se i soggetti vengono posti in situazioni potenzialmente valide per vivere buone esperienze, non è detto che siano in grado di compiere buone riflessioni sulle esperienze compiute e generare quindi apprendimento. La guida istruttiva di un docente è fondamentale per proporre al ragazzo le giuste situazioni, per orientarlo nella riflessione sull'esperienza compiuta, per aiutarlo ad astrarre conoscenze, abilità e competenze e per consolidarle nel suo bagaglio di sapere. La scuola deve quindi mettere l'alunno in situazione , facendo emergere le sue potenzialità e le sue risorse attraverso esperienze didattiche aperte e stimolanti, che lo incuriosiscano e lo mettano alla prova. Queste esperienze guidate che conducono riflessione e costruzione di nuovi saperi e competenze favoriscono autonomia nell'affrontare anche compiti nuovi e imprevisti, promuovono responsabilità che si traduce nel fare bene il proprio lavoro e portarlo a termine avendo cura

suggerimenti su altre situazioni reali a cui tali principi potrebbero essere applicati. Il docente proporrà infine un altro problema a cui tali principi e soluzioni dovranno essere applicati ( Applicazione ) e questo farà partire un nuovo ciclo di apprendimento esperienziale, secondo un percorso a spirale. Anche se tutti gli obiettivi di formazione scolastica sono perseguibili con attività strutturate secondo il ciclo di apprendimento esperienziale, non è indispensabile ridisegnare tutta la propria attività didattica in tal senso. Ciò che è importante è che gli alunni si trovino periodicamente a lavorare con il modello proposto, in modo da poter mettere in gioco, far emergere, incrementare e affinare progressivamente le proprie Risorse, Strutture di interpretazione, Strutture di azione, e Strutture di autoregolazione. Il modello offre vantaggi anche sul piano della didattica inclusiva: grazie al lavoro a coppie anche gli alunni più deboli o con difficoltà particolari possono cimentarsi con problemi che da soli non sarebbero un grado di risolvere. Ottimizzare tempi didattici e di apprendimento con i cicli di Apprendimento Esperienziale Se si adotta come modello didattico il Ciclo di Apprendimento Esperienziale (CAE), dato che la durata di un CAE dipende dalla tipologia del Problema di partenza , problemi articolati che necessitano di un alto numero di azioni da parte degli studenti (es. organizzare una gita scolastica) richiedono un grosso ammontare di tempo scuola e di lavoro autonomo, quindi andrebbero utilizzati con parsimonia e suddivisi in sotto-problemi più brevi (costo dell’affitto di un autobus, programmare un itinerario dei visita, …) ciascuno dei quali andrebbe affrontato in un CAE a sé stante, in modo che non passi troppo tempo tra l’Esperienza condotta dagli alunni e il feedback fornito loro nelle fasi di Analisi e di Generalizzazione. Meglio mettere in atto in classe Cicli di apprendimento esperienziale della durata di due ore circa, scegliendo Problemi di partenza circoscritti. I protocolli di lavoro possono essere adattati dagli insegnanti in base alle diverse esigenze, mantenendo però i momenti e la logica del CAE che prevede:

- l’affrontare problemi nuovi con il supporto necessario per poter rendere al meglio;

- narrare l’esperienza compiuta;

- analizzarla e trarne sintesi e generalizzazioni con l’aiuto dell’insegnante;

- riapplicare quanto appreso in una situazione nuova con un livello di difficoltà in più.

4. Situazioni-problema, compiti di realtà, compiti autentici

Per il buon funzionamento del ciclo di apprendimento esperienziale, la scelta della situazione-problema di partenza è cruciale. Lavorare su un problema della giusta difficolta, non troppo ampio, molto focalizzato, che richieda un tempo limitato per poter essere risolto e che consenta ai ragazzi di poter mettere in campo le proprie risorse/strutture per fare “quel piccolo passo in più” rispetto a ciò che sanno già fare, è il prerequisito indispensabile perché l’Attività (intesa come azione didattica strutturata secondo un singolo ciclo di

apprendimento esperienziale) possa avere successo. Se il problema è chiuso, la fase di Comunicazione non avrà senso, dato che tutti gli alunni ripeteranno la medesima soluzione, così come le fasi di Analisi (dato che la soluzione potrà essere giusta o sbagliata) e di Generalizzazione (dato che la soluzione non verrà costruita con la classe, ma fornita d’ufficio dal docente, come risposta alle soluzioni errate proposte dagli alunni. Se il problema richiede troppo tempo, gli alunni si perderanno in ragionamenti poco produttivi. Situazioni-problema, compiti di realtà, compiti autentici. Differenze. Con il termine situazioni-problema si intendono delle consegne proposte allo studente che possono essere utilizzate per far partire attività didattiche o valutative. Tali consegne:

- devono essere considerate come una sfida, ossia un compito la cui soluzione non è

conosciuta a priori, ma va costruita dallo studente con l’ausilio delle risorse (interne ed esterne) possedute in quel momento;

- devono proporre una sfida significativa per l’alunno, che quindi ne sollecita l’interesse,

attraverso la motivazione intrinseca (piacere della sfida) ed estrinseca (ricevere gratificazioni);

- propongono una sfida possibile, che l’alunno percepisce come affrontabile con le risorse

di cui dispone in quel momento;

- sono aperte, possono essere cioè interpretate e affrontate secondo prospettive differenti

che portano a soluzioni multiple oppure a una soluzione unica, ma dalla quale si può arrivare attraverso percorsi differenti;

- proprio perché alcune soluzioni possono essere molteplici, alcune migliori, alcune

peggiori, inducono gli alunni a riflettere sulle proprie soluzioni;

- sono inedite per l’alunno, nuove, non identiche a quelle che ha visto precedentemente

nella didattica e nella valutazione, quindi stimolando processi di scoperta;

- sono intrinsecamente transdisciplinari, dato che per risolverle sono quasi sempre

necessari gli apporti di risorse cognitive connesse a diverse discipline scolastiche;

- richiedono l’esercizio coordinato di processi cognitivi di alto livello: comprensione,

applicazione, analisi, valutazione, creazione;

- sono contestualizzate, ossia fanno riferimento a situazioni ben precise e delimitate;

- offrono agli alunni la possibilità di collaborare per giungere alla soluzione, nei limiti

definiti dall’insegnante, e tale collaborazione può essere messa in atto assumendo diversi ruoli;

- uniscono l’aspetto didattico a quello valutativo, perché consentono di osservare e valutare

come l’alunno mobilita le sue preconoscenze nell’affrontarle;

- Possono generale un prodotto finale che documenta e rende visibili le competenze

dell’alunno. Quando le situazioni problema sono tratte dalla realtà quotidiana dei soggetti, personale o professionale, si parla di compiti di realtà. Quando i compiti di realtà richiedono che il

gli studenti mettono alla prova le loro risorse e strutture e le fanno emergere nelle fasi di Esperienza e di Comunicazione. Il docente può osservare il lavoro a coppie o a gruppi di tre nella fase di Esperienza e acquisire preziose informazioni valutative sui processi messi in atto per giungere a determinati esiti; può ascoltare i resoconti dei lavori nella fase di Comunicazione e capire quali sono i punti di forza e le lacune nella preparazione degli studenti; può vedere come gli studenti intervengono nella fase di Analisi e desumerne la capacità riflessiva e critica. Nel ciclo di apprendimento esperienziale didattica e valutazione sono strettamente correlate: il momento formativo è anche un momento valutativo e viceversa. Occorre, inoltre, predisporre momenti di valutazione in cui gli studenti debbano affrontare da soli delle situazioni problema che coinvolgano le competenze oggetto di valutazione. Queste prove vengono dette prove esperte, per sottolineare il fatto che mettono in gioco l’ expertise del soggetto o, in generale, prove di competenza (PdC). Tutte queste informazioni possono convergere in una Scheda Studente che ne riassume l’andamento in relazione ai singoli traguardi associati a ciascuna competenza sulla scheda finale di valutazione. Gli esiti di competenza non si esprimono in voti, ma in livelli corrispondenti ad uno studente non autonomo nemmeno nello svolgere compiti puramente esecutivi (livello D

  • Iniziale ), a uno studente autonomo nell’eseguire compiti puramente esecutivi ( livello C - Base) a uno studente in grado di capire da solo quali risorse deve applicare alla risoluzione di problemi mai visti precedentemente in quella forma ( livello B - Intermedio ), a uno studente in grado di di capire da solo quali risorse deve applicare alla risoluzione di problemi mai visti in precedenza in quella forma e di spiegare anche perché sono corrette le sue scelte, con argomentazioni personali e originali ( livello A - Avanzato ). Mentre i voti fanno riferimento a prove di conoscenza/abilità, i livello si riferiscono a competenze, ossia all’affrontare problemi mai visiti prima in quella forma mostrando autonomia e responsabilità nell’utilizzare le proprie risorse; è errato, quindi, ricodificare i voti in livelli di competenza sulla scheda finale di valutazione. L’esito complessivo su ciascun traguardo non sarà dato dalla media delle prove, ma tenendo conto dell’evoluzione dello studente su quel traguardo. Si dovrà poi fare una sintesi tra gli esiti complessivi per i singoli traguardi, in modo da arrivare a un esito unico per la competenza oggetto di valutazione sulla scheda finale. L’aver messo l’alunno di fronte a numerose prove nel corso del ciclo di formazione consentirà comunque all’insegnante di avere un’idea discretamente chiara ed esaustiva della competenza dello studente e del suo essere competente, riflessivo ed originale (livello avanzato), competente (livello intermedio), esecutore (livello base) esecutore solo se guidato (livello iniziale). Per assegnare uno dei quattro livelli agli esiti dello studente su ciascuna situazione problema è possibile associare a ogni situazione problema un profilo di competenza declinato per livelli e per strutture di interpretazione, azione e autoregolazione. Costruito in questo modo, il profilo di competenza svolge le funzioni di una vera e propria rubrica valutativa, ossia consente di classificare la prestazione

dello studente all’interno di uno dei quattro livelli indicati. Non vi saranno mai prestazioni dello studente esattamente coincidenti con i descrittori di uno dei livelli; ma si sceglierà il livello che presenta i descrittori più simili alla prestazione osservata nello studente.

6. Appendice

Scheda riassuntiva di processo: dal curricolo verticale alla certificazione Primo momento - Costruzione del curricolo verticale Partendo dai traguardi per lo sviluppo delle competenze presenti nelle Indicazioni nazionali, gli insegnanti collegano a questi gli obiettivi di apprendimento (generali) esplicitati nelle Indicazioni stesse. Dagli obiettivi di apprendimento Generali gli insegnanti poi ricavano gli obiettivi specifici in forma operativa utilizzando i descrittori delle:

- strutture di interpretazione;

- strutture di azione;

- strutture di autoregolazione.

Tali descrittori indicano i processi cognitivi coinvolti. Secondo momento - Didattica A partire dagli obiettivi specifici in forma operativa nel curricolo verticale vanno definite le attività didattiche da svolgere nella pratica scolastica quotidiana. L’attività può essere svolta da soli, a coppie o a gruppi di tre e organizzata secondo il Ciclo di apprendimento esperienziale:

- Un problema aperto, sfidante, tratto dal mondo reale, proposto alla classe;

- Gli studenti (soli, a coppie o a gruppi di tre) “inventano” una soluzione sulla base delle

loro conoscenze attuali;

- Gli studenti raccontano alla classe la loro soluzione, in un tempo limitato;

- L’insegnante e i compagni individuano i punti di forza e di debolezza della soluzione

trovata. L’insegnante li riassume alla lavagna;

- La classe (aiutata dal docente) cerca di trovare uno o più soluzioni ottimali;

- La classe applica la soluzione ottimale trovata alla risoluzione di un problema analogo.

Terzo momento - Valutazione L’insegnante valuta le competenze manifestate dagli studenti nell’attività svolta, utilizzando una rubrica valutativa precedentemente creata che contenga gli obiettivi specifici formulati in forma operativa (corrispondenti alle strutture di interpretazione, azione e autoregolazione relative alle competenze in oggetto). Con tale rubrica l’insegnante osserva gli studenti durante l’attività (Oss). La valutazione viene completata proponendo, dopo l’attività, una prova di valutazione per competenze (PdC) in cui gli studenti del