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Guias e Dicas
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Autonomia Contrattuale e Limiti: Teorie e Principi, Exercícios de História

Della autonomia contrattuale e dei limiti imposti all'autonomia privata nella stipulazione di contratti. Vengono presentate diverse teorie, tra cui la pluralità degli ordinamenti giuridici e la distinzione tra contratti tipici e atipici. Il ruolo del giudizio di liceità, dell'articolo 1339 del codice civile e della libertà di stipulare contratti atipici. Vengono anche discusse le nozioni di liceità e buon costume.

O que você vai aprender

  • Come il giudizio di liceità influisce sulla validità di un contratto?
  • Che significato ha la nozione di buon costume nel contesto del diritto privato?
  • Che teoria giuridica spiega come il contratto costituisca un ordinamento a sé stante?
  • Come la libertà di stipulare contratti atipici è regolata dal codice civile?
  • Quali sono i limiti alla libertà contrattuale imposti dall'ordinamento giuridico?

Tipologia: Exercícios

2021

Compartilhado em 02/03/2021

S.ESPOSITO09
S.ESPOSITO09 🇦🇴

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L’autonomia nella pluralità delle fonti e dei valori. All’interno del seguente capitolo Perlingieri si occupa
dell’autonomia o ciò che lui preferibilmente chiama come autonomia negoziale all’interno di un sistema
unitario che presenta però una vastissima pluralità di fonti nonché di valori. Egli ci dice che sono fonti del
diritto –gli atti e –i fatti che interpretati -> producono la norma. Le norme nel loro insieme danno vita ad
una scala gerarchica al cui vertice vi ritroviamo la costituzione. La quale a sua volta si esprime mediante
principi e mediante valori. Tutto ciò da vita all’unità assiologica su cui fonda il nostro sistema. Una cosa è
però l’unitarietà dell’ordinamento altra cosa è l’indiscussa pluralità di fonti e di valori
Pluralità delle fonti: Egli ci dice che sono fonti del diritto –gli atti e –i fatti che interpretati -> producono la
norma. Le norme nel loro insieme danno vita ad una scala gerarchica al cui vertice vi ritroviamo la
costituzione. L’indiscussa eterogeneità e pluralità delle fonti è frutto di diversi fattori. Innanzitutto gran
parte del merito va al c.d. decentramento amministrativo, grazie al quale è stato riconosciuto agli enti locali
poteri autonomi ed esclusivi, si va così verso una regionalizzazione e localizzazione del diritto. Lo stesso
principio di uguaglianza può realizzarsi mediante il pluralismo locale, si pensi che il dettato costituzionale
attribuisce alla normativa regionale il compito di rimuovere ogni qual tipo di ostacolo che impedisca la
parità tra donna e uomo. Nella complessità delle fonti bisogna tener ben presente anche dell’attività
interpretativa delle corti, in particolar modo della corte costituzionale che mediante le sue sentenza ci
fornisce delle interpretazioni sempre più rispondenti al dettato costituzionale. Dubbi invece sorgono sulle
c.d. autorità indipendenti tipo l’autorità garante della concorrenza e del mercato, la riconducibilità degli atti
emanati da queste autorities ci porta all’interno dell’alveo delle c.d. fonti extra ordinem la cui idoneità non
è stabilita da norme superiori in maniera univoca e tali sono ad es. i contratti collettivi di lavoro. Tuttavia
fino ad ora abbiamo parlato delle fonti interne ma nella pluralità del nostro sistema riscontriamo anche le
fonti sovranazionali. Noi sappiamo che l’UE deve garantire uno sviluppo dell’economia e ciò lo fa mediante
un unico mercato, un’unica moneta, deve promuovere la libera circolazione delle persone oltre che delle
merci, deve garantire la protezione dell’ambiente, la solidarietà fra gli stati membri. Tuttavia per assolvere a
detti compiti, gli organi comunitari emettono non solo raccomandazioni e parare, ma anche regolamenti e
direttive. I regolamenti sono immediatamente operanti all’interno dello stato membro, rimanendo
subordinati solo ed esclusivamente a principi di rango costituzionale, è poi ammesso tra l’altro che la corte
costituzionale possa giudicare la loro conformità alla costituzione. Diverse sono invece le direttive che
pongono il principio che andrà osservato, ma necessitano di un atto interno di recepimento. Ad ogni modo
nonostante la pluralità e l’eterogeneità delle fonti si assiste comunque alla loro armonizzazione nel sistema.
Pluralità e gerarchia dei valori. Come abbiamo già anticipato al vertice della gerarchia delle fonti vi
troviamo la carta costituzionale, la quale si esprime attraverso principi e valori. Quando infatti si parla di
gerarchia delle fonti si sottolinea, non solo l’esigenza di certezza formale, ma anche di gerarchia dei valori in
quanto principi rispondenti allo stesso costituzionale. In altre parole, se l’atto normativo (fonte) viola il
valore, la fonte stessa è nulla proprio per proteggere l’integrità assiologica del sistema. Ma in che modo
definire il concetto di valore, quale espressione dei principi posti a salvaguardia della Costituzione? Il valore,
certamente, è unitario, ma molteplici sono i suoi aspetti: politici, sociali, etici, giuridici ecc. Per la sua
individuazione il giurista dovrà sempre tener presente il dato normativo. La norma ci dice Perlingieri si
adegua al fatto storico e il fatto alla norma e proprio in tal modo si perviene al concetto di valore. Più
l’ordinamento giuridico si identifica con quello sociale, e più il valore, quale criterio normativo a cui far
riferimento, sarà rispondente alla realtà. Ne consegue il necessario e continuo adeguamento della realtà
sociale ed economico-politica alla realtà giuridica e viceversa.
All’interno di questa pluralità di fonti e valori si colloca anche l’autonomia contrattuale che è sintesi di
valori, in parte imposti e in parte scelti. Essa è attuativa ma al tempo stesso creativa e per tale via
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L’autonomia nella pluralità delle fonti e dei valori. All’interno del seguente capitolo Perlingieri si occupa dell’autonomia o ciò che lui preferibilmente chiama come autonomia negoziale all’interno di un sistema unitario che presenta però una vastissima pluralità di fonti nonché di valori. Egli ci dice che sono fonti del diritto –gli atti e –i fatti che interpretati -> producono la norma. Le norme nel loro insieme danno vita ad una scala gerarchica al cui vertice vi ritroviamo la costituzione. La quale a sua volta si esprime mediante principi e mediante valori. Tutto ciò da vita all’unità assiologica su cui fonda il nostro sistema. Una cosa è però l’unitarietà dell’ordinamento altra cosa è l’indiscussa pluralità di fonti e di valori Pluralità delle fonti: Egli ci dice che sono fonti del diritto –gli atti e –i fatti che interpretati -> producono la norma. Le norme nel loro insieme danno vita ad una scala gerarchica al cui vertice vi ritroviamo la costituzione. L’indiscussa eterogeneità e pluralità delle fonti è frutto di diversi fattori. Innanzitutto gran parte del merito va al c.d. decentramento amministrativo, grazie al quale è stato riconosciuto agli enti locali poteri autonomi ed esclusivi, si va così verso una regionalizzazione e localizzazione del diritto. Lo stesso principio di uguaglianza può realizzarsi mediante il pluralismo locale, si pensi che il dettato costituzionale attribuisce alla normativa regionale il compito di rimuovere ogni qual tipo di ostacolo che impedisca la parità tra donna e uomo. Nella complessità delle fonti bisogna tener ben presente anche dell’attività interpretativa delle corti, in particolar modo della corte costituzionale che mediante le sue sentenza ci fornisce delle interpretazioni sempre più rispondenti al dettato costituzionale. Dubbi invece sorgono sulle c.d. autorità indipendenti tipo l’autorità garante della concorrenza e del mercato, la riconducibilità degli atti emanati da queste autorities ci porta all’interno dell’alveo delle c.d. fonti extra ordinem la cui idoneità non è stabilita da norme superiori in maniera univoca e tali sono ad es. i contratti collettivi di lavoro. Tuttavia fino ad ora abbiamo parlato delle fonti interne ma nella pluralità del nostro sistema riscontriamo anche le fonti sovranazionali. Noi sappiamo che l’UE deve garantire uno sviluppo dell’economia e ciò lo fa mediante un unico mercato, un’unica moneta, deve promuovere la libera circolazione delle persone oltre che delle merci, deve garantire la protezione dell’ambiente, la solidarietà fra gli stati membri. Tuttavia per assolvere a detti compiti, gli organi comunitari emettono non solo raccomandazioni e parare, ma anche regolamenti e direttive. I regolamenti sono immediatamente operanti all’interno dello stato membro, rimanendo subordinati solo ed esclusivamente a principi di rango costituzionale, è poi ammesso tra l’altro che la corte costituzionale possa giudicare la loro conformità alla costituzione. Diverse sono invece le direttive che pongono il principio che andrà osservato, ma necessitano di un atto interno di recepimento. Ad ogni modo nonostante la pluralità e l’eterogeneità delle fonti si assiste comunque alla loro armonizzazione nel sistema. Pluralità e gerarchia dei valori. Come abbiamo già anticipato al vertice della gerarchia delle fonti vi troviamo la carta costituzionale, la quale si esprime attraverso principi e valori. Quando infatti si parla di gerarchia delle fonti si sottolinea, non solo l’esigenza di certezza formale, ma anche di gerarchia dei valori in quanto principi rispondenti allo stesso costituzionale. In altre parole, se l’atto normativo (fonte) viola il valore, la fonte stessa è nulla proprio per proteggere l’integrità assiologica del sistema. Ma in che modo definire il concetto di valore, quale espressione dei principi posti a salvaguardia della Costituzione? Il valore, certamente, è unitario, ma molteplici sono i suoi aspetti: politici, sociali, etici, giuridici ecc. Per la sua individuazione il giurista dovrà sempre tener presente il dato normativo. La norma ci dice Perlingieri si adegua al fatto storico e il fatto alla norma e proprio in tal modo si perviene al concetto di valore. Più l’ordinamento giuridico si identifica con quello sociale, e più il valore, quale criterio normativo a cui far riferimento, sarà rispondente alla realtà. Ne consegue il necessario e continuo adeguamento della realtà sociale ed economico-politica alla realtà giuridica e viceversa. All’interno di questa pluralità di fonti e valori si colloca anche l’autonomia contrattuale che è sintesi di valori, in parte imposti e in parte scelti. Essa è attuativa ma al tempo stesso creativa e per tale via

contribuisce ad alimentare l’ordinamento, da cui contemporaneamente trae la propria legittimazione. Per autonomia privata deve intendersi il potere, riconosciuto, tanto ai soggetti pubblici quanto ai soggetti privati, di regolamentare i propri interessi. All’interno dell’autonomia contrattuale può rientrarvi anche l’ente pubblico nel momento in cui decide di operare iure privatorum, anziché iure imperii. È superata pertanto in tal caso la rigida dicotomia tra diritto pubblico e diritto privato. In realtà secondo Perglingieri, sarebbe più corretto parlare di autonomia negoziale giacché essa può comprendere anche gli atti a struttura unilaterale e a contenuto non patrimoniale. Come possiamo notare, ci dice invece Gazzoni, il codice pone al centro del sistema il contratto, ma in nessuna norma si fa riferimento al negozio giuridico, come accade invece in altri codici, come ad es. quello tedesco. Tale scelta si spiega in ragione di una lunga evoluzione storico – giuridica ed è dovuta probabilmente all’intenzione di porre l’accento, più che sul potere della volontà del singolo, sull’oggettivo strumento di scambio. Infatti il concetto di negozio giuridico, come ci fa notare Ferri, fu elaborato come manifestazione di volontà. Dunque quella del negozio giuridico è la teorizzazione di un’unica categoria che abbracciava manifestazioni molteplici, dagli atti inter vivos a quelli mortis causa, da quelli unilaterali a quelli bilaterali, così come i plurilaterali. Seppure il negozio giuridico, in quanto categoria, continua, così come nel codice dell’85, ad essere ignorato nel codice civile del 1942 ha contribuito di gran lunga alla stesura di quest’ultimo, all’interno del quale notiamo una serie di notevoli cambiamenti. Innanzitutto il contratto che prima era collocato all’interno del 3° libro quale modo di acquisto o di trasferimento della proprietà, viene scorporato dall’istituto di proprietà per essere poi posto al centro del sistema, come strumento di scambio e come motore dell’imprenditorialità. Assistiamo inoltre ad una unificazione di tipo legislativa che prima d’allora era divisa tra un codice di consumo e un codice di commercio. Ulteriore novità è che nel codice del 1942 è prevista anche una certa tutela nei confronti del consumatore, infatti importante è l’art. 1469 bis che tuttavia per prima rimanda alla legge ad hoc e poi in via supplementare al codice. Importante è la forza espansiva di quella che è la disciplina contrattuale che si estende come dice l’art. 1324 anche agli atti unilaterali inter vivos dal contenuto patrimoniale, in quanto compatibili, come possiamo notare però l’art. parla di atti e non di negozi quasi a non voler prendere posizione circa l’esistenza della categoria negoziale. Le teorie : Gazzoni ci dice che prima ancora di comprendere il rapporto che sussiste tra autoregolamento e ordinamento è opportuno verificare se gli effetti giuridici sono frutto diretto e immediato delle parti oppure se si producono a seguito di un comando normativo a tal proposito, si sono andate a creare una serie di teorie: La prima è la teoria volontaristica che viene trattata tanto da Gazzoni quanto da Perlingieri il quale parlerà addirittura di autonomia privata come dogma (sia per far riferimento alla teoria volontaristica che alla teoria percettiva). Infatti detta teoria che è una teoria di ispirazione ottocentesca pone la volontà al centro del sistema giuridico. È la volontà dei privati a produrre gli effetti giuridici, per cui non sussiste alcuna dialettica tra la volontà del privato e quella che è la volontà della legge, dal momento in cui il ruolo svolto dall’ordinamento è unicamente quello di porre dei limiti esterni all’autonomia contrattuale, limiti i quali derivano dalla contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. Ma all’interno di detti limiti imposti dall’ordinamento, la volontà del privato può spaziare liberamente. Gazzoni imbattendosi in questa teoria riesce a fornircene una notevole critica, a parer del giurista la volontà è certamente la causa psichica dell’atto, ma in tal modo la teoria non dimostra come sia anche CAUSA GIURIDICA dell’EFFETTO. Inoltre la teoria non prende minimamente in considerazione il fatto che una nozione così ampia di volontà finirebbe per inglobare anche atti non negoziali. Perlingieri affermerà che mediante detta teoria il destinatario è tutelato solo quando vi sia corrispondenza tra volontà effettiva e volontà dichiarata. Poi abbiamo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, teoria che nasce grazie a Salvatore Romano, in base a detta teoria il contratto costituisce un ordinamento a sé stante disciplinato da regole poste in

di pensiero differenti, infatti se da un lato c’è chi addirittura sostiene che l’autonomia contrattuale possa trovare il suo fondamento all’interno dell’art. 2 della nostra carta costituzionale, c’è chi invece afferma più correttamente che l’art. 2 non tuteli la libertà contrattuale ma proprio l’autonomia privata volta a dar vita a delle formazioni sociali. Ma l’autonomia oltre che nella costituzione va inquadrata anche nel diritto comunitario il quale cerca di modulare l’autonomia negoziale in funzione dell’unione economica e monetaria. In tale disegno sono state varate le normative di tutela del contraente più debole, quelle che prevedono la nullità delle clausole vessatorie, nonché tutte quelle normative che tendono al superamento delle disparità esistenti. Ne deriva che in tutte le aree dell’autonomia contrattuale interessate alla disciplina comunitaria è attribuito un ruolo fondamentale all’informazione che si esprime mediante la stessa forma del contratto, si assiste così ad un ritorno al formalismo. Peraltro, lo stato di debolezza economica può riguardare lo stesso professionista quando contrae con un soggetto di pari forza e si è creato uno squilibrio tra obblighi. Limiti all’autonomia negoziale e giudizio di meritevolezza dell’atto. L’atto di autonomia negoziale non è un valore in sé ma lo diventa a seguito di un giudizio di meritevolezza. II regolamento contrattuale come ben sappiamo ha le sue fonti, oltre che nella legge, negli usi e nell’equità (1374) ne si può credere che l’integrazione legale, si pensi all’art. 1339, sia una profanazione all’autonomia negoziale, come invece si pensò nell’immediato dopoguerra. Esistono alcuni limiti negativi ed altri positivi, questi limiti posti all’autonomia dei privati servono ad attuare la parità sostanziale, servono a tutelare il contrente più debole e questi limiti non possono più essere considerati esterni ed eccezionali, vanno bensì considerati interni in quanto attribuiscono al negozio/contratto il suo significato costituzionale, nonché corrispettivo della libertà di mercato, questo è quanto ci sottolinea Perlingieri. Gazzoni ci dice che la libertà contrattuale va intesa sotto diverse prospettive quali: 1. libertà di concludere o meno il contratto; 2. libertà di fissarne il contenuto; 3. libertà di scegliere la persona del contraente; 4. libertà di dar vita a contratti atipici. Ciascuna di queste libertà riscontra dei limiti. Per quanto riguarda la libertà di concludere o meno il contratto, vi sono una serie di limitazioni: -la prima la si riscontra nell’OBBLIGO A CONTRARRE, ebbene sì, il soggetto talune volte non è libero di contrarre, bensì vi è obbligato o dalla volontà privata o dalla legge. Nel primo caso, ossia quando si è obbligati a contrarre per via della volontà privata, all’inadempimento (si pensi ad es. al contratto preliminare) consegue la possibilità per la parte adempiente di ottenere una sentenza esecutiva, ex art. 2932, e non già il mero risarcimento del danno, cosicché viene difficile considerare il vincolo come frutto di autoregolamento. Mentre in caso di inadempimento dell’obbligo di contrarre per legge, si pensi alle imprese in regime di monopolio legale, le quali sono legalmente obbligate a contrarre, questo, in particolare , è un obbligo che assicura la parità di trattamento agli utenti di un pubblico servizio Es. L’ Enel non può rifiutarsi di installare un impianto elettrico nella casa di Tizio. O si pensi ancora ai soggetti che voglio circolare mediante autoveicoli devono per forza concludere un contratto di assicurazione. Mentre per quel che riguarda la libertà del contenuto, i limiti sono diversi: Il primo limite è dato dal GIUDIZIO DI LICEITA’: L’autonomia contrattuale può anche scontrarsi con l’ordinamento giuridico, quando i privati travalichino i limiti posti a tutela degli interessi collettivi, limiti costituiti dalla contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume. Secondo limite è dato dall’art. 1339 del nostro c.c. intitolato Inserzione automatica di clausole, l’art. infatti sancisce: “Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge o da norme corporative sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.” Si pensi poi ancora alla condizioni generali di contratto o ancora ai contratti conclusi mediante moduli o formulari.

Mentre per quanto riguarda la libertà di scegliere il contraente con cui stipulare:

  • Es. prelazione legale: nel caso del retratto successorio l’art. 732 c.c. stabilisce che il coerede, il quale vuole alienare la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione agli altri coeredi indicandone il prezzo. entro un breve termine (due mesi) gli altri coeredi si debbono decidere: se vogliono acquistare al prezzo indicato, l’alienazione è conclusa; altrimenti, chi ha notificato la proposta può vendere liberamente ad estranei. Se viene omessa la notificazione e il coerede procede ugualmente alla vendita, gli altri coeredi possono riscattare la quota per il prezzo pagato, sostituendosi all’acquirente nel negozio di alienazione, è quest’ultimo il c.d. istituto del retratto successorio. il retratto può essere esercitato finché non sia sciolta la comunione. -pensiamo anche all’assicurazione obbligatoria: nel caso dell’assicurazione obbligatoria contro i danni da circolazione il proprietario dell’autoveicolo può contrarre solo con una delle compagnie di assicurazione autorizzate in uno dei paesi dell’UE. Mentre per quanto riguarda la libertà di stipulare un contratto atipico, anche in tal caso è doveroso citare l’art. 1322: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.” Giudizio di meritevolezza: va espresso sull'iniziativa posta in concreto tra le parti, verificando tra l'altro l’adeguatezza dell’atto e degli strumenti adoperati per raggiungere il risultato. Gerarchia dei Valori e Meritevolezza dell’atto. La gerarchia di valori in base alla quale effettuare il giudizio di meritevolezza è prestabilita da fonti normative gerarchicamente superiori, in merito al giudizio di meritevolezza, in questa sede il Perlingieri affronta il problema della “prassi mercantile” delle nazioni civili (prassi commerciale proveniente dall’estero), che considera come una nuova “lex mercatoria”, che però non può influenzare il giudizio di meritevolezza. Esso non deve essere influenzato dalla prassi mercantile estera in virtù del principio secondo cui ciò che è valido nelle nazioni civili non è automaticamente valido nel nostro ordinamento. Nozione di Mercato per Perlingieri: il mercato è uno statuto normativo complesso destinato a garantire il suo regolare funzionamento mediante un adeguata tutela sia del produttore che del consumatore, e nell'assoluto rispetto delle primarie, indefettibili esigenze dell’uomo”. b) Distinzione tra Liceità e Meritevolezza dell’atto Liceità: Non contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume. Meritevolezza: Conformità del negozio ad armonizzarsi ai principi dell’ordinamento (costituzionali e comunitari). Art. 1322 c.c. , il giudizio è sia di liceità che di meritevolezza, ovvero di idoneità con i valori dell’ordinamento. N.B. : Sul Giudizio di meritevolezza il Gazzoni riferisce la valutazione dell’idoneità dello strumento contrattuale atipico perché assurge a valutare che lo schema astratto è accettabile sul piano giuridico, è meritevole di tutela solo se lo schema è adottabile dalla collettività e sia socialmente utile. Il giudizio di meritevolezza riguarda i contratti “tipici” e i contratti “atipici”. L’atto negoziale è valido se lecito e meritevole di tutela. Da qui la conseguenza di un ridimensionamento della distinzione tra contratti tipici e atipici. Procedimento: individuare il contratto in tutti i suoi aspetti e peculiarità attraverso un metodo casistico. Analisi del caso concreto: significa individuare la disciplina applicabile in virtù di un principio di ragionevolezza ed adeguamento al concreto interesse delle parti, abbandonando il superficiale ed inadeguato metodo della sussunzione sillogistica.

Il controllo di meritevolezza si ispira sempre più al principio di proporzionalità, proporzionale non vuol dire che deve esserci equivalenza di prestazioni né netta corrispettività, ma equilibrio nel regolamento. ES. caso di chi, volendo acquistare l’appartamento confinante per ampliare il proprio, è disposto a pagare un surplus rispetto al valore di mercato. Nessuno potrebbe affermare che l’acquirente, pagando di più, conclude un contratto non meritevole per la mancata corrispondenza del prezzo con il valore di mercato. Non concorrono all’individuazione del tipo contrattuale: -La struttura negoziale, in quanto la medesima funzione può essere realizzata mediante più strutture, secondo il principio dell’economia degli atti e delle dichiarazioni. La variabilità della struttura induce a concludere che quest’ultima non incide sulla individuazione della funzione e prescinde del tutto dalla tipicità o atipicità del contratto. Si pensi alla remissione del debito. È un negozio che produce il proprio effetto (estinzione dell’obbligazione) con strutture diverse: a volte occorre una struttura bilaterale; altre è sufficiente una struttura unilaterale. In particolare, occorre accertarsi se ogni dichiarazione di volontà delle parti sia necessaria. Nell’esempio precedente, occorre verificare se il debitore abbia o meno un interesse giuridicamente rilevante alla non estinzione dell’obbligazione. Se ha tale interesse, deve partecipare alla struttura ed il negozio sarà bilaterale. Se manca, si avrà la struttura unilaterale. -La forma della manifestazione. Si pensi alla donazione: purché fatta per spirito di liberalità, sarà donazione sia quella che si realizza mediante atto pubblico, sia quella di modico valore possibile anche senza atto pubblico. -L’oggetto del contratto, che non è decisivo per l’individuazione del tipo, ma concorre a delimitarne la portata e la disciplina. In proposito si può fare riferimento alla definizione legislativa di vendita (art. 1470 c.c.). La vendita può avere ad oggetto non soltanto il diritto di proprietà ma qualsiasi altro diritto. È la funzione, dunque, ad incidere sull’identificazione del contratto, è la causa a qualificare il contratto, non l’oggetto, né tanto meno la forma o la struttura. Il contenuto del contratto, quale atto nel suo complesso concorre, all’individuazione degli effetti della fattispecie. Ciò che rileva è individuare l’insieme della clausole contrattuali e degli affetti legali quale contenuto di quel particolare determinato contratto, a prescindere dalla tipicità o dalla atipicità. Talvolta si confondono tipicità e tassatività. In un noto trattato sulla proprietà, Gambaro afferma che la presenza di un sistema di pubblicità legale (la trascrizione) esclude già di per sé che la sola autonomia privata possa generare nuovi diritti reali. Ma tipicità dei contratti e tassatività della pubblicità sono concetti diversi. In pratica è si vero che l’elencazione è tassativa, ma non per questo tale tassatività deve escludere l’estensione dell’art. 2643 a quelle fattispecie atipiche che realizzano lo stesso effetto dei tipi legali indicati Un cenno meritano i negozi costitutivi di società. Al riguardo si rinvengono contratti societari comunitari non previsti dal codice civile. Sarebbe pertanto riduttivo considerare contratti di società soltanto quelli tipici. Ad es. in tema di contratti agrari, la legge 756/1964, in modo velleitario, li ridusse tutti all’affitto di fondi rustici, tanto da risolvere la tipicità nella tassatività, come spesso accade. D’altra parte, una prova della ridondanza della distinzione dei contratti tipici e atipici e di un suo superamento si rinviene nell’ambito dei negozi collegati, misti o indiretti. a) Negozi collegati. Mediante l’uso di più negozi, ognuno con una funzione tipica o atipica che sia, si persegue la realizzazione di un unico scopo, e ciò in virtù della sequenza logica e cronologica mediante la quale viene a prodursi il collegamento tra i negozi: risultato finale non realizzabile altrimenti in mancanza anche di uno solo di essi. L’atto non può essere più valutato nella sua individualità e, quindi, non ha senso definire ancora il singolo atto “tipo”. La funzione realizzata non si può identificare con le singole funzioni degli atti, ma con la funzione complessiva. E lo stesso controllo di meritevolezza va effettuato sul complesso dell’operazione. b) Contratti misti. Ciò che abbiamo detto a proposito dei negozi collegati vale per i contratti misti, ove si possono combinare contratti tipici e atipici

c) Negozio indiretto quando si utilizza uno schema tipico per raggiungere uno scopo che non è quello normalmente riconducibile a quel dato tipo negoziale ma è ulteriore o addirittura diverso. Questa non è una situazione anomala perché il modello di organizzazione degli interessi è quello tipico ma il concreto interesse è diverso da quello normalmente perseguito, verificandosi una divergenza tra scopo pratico e funzione tipica. Pertanto, è corretto discorrere, anziché di negozio indiretto, di “uso indiretto del negozio”. Nuovi Profili del Contratto. In seguito a maturazioni sociali, economiche e innovazioni tecnologiche, lo strumento contrattuale ha subito una mutazione in virtù di un impatto di questi fattori dirompenti. (ad oggi potremmo dire che il contratto “Va di moda”). Sono infatti sorte nuove tipologie di contratto grazie alla tipizzazione sociale e giurisprudenziale. Oggi il fenomeno contrattuale può essere definito plurimo, riconducibile ad una Unità Minima che viene però sempre più arricchita dalla circostanze peculiari delle singole fattispecie. Ecco perché si avverte la necessità di andare al di là della disciplina generale dei contratti, riempendola con quella dei contratti tipici e della disciplina di settore in un sistema aperto, dal quale trarre principi e regole più adeguate agli interessi in gioco. Non convince, in tal senso, il meccanismo della mera sussunzione della fattispecie concreta a quella astratta, non sembra idonea, tuttavia, nemmeno il Metodo Tipologico, in base al quale si producono gli effetti legali enunciati per un tipo sol che vi sia identità di singoli spezzoni di contratto. Al contrario, nel procedimento analogico condizione di operatività degli effetti di una fattispecie legale è non tanto l’affinità con il fatto concreto, quanto soprattutto la stessa ratio, l’identità degli interessi da contemperare. Ricapitolando, si deve utilizzare lo strumento più idoneo giuridicamente in relazione allo scopo perseguito. Assistiamo inoltre ad un allontanamento da quello che era il modello pan-pubblicistico – pan- contrattualistico, e ciò lo si deve al fatto che l’esigenza di rapidità delle contrattazioni nonché il principio di economia degli atti hanno consentito all’elaborazione di una teoria degli atti più articolata. Occorre tra l’atro tenere bene a mente del principio della variabilità della struttura. La scelta di una struttura può essere di due tipi: •Una struttura che soddisfa l’interesse patrimoniale; •Una struttura economicamente (in senso giuridico) più agile. Fase delle Trattative: A causa di questa prospettiva di celerità del contratto e anche a causa della standardizzazione del contenuto di quest’ultimo, accade spesso che la fase delle trattative , la c.d. “contrattazione” (procedimento complesso ed articolato) possa non esserci. Si fanno anche incerti i confini tra la fase precontrattuale e la fase contrattuale , con un avvicinamento anche della responsabilità precontrattuale a quella contrattuale. Secondo alcuni con la cessazione delle trattative si sarebbe avuta la “morte del contratto”, ma il Perlingieri ribatte sostenendo che “finchè gli uomini saranno su questa terra e dovranno regolare i loro interessi , il contratto non potrà mai morire”. Autonomia Negoziale tra “Liberta" e “Giustizia Contrattuale” L’autonomia si colloca tra libertà e giustizia contrattuale. Tale equilibrio contrattuale è garantito dai principi di buona fede e correttezza, i quali, però, in un sistema come il nostro, non possono ritenersi più sufficienti a soddisfare l’esigenza di equilibrio. Ciò è ribadito dalla Corte Costituzionale che sancisce: “La buona fede e la correttezza sia precontrattuale (art. 1337 c.c) che esecutiva (art. 1375 c.c.) non sono sufficienti a sopperire all’alterazione dell’equilibrio tra le parti che consegue all’essere una di queste in posizione di supremazia. L’autonomia negoziale si colloca altresì tra libertà e mercato libero. Ma il mercato è uno statuto normativo, sicché il problema è quale sia lo statuto normativo conformativo del mercato e quindi dell’autonomia negoziale: la regolamentazione dell’autonomia negoziale diventa ad un tempo regolamentazione del mercato. In questo contesto è opportuno collocare il principio di proporzionalità, verso il quale la dottrina mostra una certa diffidenza. A tal proposito, una risalente opinione sosteneva che,

modificazioni contrattuali) ancora la “disciplina tipica” , poi la “disciplina delle obbligazioni” e la “disciplina comunitaria”. Pluralità delle Fonti Normative, Integrazione del Contratto e Sussidiarietà. Nel nostro ordinamento si può profilare un mutamento dello Stato, il quale si conforma ad esigenze di natura sovranazionale ed infranazionale; ciò comporta una pluralità delle fonti del diritto, fermo restando una unitarietà dell’ordinamento. In questa prospettiva l’integrazione del contratto assume un ruolo centrale nella determinazione del contenuto contrattuale. Ciò è confermato tra l’altro anche dalla possibilità per le parti di richiamare nel contratto una normativa estera (legittimata nella convenzione di Roma) Il limite ovviamente è che tale normativa non violi i principi di ordine pubblico e sia conforme all’ordinamento. Quanto appena detto apre le porte ad un nuovo “ius gentium” che si auspica possa divenire, in un mondo sempre più globalizzato, lo “ius commune”. Integrazione del Contratto: Abbiamo da un lato: - Peculiarità localistiche e cultura giuridica nazionale; - Apertura ad un diritto privato transnazionale (ius gentium). I principi del diritto comunitario producono conseguenze dirette sui rapporti giuridici tanto da condizionare ed orientare lo stesso intervento normativo sulla sfera di libertà ed autonomia negoziale, intervento giustificato dal principio di sussidiarietà. Da tale principio traggono origine i fenomeni del decentramento delle competenze e della pluralizzazione delle fonti. La stessa Cost. discorre oggi di sussidiarietà dell’autonomia negoziale: il nuovo 118.2 cost., intende l’attività dei privati, singoli o associati, come attività di regolamentazione in termini di sussidiarietà. Autonomia “Singolare” ed Autonomia “Collettiva” Il discrimen tra autonomia singolare e collettiva è l’interesse da perseguire, non la struttura e nemmeno la natura dei soggetti. L’autonomia sarà singolare , dunque, quando un soggetto o un ente persegue un fine di tipo individuale. L’autonomia sarà collettiva quando un ente es. “esponenziale” , il quale rappresenta un interesse collettivo, persegue questo tipo di interesse. L’autonomia collettiva è , come detto , riconosciuta ad enti esponenziali , quali ad esempio i sindacati dei lavoratori (portatori di interessi collettivi) ed ai quali è riconosciuto una autonomia collettiva. DISCRIMEN “INTERESSE”: tuttavia Il sindacato che conclude un contratto di lavoro collettivo esercita autonomia collettiva perché persegue un fine di natura collettiva, ma lo stesso sindacato che conclude un contratto di vendita per acquistare un computer, eserciterà autonomia individuale. L’importanza dell’autonomia collettiva è notevole anche grazie alla giurisprudenza che considera applicabili a tutti gli appartenenti alla categoria le norme favorevoli al lavoratore, specie per quanto attiene alla determinazione del minimo inderogabile. Dunque, l’accordo collettivo concorre ad integrare l’ordinamento. Da quanto esposto emergono due corollari: -Sul piano sostanziale, è semplicistica la tendenza a cogliere la distinzione tra autonomia individuale ed autonomia collettiva nella mera circostanza che la prima spetta a soggetti individuali, cioè a persone fisiche, e la seconda a soggetti collettivi, cioè ad enti o gruppi; -Sul piano descrittivo, per fugare l’errata convinzione che l’autonomia individuale spetti esclusivamente alle persone fisiche, è preferibile discorrere di autonomia “singolare”. Autonomia Negoziale Assistita. Per autonomia contrattuale assistita si vuol far riferimento al fatto che sempre più spesso si attribuisce alle associazioni sindacali e professionali il compito di controllare e legittimare gli atti compiuti da soggetti privati appartenenti alla categoria, operando un controllo di convenienza dell’atto stesso. Tipiche manifestazioni dell’autonomia privata assistita sono i c.d. patti in deroga introdotti prima in materia di contratti agrari (L.203/1982), poi utilizzati anche nel settore delle

locazioni di immobili urbani ad uso abitativo. Si pensi al sindacato dei lavoratori che finisce con l’integrare la capacità delle parti partecipando alla fase della determinazione del contenuto dell’accordo. Esso, pur non assumendo il ruolo di parte, (cioè di autonomo centro di interessi negoziali), si deve costituire per la validità del negozio, svolgendo un ufficio di diritto civile. Pertanto le parti non hanno il potere di autoregolamentare i loro rapporti, di conseguenza l’autonomia privata ne esce ancora una volta mortificata. L’autonomia negoziale assistita ha reso possibile la realizzazione di una serie di atti preclusi dal precedente regime che aveva ridotto tutti i contratti agrari all’affitto di fondi rustici. Grazie all’assistenza delle forze rappresentative delle parti, nonostante si affermi che l’unico contratto agrario ammissibile sia l’affitto di fondo rustico, si possono stipulare contratti a contenuto atipico. Autonomia delle comunità Intermedie. L’autonomia comunitaria propria delle istituzioni intermedie non è configurabile né come singolare né come collettiva, essendo la risultante del volere di una pluralità di comunità. Le comunità intermedie sono associazioni di cittadini ove si svolge la loro personalità (Es. partiti politici Art 49 cost.), alle quali è riconosciuta autonomia negoziale, possibilità di darsi un proprio statuto o di concludere contratti con terzi. FAMIGLIA: è una formazione sociale tutelata e garantita costituzionalmente (art. 2 e 29 Cost.) , ove è necessario un controllo dello Stato per garantire le libertà costituzionali. Interesse Pubblico e Interesse Privato: Comparazione e Graduazione del quadro dei valori Costituzionali Partendo da una analisi storica e comparandola con il periodo attuale, si evince che la nozione di interesse pubblico ed il relativo rapporto con l’interesse privato sono mutanti nel tempo. Nell’ideologia fascista l’interesse pubblico era preminente e vi era una netta scissione tra l’individuo e lo Stato. Il diritto privato, visto come una “porcheria”, era sottoposto al controllo del regime e di conseguenza si discorreva di utilità sociale quale parametro per valutare se un atto di autonomia dei privati potesse assurgere a modello giuridico. Una simile funzionalizzazione dell’interesse secondo il Perlingieri annullerebbe in toto l’autonomia, la ideologia marxista, dal canto suo, non può essere accettata laddove sostiene che tutto è pubblico e niente è privato. Oggi la distinzione tra pubblico e privato va assottigliandosi, e la nozione di ordine pubblico va fatta tramite una valutazione normativa, secondo un canone ermeneutico sistematico. Non può non riconoscersi che ogni norma giuridica serve sempre all’interesse collettivo e a quello individuale allo stesso tempo. Viene, quindi, proposta una ricostruzione dell’ordinamento anziché in chiave antagonista e separata degli interessi pubblici e privati, in una prospettiva che ne analizzi di volta in volta la loro graduazione o gerarchia normativa non soltanto in astratto ma in relazione al concreto assetto. L’incidenza dell’interesse pubblico sul profilo funzionale degli atti non patrimoniali. Se ogni ramo del diritto trae il suo fondamento all’interno del quadro costituzionale, gli atti, le attività non possono non essere influenzati dalle norme della carta costituzionale. Ne deriva che lo stesso interesse pubblico si identifica con la realizzazione e l’attuazione dei diritti inviolabili dell’uomo. Un interesse pubblico non più corrispondente all’interesse della produttività, ma caratterizzato da istanze personali e dall’attuazione di più equi rapporti sociali. In questa stessa ottica si assiste ad una depatrimonializzazione della teoria del negozio e ad una sua definitiva emancipazione della funzione di scambio e meramente retributiva, in un approccio moderno e post-dogmatico incentrato sulla valorizzazione del contenuto non patrimoniale del negozio. Perlingieri auspica una rilettura della teoria del negozio abbandonando una teoria dogmatica. Interesse Pubblico e Struttura del Negozio. La valutazione degli interessi e la loro graduazione inducono ora a snellire la struttura negoziale tipica ora a renderla più complessa. L’interesse pubblico finisce con

qualora costoro in un secondo momento decidono di non eseguire più la prestazione. La norma in questione costituisce una palese eccezione alla generale regola della ripetibilità dell’indebito oggettivo (art. 2033). In termini di ratio legis il legislatore non accorda alcuna protezione a condotte immorali. ORDINE PUBBLICO: Perlingieri ritiene che essendo l’ordinamento giuridico di tipo aperto sarà necessario valutare il singolo atto, non soltanto tenendo conto dei valori interni, ma anche di quelli comunitari profilando un ordine pubblico comunitario. L’ordine pubblico va inquadrato in un doppio profilo: -Positivo: Impegno della Repubblica ad attuare i principi fondamentali in applicazione dell’art. 3 e ss. Cost; -Negativo: Limite per le parti, in applicazione del quale l’atto non può essere contrario ai principi fondamentali. L’atto deve conformarsi ad ordine pubblico sia in positivo , ossia deve armonizzarsi con le scelte ed essere attuativo dei principi costituzionali e comunitari e non deve con essi contrastare, configurandosi in difetto, violazione all’ordine pubblico-negativo. Gazzoni invece parlandoci di ordine pubblico ci fa notare come quest’ultimo in origine esprimesse un’esigenza politica e conservatrice, che, da un lato, consegue al carattere costituzionale dei codici, vista l’assenza di una carta costituzionale rigida, dall’altro esprime la volontà della classe dirigente di assicurare la stabilità del regime contro ogni attività che pone in discussione le fondamenta della società. L’ordine pubblico deve intervenire quale ultima ratio quando una determinata operazione non è di per sé vietata da puntuali norme imperativa ma risulta comunque eversiva rispetto alle strutture sociali. Bisogna precisare che il pericolo insito nella possibile strumentalizzazione del criterio al fine di legittimare qualsivoglia soluzione politica, indusse in un primo tempo la dottrina a ridimensionare l’ampiezza della nozione (di ord. pubblico) fino ad identificarla direttamente con le norme imperative. D’altra parte però lo stesso art. 1229 al suo 2° comma parla di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico, infatti oggi l’ordine pubblico va rivisto alla luce dell’ingresso, nel nostro ordinamento, di una costituzione rigida. Pertanto la funzione attuale dell’ordine pubblico non è più di carattere latamente politico, bensì è quella di impedire che i privati possano darsi un assetto di interessi non conforme a quelle direttive e a quei principi. Ovviamente è necessario che il contratto non risulti già nullo per violazione di norme imperative. In verità l’art. 1343 enuncia la triade ben nota (norme imperative, ordine pubblico e buon costume) senza accennare ad un ordine gerarchico, ma è palese che, là dove già intervenga la legge in modo espresso, è escluso che possa intervenire il giudice se non in funzione meramente applicativa della singola regola. Ma veniamo ora a comprendere cos’è ritenuto nel nostro ordinamento contrario all’ordine pubblico: la giurisprudenza ha ritenuto contrari all’ordine pubblico i contratti volti a fornire aiuti di qualsiasi tipo al nemico, i contratti volti a ledere tanto le libertà individuali quanto quelle collettive. Pretesa natura eccezionale delle forme legali. Forme legali: Le forme richieste “ad substantiam” dalla legge per determinati atti. La dottrina è pressoché unanime nel qualificare le norme che prevedono forme legali di natura eccezionale, in deroga al principio della libertà delle forme, che si basa sul principio ancora più ampio di autonomia privata. Le norme che prevedono forme legali sono norme eccezionali. In dottrina non si è mai discusso l’ammissibilità delle forme legali, la cui ratio non è mai stato oggetto di alcuna discussione riconoscendo una utilità di tipo sociale per talune forme legali. È tuttavia certo che la limitazione formale riguarda esclusivamente il modo di esercizio dell’autonomia privata, non incidendo sulla sostanza della stessa. Perlingieri (concorde con Gazzoni, che interpretando in maniera restrittiva l’art. 1350 ritiene che vincolando la forma si limita l’autonomia negoziale) critica tale dottrina ritenendo che le forme legali limitano l’autonomia, criticando il punto nel quale questa dottrina minoritaria ritiene che la forma non attiene ai profili costituzionali. Ulteriore dottrina ritiene che le forme vincolate sono un ostacolo alla protezione dei soggetti. Perlingieri è di opposto avviso, ritenendo che le forme vincolate in alcuni casi tutelano la parte debole del rapporto (garanzia forma scritta per il licenziamento). Valutando il rapporto tra

libertà di forma e costituzione , Perlingieri ritiene che la libertà della forma non è un principio costituzionale in modo assoluto; la Cost. però da valutazione diversa a seconda degli interessi su cui si fonda. Sul principio delle libertà delle forme. Art. 1352. Il Perlingieri riporta la dottrina secondo cui le forme legali non sono norme di natura eccezionale. Non possono considerarsi eccezioni in ragion del fatto che manca una norma che sancisce la libertà di forme, cosicché, cosicché mancando il termine di confronto, cioè la regola, non può individuarsi un’ eccezione. Dato questo presupposto si fa notare che le norme che prevedono forme legali sono normali e suscettibili di essere estese analogicamente. Il Perlingieri ritiene che tale dottrina abbia avuto il merito di aver dato uno scossone alla natura eccezionale delle forme legali. In merito al concetto di norma , il Perlingieri ritiene che le norme non sono solo quelle di tipo casistico caratterizzate da una precisa fattispecie astratta, nella quale pretendere ( inteso criticamente ) di sussumere la fattispecie concreta , ma norme sono anche i principi. Anche il Perlingieri ritiene che la norma si configuri eccezionale non solo con una rigida contrapposizione tra due norme, ma anche attraverso un confronto tra la singola previsione e l’ordinamento. Variabilità della forma e della struttura del negozio. (art. 1350 norma eccezionale). Secondo il Perlingieri la natura eccezionale delle norme che prevedono forme legali non va ricercata nell’art. 1325 comma 4 , ne rispetto al principio della libertà delle forme, ma va cercata con riferimento alle altre norme che prevedono forme legali. La ragione delle forme legali va ricercata in alcuni parametri: A) legittimazione e capacità delle parti; B) Funzione negoziale; C) Oggetto. Ogni forma negoziale a una funzione sicchè l’art. 1325 comma 4 si integra caso per caso con la singola disciplina , eccezionalità = è valutata di volta in volta in relazione alla singola normativa e funzione del negozio. Unità di forma e contenuto: Necessità di un giudizio di meritevolezza sulle forme. Se l’accordo è unità di forma e contenuto, la forma sarà soggetta a giudizio di meritevolezza. Questo accadrà non già per i negozi solenni ove il giudizio è stato già dato dal legislatore, ma per i negozi a forme volontarie , ex art. 1352 c.c. , ove il giudizio di meritevolezza va eseguito avuto riguardo della funzione del negozio. 1352 c.c. forma convenzionale = giudizio di meritevolezza. Il Perlingieri sostiene che il principio della libertà delle forme è desumibile ex art. 1352 c.c. Art. 1352 : Concedendo alle parti la facoltà della libertà della forma convenzionale fissa il principio. Non esiste regola ed eccezione ma alla forma convenzionale deve essere applicato il giudizio di meritevolezza; giudizio di meritevolezza ex art. 1352 è la valutazione funzionale del negozio che tenga conto dell’interesse nella sua accezione assiologica. E’ necessario chiedersi a che serve la norma.